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Il litigio, l’accelerata e il volo in acqua. Così trovano la morte nel lago di Como

Le acque profonde, gelide e scure, hanno reso complesse le operazioni di recupero del veicolo finito nel lago di Como nella tarda serata di ieri. La vicenda, già descritta, ha tinte fosche e un esito tragico. Tutto sarebbe partito da un litigio consumatosi nel parcheggio di Viale Geno, a bordo lago. Lì i due protagonisti (un uomo di 38 anni e una donna di 45) sono saliti a bordo dell’auto parcheggiata che, a quel punto, è stata messa in moto ed ha percorso a tutta velocità i pochi metri che la separavano dall’acqua. Un tuffo costato la vita a entrambi, recuperati nel corso della notte dai sommozzatori giunti nel frattempo da Torino.

La versione del litigio è quella fornita da un testimone oculare, già sentito dalle Autorità, che ha assistito alla lite e alla forte accelerata necessaria per sfondare la ringhiera. Pare, insomma, che vi sia stata la volontà di entrare nell’acqua da parte di chi era alla guida. Sull’intenzionalità del gesto, ora, dovranno fare luce gli inquirenti.

Dopo il recupero dei corpi, si è proceduto anche con quello dell’auto, un suv Mercedes nuovo modello. I sommozzatori si sono dovuti nuovamente immergere e permettere alla gru di riportarlo a terra. Anche il veicolo, chiaramente, sarà messo a disposizione delle autorità per i rilievi necessari.

Le vittime
Intanto si conoscono i primi dettagli sulle vittime. Lui, M.A. era un istruttore di volo della provincia di Bergamo. L’auto che guidava quella sera sembra che fosse stata presa a noleggio. Tra le sue passioni le moto e le immersioni subacquee. Lei T.T., lavorava a Cantù come impiegata. Lascia un figlio di 14 anni.

Davide Milo (tio.ch)

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