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Il Mondiale interrazziale di calcio

Poco meno di due anni fa, scrivendo su questo giornale un articolo riguardante la Nazionale di calcio delle Isole del Capo Verde, avevo accennato alla presenza a Roma di una numerosa comunità di lingua creola che parla bene l’italiano, ama la musica e adora il pallone. La squadra capoverdiana partecipa ogni anno al Mundialido, torneo di calcio per stranieri che si svolge nella Capitale con cadenza annuale, a cavallo tra la primavera e l’estate. È un vero e proprio campionato Mondiale multietnico e interrazziale. Quest’anno, dal 29 maggio al 4 luglio, si è svolta la XVII Edizione “Coppa del Presidente della Repubblica Italiana” organizzata dal Clubitalia Eventi Sportivi, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero dell’Interno, del Ministero degli Affari Esteri, della Regione Lazio e di Roma Capitale e con la partnership del CONI. È stata una bella occasione per ammirare, in campo e fuori, quella mescolanza di diversità soltanto culturali tra persone uguali in quanto esseri umani, che dovrebbe essere naturale.

Afghanistan, Albania, Bangladesh, Bolivia, Brasile, Capo Verde, Colombia, Congo-Brazzaville, Repubblica Democratica del Congo, Ecuador, Egitto, Etiopia, Filippine, Honduras, Int. Asinitas, Irlanda, Italia, Marocco, Moldavia, Nigeria, Paraguay, Perù, Romania, Senegal, Sierra Leone,  Somalia, Spagna e Ucraina sono in ordine alfabetico le 28 squadre partecipanti all’ultima edizione conclusasi sabato scorso, che si è giocata interamente presso l’impianto sportivo del “Dopolavoro Cotral”. Come ogni anno, ha partecipato al torneo una squadra multietnica che prende il nome dell’Associazione (Asinitas) che la organizza. Per l’Italia invece  l’Associazione Antigone ha consentito il debutto al Mundialido della sua creatura “Atletico Diritti”, che è scesa in campo e si è battuta in nome dell’integrazione, dell’anti-razzismo e dei diritti per tutti. La Romania, che ha giocato la gara inaugurale proprio contro Capo Verde, vanta 6 successi. I Crioulos hanno ottenuto 4 vittorie (2004, 2005, 2007, 2009), seguono Italia (2 titoli), Brasile, Paraguay, Polonia e Senegal (1).

Dopo gli ultimi tre anni di dominio della Romania, questa volta sul campo ha vinto l’Ucraina superando in finale proprio gli amici di Capo Verde. Dopo un primo tempo equilibrato e condizionato dal caldo, nella ripresa sono arrivate le emozioni: Wilyam Barros, esterno offensivo classe ‘89 mandato in campo a inizio ripresa dal mister Antonio Lima Almeida, ha portato in vantaggio i suoi facendo esplodere di gioia i numerosi tifosi presenti sugli spalti gremiti. Il primo marcatore e l’allenatore capoverdiano provengono entrambi da Ilha do Sal (l’Isola del Sale), meta ambita dai surfisti per il vento e apprezzata dai turisti per il colore blu cobalto del mare. Ma nella parte finale del match l’Ucraina ha trovato prima il gol del pareggio sugli sviluppi di una palla inattiva, poi addirittura la rete della vittoria grazie ad un guizzo del forte attaccante moldavo Vadim Istrati. Il regolamento del torneo prevede la possibilità di un “prestito”: anche nella formazione africana ha giocato in difesa un italiano.

Capo Verde ha pagato a caro prezzo l’inesperienza del suo nuovo allenatore (ha passaporto portoghese, è stato mio giocatore in Italia) ma soprattutto l’assenza del regista Nelson De Brito Fortes, partito subito dopo la semifinale (vinta ai rigori contro il Marocco) per l’isola di São Nicolau. Conobbi Nelson qualche anno fa, era in compagnia di Eddy Almeida (ora lavora per Lazio Style Radio), da poco arrivato a Roma e non parlava ancora l’italiano. Lo aiutai con la documentazione (come feci per capitan Jefferson e altri) e attraverso il calcio si inserì al meglio nel tessuto della nostra società, nonostante le barriere burocratiche anche sportive. Le non perfette condizioni fisiche dell’attaccante Mirko Da Cruz, in arte “Caninho”, hanno fatto il resto. Caninho segnò più con me in panchina (fu il miglior cannoniere tra tutti i dilettanti del Lazio nel 2010) che con l’allenatore del pallone Oronzo Canà. Ironia della sorte, in quegli anni giocò con me e insieme a loro anche l’attaccante avversario, il giustiziere moldavo Vadim. Il bello del calcio è questo.

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