Diritti

Siamo schiavi delle multinazionali

Sfruttamento dei lavoratori, una piaga che continua e che amplia il fenomeno dello schiavismo nei nostri giorni, soprattutto nei confronti dei migranti. La crescita dell’economia globale ha portato ad un deficit sociale che schiaccia i più deboli. Come si stanno comportando le multinazionali?

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro stima che quasi 21 milioni di persone sono attualmente coinvolte in qualche forma di lavoro forzato. Una circostanza che coinvolge 14,2 milioni di attività economiche, comprese agricoltura, edilizia, lavoro domestico e lavoro in fabbrica.

Molte vittime dello sfruttamento sul lavoro sono state coinvolte nel traffico umano tra confini nazionali, una vera e propria tratta illegale di esseri umani. Secondo le stime dell’ILO, il 44% di coloro che si trovano in una condizione di schiavismo sul lavoro sono anche vittime della tratta illegale.

Lo sfruttamento del lavoro minorileemerge come una questione determinante in questo secolo e non può essere tralasciata dalle parti interessate. Le multinazionali dovrebbero agire di più per arginare il fenomeno, a partire da maggiori controlli sulle sedi di approvvigionamento delle materie prime, dove il fenomeno è maggiore.

Le multinazionali dovrebbero pensare di più alla CSR. Le aziende negli ultimi decenni hanno fatto ben poco per arginare il fenomeno, di cui si sono invece occupate le associazioni di volontariato.

Ora sia l’Europa che gli Stati Uniti stanno iniziando a muoversi verso la trasparenza obbligatoria per le aziende e le multinazionali. Una trasparenza che riguarda tutte le pratiche: diritti umani, diritti dei lavoratori, impatti e politiche sociali.

Negli ultimi decenni le multinazionali sono cresciute in modo significativo in termini di guadagni, dimensioni, controllo delle risorse e influenza sociale. Il loro potere economico, nei casi delle maggiori reaktà, è simile a quello dei Governi statali.

Ecco allora che si rende necessario intervenire almeno con un salario minimo per le popolazioni che in alcune parti del mondo lavorano a favore delle multinazionali senza ricevere alcun beneficio economico. Purtroppo le regioni più povere del mondo, meno controllate per quanto riguarda le leggi sul lavoro, aprono la strada a pratiche disumane nel trattamento dei lavoratori.

La soluzione? Si parla di pratiche commerciali responsabili che vadano a beneficio non soltanto dei lavoratori, ma anche delle stesse aziende, accanto a regole di trasparenza da rispettare fino in fondo per quanto riguarda la catena di approvvigionamento. L’obiettivo finale è un’economia globale libera dal lavoro forzato, dallo sfruttamento, dal traffico di esseri umani e dagli abusi. Ma la scelta del percorso giusto da seguire sembra ancora ardua.

Marta Albè

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