Ambiente

L’Ue apre infrazione contro Roma sulle norme sulla caccia: «Non rispetta gli animali e i limiti al piombo nelle munizioni»

La Commissione europea ha deciso di avviare una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia a causa del mancato allineamento alle direttive Ue in materia di caccia. Bruxelles ha riscontrato che “diversi atti legislativi italiani non sono conformi alla legislazione dell’Ue”, in particolare nei riguardi della direttiva uccelli e del regolamento Reach, che “limita l’uso di pallini contenenti piombo” per “proteggere gli uccelli acquatici, l’ambiente e la salute umana”.

Alberto Marzocchi su Il Fatto quotidiano. Già l’anno scorso una precedente lettera dell’Ue (Pilot) certificava che i nostri cacciatori abbattono uccelli in stato di declino (o in via d’estinzione) e che sparano – grazie alla politica – nei periodi di nidificazione (pratica vietata). Non solo, dunque, il governo non ha fatto nulla per limitare pratiche illecite, ma stando a Bruxelles ha persino aggirato direttive e regolamenti. Per quanto riguarda l’uso del piombo nelle zone umide, in particolare, Lega e Fratelli d’Italia hanno declassato la possibile ammenda (dunque, penale) in sanzione amministrativa (da 200 a mille euro). In seconda battuta hanno ridefinito il concetto di “zone umide”, di fatto tornando ai divieti già in essere (attualmente non si può sparare in determinate zone protette) e quindi svuotando i divieti europei entrati in vigore a partire dal febbraio del 2023. Insomma, un bel pasticcio che verrà pagato coi soldi pubblici. Cioè soldi di tutti i contribuenti.

Alessandro Sala sul Corriere della Sera. La decisione di Bruxelles arriva proprio mentre in Italia la commissione Agricoltura della Camera sta affrontando a tappe forzate la revisione delle norme sull’attività venatoria, tuttora riconducibili alla legge 157 del 1992. La nuova proposta di legge, che porta la prima firma del deputato leghista Francesco Bruzzone, eletto in Liguria e punto di riferimento per il mondo delle doppiette, punta ad allentare i vincoli per i cacciatori e ad allargare le maglie sull’utilizzo dei richiami vivi, affidando di fatto alle regioni la potestà legislativa in materia. Un precedente testo presentato dal senatore di FdI Bartolomeo Amidei aveva previsto una vera e propria deregulation, con un estensione dei calendari, un aumento delle specie cacciabili, la possibilità di effettuare la caccia di selezione anche in zone dove normalmente non è possibile sparare (come aree urbane e aree protette) e arrivava pure a prevedere il rilascio della licenza ai 16enni. Sull’onda delle polemiche, soprattutto per quest’ultimo provvedimento, la proposta di legge è stata però ritirata subito dopo la pausa natalizia.

La riforma è fortemente spinta dalla maggioranza di governo, che nei cacciatori vede un proprio bacino elettorale di riferimento (anche con un derby interno alla coalizione tra Carroccio e Fratelli d’Italia) e che ha bene in mente quanto una categoria tutto sommato compatta come quella dei cacciatori sia importante in vista delle Europee di giugno. Per questo la commissione, presieduta da un altro leghista, sta procedendo tempi velocissimi.

Alla proposta Bruzzone se ne contrappongono altre due di segno diametralmente opposto: una avanzata una da Michela Vittoria Brambilla, presidente dell’Intergruppo parlamentare per i diritti degli animali ed esponente del gruppo Noi Moderati, che sostiene la maggioranza; e una dall’ex ministro dell’Ambiente Sergio Costa, generale dei carabinieri forestali prima del suo ingresso in politica tra le fila del M5S. Queste due proposte prevedono una riduzione dei calendari e degli orari di caccia e un aumento delle distanze minime da strade e abitazioni. Lunedì i tre testi sono stati accorpati. Proprio in quell’occasione era stato fatto presente come le modifiche allo studio avrebbero potuto portare ad un intervento della Ue con l’avvio di procedure di infrazioni. Cosa che è avvenuta anzitempo, anche se ovviamente su norme precedenti. «Ma la sostanza non cambia — fanno notare i sostenitori delle proposte alternative —. Si vogliono introdurre cambiamenti a vantaggio di una minoranza, che verranno poi fatti pagare a tutti i cittadini italiani» .

La procedura di infrazione è un atto autonomo della Commissione Ue, che esercita un potere discrezionale agendo di propria iniziativa o a seguito di istanza da parte di gruppi parlamentari o di privati. Lo Stato membro che riceve la lettera di «messa in mora» ha due mesi di tempo per presentare le proprie osservazioni e replicare alle contestazioni. Qualora lo stato membro non risponda oppure dia risposte considerate non soddisfacenti,l la Ue può emettere un parere motivato con cui cristallizza l’inadempimento diffidando a porvi fine entro un dato termine. E qualora ciò non avvenga, la questione passa al vaglio della Corte di Giustizia dell’Ue, che ha sede in Lussemburgo, e che può arrivare a emettere una sanzione che preveda una somma forfettaria e una penalità giornaliera per ogni giorno di mancata esecuzione delle modifiche richieste. Una procedura macchinosa ma comporta da un lato il pagamento da parte dello Stato delle sanzioni; e dall’altro una sorta di stigma di inadempienza che, dal punto di vista politico, rischia di essere un ostacolo alle relazioni e alle richieste.

Nel caso specifico, le violazioni contestate sono da un lato il fatto che «la legislazione italiana attribuisce alle Regioni il potere di autorizzare l’uccisione o la cattura di specie di fauna selvatica, anche in aree in cui è vietata la caccia, come le aree protette, e durante il periodo dell’anno in cui la caccia è vietata»; e dall’altro il non rispetto di quanto previsto dal regolamento Reach sull’uso del piombo nelle cartucce. Le norme introdotte da Lega e Fratelli d’Italia hanno infatti declassato la possibile ammenda in semplice sanzione amministrativa (da 200 a mille euro).

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