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Cisgiordania, MSF: “Accesso alla salute gravemente compromesso nell’area H2 di Hebron”. Peggioramento drammatico della salute mentale dei bambini

A Hebron, nell’area H2, l’accesso all’assistenza sanitaria è seriamente compromesso e la salute mentale e fisica della popolazione è a rischio. È l’allarme di Medici Senza Frontiere (MSF) che nell’area H2, uno dei luoghi più difficilmente accessibili della Cisgiordania a causa dell’occupazione israeliana, ha dovuto già sospendere le attività per diversi mesi e oggi si trova spesso a dover interrompere i servizi sanitari.

“Anche se ora possiamo fornire cure nella clinica di MSF a Jaber, l’accesso rimane difficile perché il nostro personale può essere perquisito e trattenuto diverso tempo ai posti di blocco prima di entrare nell’area H2. L’accesso alle cure mediche non dovrebbe mai essere arbitrariamente negato, impedito o bloccato” afferma Chloe Janssen, coordinatrice del progetto MSF a Hebron.


A child during a consultation with an MSF doctor at the MSF clinic in Jaber Center, H2 area, Hebron, West Bank.
H2 in Hebron is one of the most restricted areas in the West Bank, with 28 fortified checkpoints isolating it from the rest of the city. These restrictions severely limit movement for Palestinian residents and healthcare workers.
Following the events of 7 October 2023, MSF had to suspend activities in Jaber due to harassment and violence faced by patients. Temporary mobile clinics were set up, but access remained a challenge. After months of restrictions, MSF resumed operations in Jaber in May 2024, though staff continue to face delays and searches at checkpoints.
MSF provides critical support in Hebron through clinics, maternity services, reproductive health care, emergency training, and relief distribution for displaced populations.

Nel dicembre 2023, adducendo problemi di sicurezza, le autorità israeliane hanno costretto le équipe di MSF a sospendere le attività per oltre cinque mesi nel quartiere di Jaber, all’interno dell’area H2, e i team di MSF hanno avviato nuove attività con una clinica mobile nelle aree circostanti fuori dal checkpoint e a Tel Rumeida, dove l’accesso è consentito a chi può uscire dall’area H2 ma poche persone sono riuscite ad accedervi.

Ad oggi, anche se le attività a Jaber sono riprese, i team di MSF sono spesso costretti ad interrompere i servizi delle cliniche mobili, a cui viene impedito di entrare nell’area o di circolare durante le festività israeliane. Solitamente le cliniche mobili di MSF sono attive nell’area H2 due volte a settimana, curando tra i sessanta e i settanta pazienti e offrendo loro cure mediche e supporto alla salute mentale, ma da settembre a novembre 2024 MSF è stata costretta a cancellare le attività sette volte su ventisei. Interruzioni all’assistenza che hanno profonde ripercussioni sulla popolazione, a cui è impedito l’accesso ai servizi sanitari essenziali.

A causa delle prolungate restrizioni, della violenza, delle molestie e dell’incitamento alla paura, le équipe di MSF stanno assistendo a un drammatico peggioramento della salute mentale dei bambini. Gli psicologi di MSF vedono bambini che riportano sintomi di trauma, tra cui iperattività, enuresi notturna, incubi e difficoltà a scuola.

MSF chiede alle forze israeliane di porre fine alle misure restrittive che impediscono alla popolazione palestinese di accedere ai servizi di base, comprese le cure mediche. Israele deve adottare tutte le misure possibili per garantire che l’assistenza medica rimanga libera e accessibile. L’accesso alle cure mediche non deve mai essere arbitrariamente negato, impedito o bloccato.

L’area H2 copre circa il 20% della città di Hebron ed è l’esempio delle sfide che devono affrontare i palestinesi che vivono sotto il controllo israeliano. Quest’area, che ospita circa 7.000 palestinesi e diverse centinaia di coloni israeliani ed è l’unico posto in Cisgiordania in cui i coloni israeliani si sono insediati all’interno di una città palestinese, è governato da rigide regole di circolazione, chiusure sistematiche e violenze continue. Le équipe di MSF hanno fornito assistenza sanitaria di base e supporto alla salute mentale alla popolazione palestinese in due cliniche dell’area.

“La Palestina non è un caso di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) perché il trauma non finisce mai. Qui si tratta di un trauma continuo e complesso. Tutta la popolazione ne è colpita” afferma Lucia Uscategui, responsabile delle attività di salute mentale di MSF. “Anche se il conflitto e l’occupazione finissero domani, le conseguenze si protrarrebbero per anni. Ma il nostro lavoro è dimostrare alle persone che non sono sole, che c’è ancora speranza, anche nei momenti più bui”.



 

 

 

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