La leadership militare israeliana ha messo a punto un piano di invasione di Gaza, ma Netanyahu ha rifiutato di firmarlo, facendo irritare gli alti ufficiali. Lo scrive il New York Times citando due fonti presenti alle riunioni di gabinetto che hanno parlato a condizione di anonimato. Lo stop di Netanyahu sarebbe motivato dal fatto che il primo ministro israeliano vuole l’approvazione unanime dei membri del gabinetto di guerra da lui formato dopo l’attacco del 7 ottobre.
Le truppe israeliane sono ammassate al confine di Gaza e descritte come pronte a muoversi, ma i leader politici e militari israeliani sono divisi su come, quando e anche se invadere, aggiunge il NYT, citando sette alti ufficiali militari e tre funzionari israeliani. In parte, dicono, il ritardo è inteso a dare ai negoziatori più tempo per cercare di garantire il rilascio di alcuni degli oltre 200 ostaggi catturati da Hamas e altri gruppi armati palestinesi durante il raid in Israele tre settimane fa. I leader israeliani hanno promesso di vendicarsi di Hamas per il brutale massacro di civili, ma “devono ancora concordare come farlo, anche se i militari potrebbero muoversi già venerdì”, aggiunge il quotidiano Usa.
“Alcuni di loro temono che un’invasione possa risucchiare l’esercito israeliano in un’irrisolvibile battaglia urbana all’interno di Gaza. Altri temono un conflitto più ampio, con una milizia libanese alleata di Hamas, Hezbollah, che lancerà missili a lungo raggio verso le città israeliane. Si discute anche se condurre l’invasione attraverso un’unica grande operazione o una serie di operazioni più piccole. E poi ci sono domande su chi governerebbe Gaza una volta conclusa l’operazione”, scrive il NYT.
I 5 uomini di Israele che decidono su Gaza
Sono cinque i componenti del gabinetto di guerra di Israele che decideranno le sorti della guerra contro Hamas e di fatto il destino della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza. Frutto dell’accordo tra il premier Benjamin Netanyahu e uno dei leader dell’opposizione, l’ex capo di Stato maggiore Benny Gantz, il ristretto circolo decisionale vede la partecipazione, oltre che dei due leader, del ministro della Difesa Yoav Gallant, insieme a due osservatori, il ministro degli Affari strategici Ron Dermer, stretto alleato del capo di governo, e Gadi Eisenkot, vicino a Gantz e anch’egli ex capo di stato maggiore.
Benjamin Netanyahu – Il premier israeliano e leader del Likud, chiamato ‘Mr. Sicurezzà, al potere da 15 anni salvo una breve interruzione, ha sempre promesso di rovesciare il regime di Hamas a Gaza ma non ha mai portato a termine il compito. Espressione di una dicotomia tra la retorica roboante e la cautela delle azioni cheèun tratto distintivo della sua carriera politica e che gli ha permesso di sopravvivere nonostante diverse crisi, non ultima la spada di Damocle giudiziaria che pende sulla sua testa.
Sebbene Netanyahu abbia autorizzato un’operazione di terra limitata a Gaza nel 2014, non ha mai ordinato nulla della portata o della complessità dell’invasione che si profila all’orizzonte. La scelta di rientrare nella Striscia pare inevitabile, e viene invocata con forza dagli alleati di governo di estrema destra dopo il massiccio attacco di Hamas del 7 ottobre, ma su questa diversi attori fanno pressioni – a cominciare dagli Usa – e la stessa popolazione israeliana comincia ad avanzare dubbi, come fotogra un sondaggio secondo il quale quasi la metà vorrebbe aspettare.
Yoav Gallant – Ex capo del Comando meridionale delle forze armate israeliane e attore chiave nella guerra contro Hamas nel 2008-2009, il ministro della Difesa è considerato uno dei membri più aggressivi del gabinetto. All’indomani del massacro di Hamas, ha promesso di cambiare la realtà sul campo a Gaza: “Quindici anni fa, sono stato sul punto di ‘spezzare il collo’ ad Hamas. Sono stato fermato dai vertici politici”, ha ricordato, promettendo che non succederà di nuovo. Uno stile in contrasto con quello cauto di Netanyahu, tanto che i due hanno dovuto negare in una nota giorni fa di essere in disaccordo sulla gestione del conflitto.
Tempi e modi dell’operazione di terra a Gaza è solo l’ultimo dei motivi di attrito tra i due: lo scorso marzo, il leader del Likud aveva annunciato la cacciata di Gallant dal governo dopo che questo aveva pubblicamente preso posizione contro la riforma della giustizia, avvertendo che il controverso progetto – causa scatenante di vaste proteste nel Paese – rischiava di danneggiare l’esercito. Le manifestazioni di massa che erano seguite all’annuncio avevano costretto Netanyahu a fare marcia indietro.
Benny Gantz – Ex capo di Stato maggiore durante la guerra del 2014 con Hamas e leader del partito centrista Unità nazionale, Gantz è stato uno dei principali leader dell’opposizione a Netanyahu fino allo scoppio delle nuove ostilità, quando ha deciso di entrare in un governo di emergenza per la durata del conflitto. Insieme a Eisenkot, insiste nello stabilire un piano chiaro sul post-invasione di Gaza prima di lanciare l’operazione di terra, un qualcosa sul quale Israele sta ancora lavorando.
È la seconda volta che Gantz si allea con Netanyahu, in entrambi i casi in reazione a eventi gravi. Nel 2020, dopo 18 mesi di stallo politico, i due leader avevano formato un governo di unità per combattere la pandemia di Covid. L’accordo con Netanyahu aveva regole chiare e prevedeva un avvicendamento al vertice dopo 18 mesi di governo, ma dopo solo sette mesi il leader del Likud aveva fatto saltare la coalizione prima che Gantz potesse succedergli come previsto.
Ron Dermer – È uno degli alleati politici più fidati e vicini a Netanyahu: ai tempi dell’incarico come ministro delle Finanze all’inizio degli anni 2000, Bibi lo nomino’ addetto economico presso l’ambasciata israeliana a Washington. Nel 2013, Dermer divenne lui stesso ambasciatore negli Stati Uniti. Quando Netanyahu è tornato al potere a fine dicembre, lo ha nominato ministro degli Affari strategici, il responsabile dei dossier di politica estera più delicati.
Tra questi, c’è il negoziato con l’Arabia Saudita per normalizzare le relazioni diplomatiche, sul quale Netanyahu puntava tantissimo e cheèstato interrottto dall’attacco di Hamas e dal successivo conflitto contro la Striscia di Gaza.
Gadi Eisenkot – Successore di Gantz come capo di Stato maggiore, Eisenkot lo ha seguito anche in politica, conquistando l’anno scorso un seggio in Parlamento come candidato del suo partito di Unità nazionale. Nella sua carriera militare è stato a capo del Comando Nord, cosa che gli ha fornito una lunga esperienza nella lotta contro Hezbollah.
Esperti lo ritengono un uomo che non fa annunci ma è un duro, equilibrato e realista: una dote in una situazione in cui, a fronte dei proclami di volontà di distruzione di Hamas, bisogna valutare una situazione molto complessa, con numerose incognite e un alto prezzo da pagare in termini di vite umane. (Agi)