Salute

eQua 2024. Le disuguaglianze fanno male alla salute. Vogliamo parlare del disagio mentale. L’analisi dell’Arci, tra problemi e opportunità. E (video) della Fondazione Massimo Fagioli

Recentemente ho partecipato ad un importante convegno sulla “salute come diritto” organizzato da una delle maggiori forze politiche italiane. È stato un convegno molto interessante, che ha reso “visibile” il quadro preoccupante in cui versa il nostro sistema sanitario nazionale. Poche sono state le voci “stonate” ma una di esse mi ha colpito profondamente: un importante economista ha segnalato che le risorse non sono infinite palesando (omettendo di dirlo apertamente) un futuro dove l’universalità sarà sempre meno tale e l’esborso di spesa del cittadino per sostenere le cure sempre più elevato (trend già visibile da anni).

È oggettivo che le risorse siano limitate, ma nel mio intervento successivo non ho potuto fare a meno di segnalare all’illustre economista e al pubblico presente che in Italia si spende per la salute pubblica meno della media europea, che si sta accentuando la spesa per la cura e che si riduce quella per la prevenzione; mentre per l’industria bellica sembra che le risorse siano illimitate. La questione, dunque, più che sulle “risorse limitare” deve essere quale priorità dare alle stesse onde evitare che le disuguaglianze esistenti si amplifichino, come sta accadendo, giorno dopo giorno.

Peccato che l’articolo 32 della Costituzione italiana reciti: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. E che per rendere “applicabile” questo fondamentale diritto nel 1978 venne istituito, con la legge 833, il Servizio sanitario nazionale a garantire l’universalità, l’omogeneità e l’uguaglianza qualitativa dei servizi sanitari erogati.
Oggi però, come ricordato, la situazione del Ssn è sempre più distante da questi due “assi fondamentali” e la spesa per cure private delle persone è in aumento progressivo così come è in aumento l’abbandono alle cure per le persone stremate dalle lunghe liste d’attesa e per l’impossibilità di accedere ai servizi a pagamento. Inoltre mancano medici di medicina generale, il servizio di continuità assistenziale in molte zone è un azzardo e così se da buon cittadino non stai bene dopo le 20 e chiami questo servizio ti può capitare che ti dicano che nella tua zona per quella sera il medico non è presente e non è possibile nemmeno accedere al “vicariato” nella zona vicina ma devi andare al pronto soccorso (questa situazione mi è capitata di persona in ben due occasioni a distanza di pochi giorni lo scorso febbraio) che già è sovraffollato.
Non parliamo poi delle Rsa, dei costi e delle attese oltre che della qualità di diverse di queste strutture come certificano i controlli di Nas e altri soggetti. Vogliamo poi parlare della cronica mancanza di personale e dei ritmi infernali a cui è sottoposto e pagato poco o male? Ci mancano decine di migliaia di infermieri e, in un territorio come quello bergamasco di oltre un milione di abitanti, vi è un solo corso universitario di infermieristica ad Alzano Lombardo (ricordate il focolaio covid?) come sede distaccata di Brescia. Quante infermiere e infermieri sfornerà questa sede?  Sappiate che è partito quest’anno, naturalmente a numero chiuso, con 25 studenti che dovranno fare un triennio prima di entrare al posto di lavoro (e posso garantirvi che purtroppo il numero di frequentanti già oggi si è ridotto).
Vogliamo parlare del disagio mentale a cento anni dalla nascita di Basaglia? Vogliamo chiederci oggi quanto si punti all’inclusione attraverso il “budget di salute” o quanto si preferisca costruire luoghi “chiusi” e costosi ricoveri presso gli Spdc? Per stare in Lombardia la regione sta tagliando le risorse destinate alle famiglie per garantire in cambio servizi. Non è una logica errata, meglio costruire servizi che monetizzarli. Peccato però che questi servizi ad oggi non sempre esistano e logica vorrebbe che prima di tagliare risorse organizzi appunto i servizi.
Anche qui faccio un esempio reale: se hai una persona che ha una forma importante di depressione ma non necessita di personale infermieristico o di oss ma di una figura che costruisca una rete inclusiva (l’educatore professionale) ecco che ti trovi in molti territori a ragionare con realtà di servizi che operano per i comuni che hanno ottimo personale infermieristico e oss ma spesso e volentieri non hanno educatori.
E qui mi fermo con gli esempi perché purtroppo sarebbe un elenco infinito e noioso. Ma in questa situazione, dove anche le disuguaglianze si incrementano, ecco che vediamo caderci sulla testa un progetto di Autonomia Differenziata che amplierà queste disuguaglianze in maniera abnorme.
Per questi motivi in tutta Italia esistono o si stanno costituendo comitati che tendono a difendere la Sanità pubblica e il Diritto Universale alla cura. Comitati a volte locali che manifestano la loro apprensione per la chiusura di ospedali, punti nascita, consultori, mancanza di medici di medicina generale, mentre altri comitati hanno invece una azione più ampia verso l’Ente Regione e il suo governo rispetto alla Sanità. Lo sforzo che dobbiamo fare è che questi coordinamenti si uniscano a costruire una rete che riesca a determinare un cambiamento.
In Lombardia ad esempio è nato un coordinamento (chiamato Lombardia SiCura) che ha proposto un referendum regionale per, in estrema sintesi, far sì che il governo della Sanità sia del Pubblico e non, come oggi è scritto nella legge Regionale, in pratica alla pari anche del privato. Purtroppo la Regione ha bloccato questa consultazione democratica  ma il coordinamento,  che ha tra realtà promotrici e aderenti soggetti come Arci, Acli, Medicina Democratica, Cgil, forze politiche (Pd, M5S, Si, Psi) solo per citarne alcune, non si è fermato ed ha presentato un ricorso al Tribunale Civile e creato una campagna di sensibilizzazione su alcuni punti chiave   costituendo poi in tutte le provincie dei comitati per amplificare verso tutta la cittadinanza, dal piccolo centro alla grande città, l’attenzione a questi punti e al sostegno di una Sanità Pubblica Universale.
Questa campagna di sensibilizzazione, partita il 1 marzo, ha  come  punti chiave: un centro unico di Prenotazione, che dovrà disporre delle agende di tutte le strutture, pubbliche e private contrattualizzate; l’abbattimento delle liste d’attesa, attraverso un periodico controllo, da parte di Regione e Ats; lo stop all’utilizzo dei medici a gettone (non dipendenti) e, quindi, la stabilizzazione e l’assunzione del personale sanitario;  miglioramenti e copertura dei costi sanitari da parte del servizio sanitario regionale delle Residenze Sanitarie Assistenziali e Anziani e la diffusione e il potenziamento dei servizi territoriali, indispensabile riferimento per la salute dei cittadini e delle cittadine.

Questa campagna prevede una raccolta firme che è attiva sulla piattaforma “change.org” ma si realizza fisicamente anche nei circoli Arci, sportelli Cgil e nei banchetti che verranno realizzati nei territori. In contemporanea si sta agendo sui comuni lombardi perché si approvino delibere contenenti questi punti chiave e situazioni territoriali, come ad esempio il contrasto alla chiusura di punti nascita, la mancanza di medici di medicina generale, le difficoltà della continuità assistenziale.

Massimo Cortesi, delegato salute e memoria post covid di Arci nazionale

Foto in basso: Lo psichiatra Massimo Fagioli nel suo studio

Questo giornale vive di donazioni. Ecco come fare per offrire nuova linfa all’informazione indipendente

Puoi effettuare una donazione una tantum, mensile o annuale, utilizzando PayPal.

Condividi