Ci vorrebbe un amico: così cantava Antonello Venditti grande appassionato di calcio nel 1984, tifosissimo della Roma campione d’Italia nella stagione precedente. Siccome si parla sempre di giovani per rilanciare i vivai ed il nostro movimento calcistico sempre più in caduta libera, abbiamo deciso di scendere in campo al fianco degli allenatori deputati a farli giocare di concerto con le società (così dovrebbe essere almeno negli intenti di tutti), approfittando della pausa, per vedere come effettivamente essi si comportano con loro, al di là delle solite parole di circostanza. I dati raccolti ci confermano la nostra prima sensazione: l’amico dei giovani c’è ancora ed è sempre lo stesso, proprio il più vecchio di tutti. Il maestro di calcio Zdenĕk Zeman, nato a Praga il 12 maggio 1947.
Mentre il maltempo impazza ancora in Italia seminando fango, vittime e terrore il campionato si è fermato di nuovo, per gli impegni della Nazionale di Conte che ha ottenuto domenica scorsa a “San Siro” un pareggio buono (solo per la classifica) contro i temibili croati, che non siamo mai riusciti a battere. Nella partita casalinga di Genova di fronte all’Albania dei suoi oltre 15mila “invadenti” tifosi ci siamo invece divertiti al cospetto della più inedita delle formazioni schierate fin qui dal nuovo CT azzurro: ha deciso il match il 25enne doriano Stefano Okaka (complice una deviazione di un difensore albanese) appena dopo l’ingresso in campo di Francesco Acerbi (classe ‘88) alla prima chiamata giunta dopo una seconda brutta malattia. Ha esordito pure il 33enne Emiliano Moretti difensore del Torino, così come il centrocampista romano del Genoa Andrea Bertolacci (1991). E Conte ha collezionato la sua quinta vittoria in sei partite, oltre al pareggio di Milano, facendo esordire e giocare insieme giovani e vecchi.
Ma al di la dei risultati incoraggianti (non certo esaltanti), prestiamo maggiore attenzione alla carta d’identità di questi calciatori. Si è parlato molto di giovani negli ultimi mesi, soprattutto dall’estate scorsa quando è caduta in Brasile l’Italia di Abete, Prandelli e Albertini per far posto alla nuova era Conte-Tavecchio. Mentre il modello della Germania campione del mondo è diventato quello vincente con il suo mix perfetto di interpreti “puri” e “naturalizzati” (alla faccia di quell’orrendo baffetto nazista), il neo-presidente federale è già riuscito nell’impresa di farsi squalificare da UEFA e FIFA per frasi razziste. E allora, tenendo a mente anche ciò nel rapporto italiani-stranieri che scendono in campo, prima che torni tutto come prima già dal prossimo fine settimana di calcio, quale occasione migliore per rileggere i fatti accaduti? Abbiamo analizzato i dati delle prime undici giornate del campionato di Serie A, per vedere in concreto quello che fanno al di là di quel che dichiarano i 20 tecnici delle nostre società e per rispondere a questa domanda di fondo: in verità, chi valorizza realmente i nostri giovani calciatori?
Il più vecchio dei nostri allenatori, il 67enne Zeman guida il Cagliari da questa stagione: in passato ha allenato con poco successo (in termini di risultati) la Roma (dal ’97 al ’99 e poi nella stagione 2012-2013) ma ha fatto bene con la Lazio (dal ’94 al ’97) e benissimo a Foggia (al tempo di Signori, Di Biagio e molti altri dall’89 al ’94 dopo la prima parentesi del 1986-87) e Pescara (promozione in A nella stagione 2011-2012), lanciando sempre giovani pronti a tutto per lui: ne sanno qualcosa più di recente Alessandro Florenzi richiamato da Conte dopo Prandelli in Nazionale ed il trio delle meraviglie Verratti (in forza ai campioni di Francia del PSG), Immobile (acquistato in estate dal Borussia Dortmund) e Lorenzo Insigne (fantasista del Napoli). Oggi con lui in Sardegna giocano e si divertono (faticando comunque parecchio) giovani promettenti come Lorenzo Crisetig (classe 93) di proprietà dell’Inter e Nicola Murru (’94), entrambi in Nazionale under 21. L’allenatore più giovane della Serie A è invece il 38enne romano Andrea Stramaccioni (nato il 9 gennaio 1976), che ha la fama di saper lavorare con i ragazzi per la sua carriera nelle giovanili della Roma, prima dell’esperienza con l’Inter. Lui come altri li chiamano ormai prospetti interessanti, anche se noi preferiamo continuare a chiamarli giovani.
Al di là del giudizio sul suo modo di intendere il calcio (parliamo di Zeman) e sulla opportunità di schierare in campo il sistema di gioco vincente (il 4-3-3 spregiudicato dell’allenatore boemo o si ama o si odia), qui l’analisi si compie sulla coerenza dell’uomo e sulla capacità di valorizzare i giovani, sempre messi al centro di un progetto che il più delle volte non esiste: troppo allenati a far vincere prima di tutto se stessi, molti degli altri allenatori. E’ un po’ come in politica: arrivo lassù grazie anche a loro e poi penso soprattutto a me stesso. Zeman invece non ha mai paura di perdere e fa sempre il suo lavoro, fino in fondo e a qualsiasi costo. A veder giocare il Cagliari non sai mai come andrà a finire (in casa o fuori, ne sanno qualcosa Sarri e Mazzarri), ma sai che ti divertirai (l’anno scorso non era così per tanti motivi) mentre invece gli altri che fanno? Forse è meglio far giocare il più esperto, quello che conta di più nello spogliatoio di turno, se il prezzo da pagare è l’esonero dalla panchina. E allora in panchina ci finisce spesso il giovane, che crea meno problemi dei senatori. Dove si nasconde l’equivoco?
Cambiare il punto di vista, partendo dalle scelte degli allenatori, può aiutare a comprendere meglio perché il futuro dei giovani calciatori passi soprattutto dalle loro mani (il feeling con i ragazzi si costruisce attraverso l’onestà, la fiducia reciproca e l’interesse verso di loro, che un mister deve saper dare oltre alla preparazione tecnica) e dipenda molto dalle loro idee. Il 45enne Antonio Conte al termine dell’amichevole con l’Albania ha dichiarato: mi è piaciuta l’applicazione di questi ragazzi, a dimostrazione che se si vuole si può. Armiamoci, giovani e vecchi, perché non ci aiuta nessuno e dobbiamo far da soli. Bisogna avere pazienza e far lavorare le persone. Non è un buon momento. Detto questo, cinque vittorie e un pareggio nelle sei partite fin qui disputate. Nei prossimi mesi cercheremo di fare delle riunioni, ho bisogno di lavorare con questi ragazzi. Se poi la Nazionale viene dopo di tutto, ne prenderemo atto. Parole che pesano, quelle dell’ex tecnico bianconero, che ha bisogno della mano di tutto l’ambiente e dei tecnici delle squadre di club, i soli in grado con il lavoro quotidiano di far crescere nel migliore dei modi questi ragazzi.
Ma passiamo all’analisi dei giovani calciatori, italiani e stranieri: quanto sono stati impiegati finora in campionato? Preferiamo astenerci dall’ulteriore commento e far parlare i fatti, prima della ripresa del calcio giocato, ricordandovi però che un amico c’è per i giovani, ma forse è troppo poco: proprio lui, Zdenĕk Zeman, il più anziano di tutti. Ecco il riepilogo completo dei giovani calciatori under 23 (stranieri inclusi) finora utilizzati dai 20 tecnici di Serie A nelle prime 11 giornate di campionato (si contano le presenze al di là degli effettivi minuti giocati).
Atalanta (10 stranieri in rosa): Sportiello (92) 11 presenze; Boakye (93) e Zappacosta (92) 10; Spinazzola (93) 1 Cagliari (8 stranieri in rosa): Crisetig (93) 9 presenze; Cragno (94) e João Pedro (92) 8; Longo (92) 7; Donsah (96) 4; Benedetti (92) e Murru (94) 2; Caio Rangel (96) 1 Cesena (9 stranieri in rosa): Leali (93) 9 presenze; Garritano (94) 5; Krajnc (94) e Magnússon (93) 3; Nica (93) 1 Chievo (16 stranieri in rosa): Biraghi (92) 10 presenze; Bardi (92) 9 Empoli (11 stranieri in rosa): Hysaj (94) e Rugani (94) 11 presenze; Zieliński (94) 7; Barba (93) 2; Aguirre (94), Bianchetti (93) e Laxalt (93) 1 Fiorentina (25 stranieri in rosa): Babacar (93) 10 presenze; Bernardeschi (94) 5; Brillante (93) 2 Genoa (14 stranieri in rosa): Perin (92) 11 presenze; Sturaro (93) 7; Lestienne (92) 5; A. Izzo (92), Mandragora (97) e Mussis (92) 1 Inter (20 stranieri in rosa): Dodô (92) e Kovačić (94) 11 presenze; Icardi (93) 10; Mbaye (94) 3; Bonazzoli (97) e Camara (96) 1 Juventus (13 stranieri in rosa): Pogba (93) 9 presenze; Morata (92) 7; Coman (96) 5; Mattiello (95) 1 Lazio (23 stranieri in rosa): De Vrij (92) e Felipe Anderson (93) 10 presenze; Onazi (92) 7; Keita Balde (95) 3 Milan (14 stranieri in rosa): De Sciglio (92) 10 presenze; El Shaarawy (92) 8; Niang (94) 2; Van Ginkel (92) 1 Napoli (19 stranieri in rosa): Radošević (94) 0 presenze Palermo (18 stranieri in rosa): Belotti (93) e Dybala (93) 11 presenze; Lazaar (92) 6; Quaison (93) 5; Santos Emerson (94) 4 Parma (11 stranieri in rosa): Acquah (92) 10 presenze; Belfodil (92) e José Mauri (96) 8; Ristovski (92) 4 Roma (21 stranieri in rosa): Iturbe (93) 5 presenze; Paredes (94) 3; Uçan (94) 1 Sampdoria (10 stranieri in rosa): Obiang (92) 11 presenze; L. Rizzo (92) e Romagnoli (95) 7; Duncan (93) 4; Fedato (92) 1 Sassuolo (3 stranieri in rosa): Taïder (92) 10 presenze; Vrsaljko (92) 9; Berardi (94) 8; Antei (92) 6; Chibsah (93) 3 Torino (14 stranieri in rosa): Benassi (94) 6 presenze; J. Martínez (93) 3 Udinese (22 stranieri in rosa): Widmer (93) 10 presenze; Bruno Fernandes (94) 9; Lucas Evangelista (95) 2; Bubnjić (92) 1 Verona (20 stranieri in rosa): Nico López (93) 8 presenze; Campanharo (92) 7; F. Sørensen (92) 5; Gollini (92) 2; Valoti (93) 1.