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Autorità Nazionale Palestinese: “L’amministrazione statunitense è responsabile del bagno di sangue ad al-Mawasi”

Nabil Abu Rudeineh, portavoce ufficiale del presidente Mahmoud Abbas, ha direttamente incolpato l’amministrazione statunitense per il massacro mortale di Israele avvenuto questa mattina nell’area di Al-Mawasi a sud della Striscia di Gaza. L’attacco ha causato l’uccisione e il ferimento di oltre 350 civili, tra cui bambini e donne.

“L’amministrazione statunitense è responsabile di questo massacro atroce, che è costato la vita a centinaia di bambini, donne e anziani”, ha dichiarato Abu Rudeineh all’agenzia stampa Wafa.

Ha aggiunto che l’amministrazione “persiste nel violare tutte le risoluzioni di legittimità internazionale fornendo continuamente sostegno finanziario e militare a questa occupazione [israeliana] che commette ogni giorno sanguinosi massacri contro il nostro popolo”.

Abu Rudeineh ha sottolineato che l’occupazione israeliana “continua a ignorare le norme umanitarie e legali internazionali perpetrando crimini di guerra e atti di genocidio contro i residenti di Gaza”. Ha sottolineato che gli attacchi aerei hanno preso di mira direttamente le tende degli sfollati ad Al-Mawasi, dove sono rifugiate decine di migliaia di civili.

Il portavoce presidenziale ha sottolineato che “senza il cieco e parziale sostegno degli Stati Uniti, questa occupazione non sarebbe in grado di continuare i suoi crimini sanguinosi contro il popolo palestinese, sfidando la legittimità internazionale e le sentenze delle corti internazionali che hanno chiesto la fine dell’aggressione e la protezione del popolo palestinese”.

Abu Rudeineh ha invitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e la comunità internazionale “a intervenire immediatamente per fermare questi sanguinosi massacri e costringere le autorità di occupazione a cessare immediatamente tutte queste azioni che violano tutte le risoluzioni di legittimità internazionale”.

 


L’Amministrazione Biden ha rilasciato circa la metà della spedizione di bombe pesanti che aveva trattenuto ritenendo che potessero essere utilizzate da Israele in aree densamente popolate di Gaza. Lo ha detto un funzionario statunitense al giornale online Times of Israel.

A maggio, la Casa Bianca aveva annunciato la decisione di sospendere una spedizione di 1.800 bombe da 2.000 libbre e 1.700 bombe da 500 libbre. Biden aveva comunicato la possibilità di un congelamento di ulteriori armamenti se Israele avesse lanciato una ampia offensiva militare a Rafah dove, in quei giorni, erano rifugiati oltre un milione di palestinesi.

L’esercito israeliano in queste settimane ha descritto la sua avanzata su Rafah – l’ultima “roccaforte” di Hamas, secondo Tel Aviv – come “limitata, contenuta” mentre le immagini giunte dalla città palestinese sul confine con l’Egitto hanno mostrato distruzioni diffuse simili a quelle causate dall’offensiva israeliana negli altri centri abitati della Striscia. I bombardamenti sulla città sono incessanti e non è stato ancora possibile calcolare le vittime civili. Gli Usa invece hanno più volte detto in queste settimane che le operazioni militari israeliane si svolgono “entro i limiti” fissati dall’Amministrazione Biden e che possono proseguire “fino alla distruzione di Hamas”.

Nonostante ciò il premier Netanyahu ha dichiarato pubblicamente che gli Stati Uniti hanno adottato una politica ampia di sospensione delle spedizioni di armi, facendo infuriare l’Amministrazione Biden che negli ultimi 9 mesi è stata essenziale per i rifornimenti a Israele delle armi che hanno devastato Gaza e ucciso almeno 38mila palestinesi, tra cui molte migliaia di bambini.

In ogni caso il ministro della Difesa Yoav Gallant e altri funzionari israeliani sono riusciti ad appianare le divergenze (comunque minime) durante le visite a Washington a fine giugno. Ora è giunta la decisione degli Stati Uniti di scongelare la consegna di 1.700 bombe da 500 libbre. Non solo. Gli USA hanno anche riconosciuto che si erano creati alcuni “colli di bottiglia” nel sistema di trasferimento delle armi a Tel Aviv per “motivi burocratici”.

“Siamo stati chiari sul fatto che la nostra preoccupazione riguardava l’uso finale delle bombe da duemila libbre, in particolare in vista della campagna israeliana di Rafah”, ha affermato il funzionario statunitense, come se quelle da cinquecento libbre fossero bombe poco pericolose. “A causa del modo in cui queste spedizioni vengono assemblate, a volte possono essere mescolate altre munizioni. È quello che è successo qui con le bombe da cinquecento libbre”, ha aggiunto come giustificazione il funzionario statunitense.  (Pagine Esteri)


 

     
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