Continuano a santificare Basaglia, ma chiedono l’abolizione delle riforme che ha ispirato. Tra queste la più drammatica è senz’altro la chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (OPG) senza predisporre alterntive adeguate, per la gioia dei parenti che si son trovati a prendersi cura di criminali ingestibili. A restituire coraggio in questi giorni agli psichiatri è un fatto di cronaca girato tra le mura di un affascinante borgo del viterbese dove gli abitanti, a distanza di una settimana, sgomenti, faticano ancora a commentare quanto accaduto sotto i loro occhi.
Un delitto annunciato che si sarebbe forse potuto evitare. La Società di Psichiatria (SIP) interviene in riferimento all’omicidio di Carparola, il cui autore è stato un pregiudicato con problemi psichici in attesa di poter entrare in una REMS. E ricorda quanto ci sia urgenza di una riforma della normativa.
“Sono passati quasi nove anni dall’apertura della prima REMS, e circa dieci dalla legge 81/14 – spiega la SIP –. La Corte Costituzionale, nel frattempo, ha rilevato gravi profili di incostituzionalità della normativa, tanto da sottolineare che il sistema andrebbe in teoria azzerato e rifondato.
A protezione dei pazienti la Corte si è però limitata a ritenere necessaria una modifica sostanziale esprimendo questa posizione in termini di esclusivo indirizzo. Ma la situazione attuale sta precipitando, e preoccupa il mondo della psichiatria in primis, soprattutto dopo eventi drammatici come l’omicidio di Marta di Nardo per mano di Domenico Livrieri, nei confronti del quale il GIP aveva reiterato, invano, la richiesta di ricovero in REMS; o per l’omicidio aPisa di Barbara Capovani. Ed oggi la vicenda che ha coinvolto Renzo Cristofori, ucciso da Patrik Sardo”.
In Italia ci sono circa seicento persone ricoverate in REMS e circa settecento persone in attesa di ricovero in REMS. Ciò significa che se domani raddoppiassero i posti disponibili vi sarebbe comunque ancora una lista d’attesa. Dunque, il vero problema resta l’appropriatezza degli invii. “L’Italia è forse l’unico Paese al mondo che riconosce l’infermità o la seminfermità mentale a chi è affetto da disturbi della personalità, in particolare quello antisociale, esattamente quello di Patrik Sardo – prosegue la SIP –.
La conseguenza di ciò è che il 30-40 per cento degli ospiti delle REMS (cioè coloro che hanno un disturbo antisociale, quasi sempre affiancato all’abuso di sostanze stupefacenti) nelle REMS non deve stare. Perché non ha necessità sanitarie mediche, ma solo di contenimento delle manifestazioni comportamentali violente. Violente verso gli operatori, le guardie, soprattutto verso gli altri pazienti più fragili. Violenza che li trasforma in poco tempo i ‘dominatori’ della struttura”.
Nel frattempo queste persone, di fatto incurabili, quando non restano bloccati per anni nei reparti di emergenza dei normali ospedali, sottraendo posti ai curabili e gettando nel panico personale sanitario e pazienti con un costo incalcolabile per il sistema sanitario nazionale, finiscono nelle strade dove a occuparsene sono i familiari, i carabinieri e il 118.
A Caprarola, ad esempio, i testimoni ci raccontano di quest’uomo, l’assassino, apparentemente innocuo, abbandonato con braccialetto elettronico alle cure, diciamo, dell’anziana madre. In paese si erano ormai abituati a vedere, quasi ogni giorno, tra i vicoli le volanti e l’ambulanza che si occupavano di lui con il vecchio metodo della carota e il bastone: due chiacchiere senza fibrillazioni o il ricovero coatto. Un tram tram che, anche qui, sottrae tempo importante a militari, infermieri e medici. Calcolate voi, peraltro, quanto tutto ciò può pesare economicamente sulla comunità. Denaro che certamente la famosa calcolatrice del presidente del Consiglio non conteggia.
“Se dal sistema REMS i disturbi antisociali fossero collocati in ambiente carcerario, con la dovuta assistenza psichiatrica intramuraria laddove necessario, come avviene in tutto il mondo e come sempre previsto dalla Legge 81 – precisa la SIP – ridurremo la popolazione RE MS, tra lista d’attesa e ricoverati, di circa quattrocento persone.
Dunque, senza le persone ‘antisociali’ nelle strutture solo sanitarie, il personale non avrebbe più timore di andare a lavorare, mentre ora si assiste a una vera e propria fuga da queste strutture, intimoriti dalle continue aggressioni di questi utenti e dalla mancanza di adeguata protezione”.
Inoltre è necessario creare almeno una REMS in ogni Regione con i requisiti strutturali previsti dalla conferenza Stato-Regioni, e così vi sarebbero almeno altri quaranta posti. In ultimo, rafforzare i Dipartimenti di Salute Mentale (DSM)per consentire la presa in carico di pazienti che è possibile dimettere, e che dagli ultimi dati sono circa il 30 per cento, ma che non trovano posto nelle comunità terapeutiche o non vi è personale sufficiente nei servizi territoriali per la presa in carico”, conclude la SIP.
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