Cultura

Gli anni ’80, l’adolescenza, i sogni e il calcio

Ecco il romanzo atteso. Capace di raccontarci un tempo, una stagione, la periferia romana e il centro storico degli Anni ’80, i campi di calcio, i primi amori tra sesso e tenerezza, il liceo dove ancora i fascisti tentavano di dettare legge con la forza, le famiglie divise tra certezze e dubbi, paure e orgoglio. Emanuele Santi, che già ci aveva deliziato con il suo Albert Camus Il portiere e lo straniero, torna in libreria con un libro assolutamente da non perdere: Campo Marzio (l’Asino d’oro edizioni).

Seguiamo, passo dopo passo, sospiro dopo sospiro, tra prove di forza e momenti di difficoltà, Stefano Barra, quattordicenne al primo anno dello scientifico “Plinio Seniore”, libero, che gioca a testa alta, con forza ed eleganza, nella Virtus Aurelia, gli amici Daniele Simonini, stopper, più fragile di carattere, spesso riserva e il portiere-muratore Marco Bonifaci, un duro di Primavalle che avrà un ruolo importante nella crescita del giovane protagonista. Santi ci porta nella casa di Stefano, dove ci sono papà Tonino, di sinistra, che gestisce una bottega di vino e olio, e mamma Angela “tanto cattolica quanto comunista”.

Noi ci sediamo a tavola con loro, sentiamo il profumo del cibo, i loro discorsi, il momento di prendere decisioni importanti (soprattutto dopo l’omicidio di un piccolo boss locale, un usuraio), l’amore per il figlio, le discussioni sull’amata squadra di calcio della Roma, quella di Falção e Di Bartolomei, di Nela e Pruzzo, leggiamo con loro le pagine del Messaggero, li vediamo guardare i programmi di pallone e i varietà sulla Rai, i giovani seguire i campionati stranieri su Teleroma 56, entriamo nelle aule scolastiche tra ragazze dagli occhi neri, picchiatori di destra, professori capaci o smarriti, sentiamo “il sapore dell’Olimpico” e “allo stadio, in curva, non c’è barriera sociale che tenga”. Intorno a quel piccolo, significativo microcosmo viaggia il mondo: Bobby Sands e Carlo e Diana, Eugenio Montale e Tino Gaetano, l’attentato a Sadat, “Missing” di Costa-Gravas, ma anche l’Eneide, Calvino e Rodari, Zoff e Scirea, persino Aldo Bet.

Santi sa scrivere, eccome se sa scrivere, suscitare passione ed emozione, dare spessore a persone e luoghi. E le sue descrizioni delle partite di football sono perfette. Finalmente un narratore che riesce a riportare il senso del gioco nelle pagine.

L’allenatore, Achille Barrafranca, incapace e insensibile, ha la fortuna di poter contar sulla classe innata di Stefano. Il piccolo Libero diventerà un trascinatore, il leader capace di difendere e di segnare, di unire il gruppo. E le azioni sul campo sono raccontate con perizia, da cronista sportivo preparato e da scrittore impeccabile. Ecco i contropiede, i contrasti, i cross dalle ali, i gol e le parate, il coraggio e il tremore. Gli spalti, gli spogliatoi, il miele e il fiele, i furori e le invidie. Ecco, mancava un romanzo così: dentro il calcio, dentro la vita.

 (huffingtonpost)

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