Ambiente

Un tuffo nel lago di Vico non fa male

Ora sta decisamente meglio. Questo favoloso ecosistema di origine vulcanica, questa piscina in una caldera di tufo scuro concede il suo abbraccio all’uomo offrendo prodotti agricoli di qualità (nocciole in primis, esportate in tutto il mondo), mitigando e inumidendo il clima della zona, e regalando sollievo, profumo, e refrigerio nelle calde estati.
Da quando è riserva naturale (Legge Regionale n. 47 del 28 Settembre 1982) custodisce una ricca biodiversità.

Insomma, il suo drammatico declino sembra scongiurato. Lo stato di salute delle acque pagava il costo delle intensive coltivazioni di nocciolo sulle sponde del bacino con l’eccessivo utilizzo di pesticidi e diserbanti. Da più di 30 anni un team di ecologi capitanato dal professor Giuseppe Nascetti (pro rettore dell’Università della Tuscia) vigila il territorio, e gli ultimi risultati emersi dalle loro ricerche scientifiche ha messo in evidenza una lieve inversione di tendenza nei confronti del processo di eutrofizzazione che fino ad ora erastato più volte attribuito al lago stesso. Ciò significa, in buona sostanza, che la qualità delle acque del lago di Vico sta leggermente migliorando grazie alla messa in opera di tutta una serie di esempi di buona gestione territoriale che da tempo hanno visto l’impegno di tutti i settori e istituzioni presenti nel territorio. Non a caso, il lago ha anche ricevuto un giudizio relativo alla “balneabilità eccellente”.

Relativamente alla balneabilità e alla risorsa che il lago offre per scopi ricreativi, è emerso negli ultimi anni una sorta di “paradosso”, tipico di una gestione ambientale  che non preclude la fruibilità delle risorse naturali: con l’istituzione della riserva e il conseguente aumento di biodiversità rappresentato principalmente da avifauna svernante, anche un “passeggero” un po’ indesiderato è giunto al lago di Vico.  Se da un lato il bagnante ora ha la possibilità di sguazzare in acqua in compagnia di svassi, folaghe, e chiassosi anatidi, un tempo molto più intimiditi dall’attività venatoria, tuttavia è bersagliato da un tipico parassita di questi uccelli acquatici. Questo poco simpatico parassita, specializzato nel parassitare avifauna acquatica, provoca nell’uomo, suo ospite accidentale, fastidiose dermatiti.Queste irritazioni cutanee, molto dipendenti dalla sensibilità del soggetto, sono una difesa immunitaria nei confronti di minuscole larve del suddetto parassita, Trichobilharzia franki (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/21360093), identificato tramite il suo dna da un gruppo di ricercatori sempre facenti parte del gruppo del professor Giuseppe Nascetti.

Le fastidiose dermatiti sono tuttavia evitabili avvalendosi di alcuneprecauzioni: la comune crema solare può proteggere dal tentativo di penetrazione delle piccole larve del parassita; una doccia subito dopo il bagno, ove possibile, e una vigorosa asciugatura della cute possono scongiurare le conseguenze del goffo tentativo di trovare il suo “ospite” da parte di Trichobilharzia.

 

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