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Niger, attentato dello Stato islamico all’esercito con decine di vittime.

Sabato lo Stato islamico ha rivendicato la responsabilità di un attacco contro l’esercito del Niger dove sono morte decine di persone.

Il gruppo ha affermato che i militari sono stati uccisi nel corso di un’imboscata contro un convoglio vicino alla città di Teguey, nella regione di Tillaberi, nell’ovest del Paese.

Il ministero della Difesa del Niger aveva dichiarato giovedì sera che 23 soldati erano stati uccisi nell’attacco mentre altri 17 sono rimasti feriti. A loro dire sono stati uccisi circa trenta aggressori.

Numerosi analisti sostengono che qualsiasi azione di forza in Niger favorirebbe i gruppi jihadisti presenti nell’area – il Gruppo di Sostegno all’Islam e ai Musulmani (Gsim), ramo qaedista nel Sahel, ma soprattutto lo Stato Islamico del Gran Sahara (Eigs) – che stanno già approfittando del golpe per espandere il loro territorio di influenza.

Non sono casuali le immagini dei primi di agosto che ritraggono i miliziani jihadisti giurare fedeltà al nuovo califfo Abu Hafs al-Hashimi per la creazione della nuova provincia dello Stato Islamico del Sahel che includerebbe un vasto territorio nella famigerata regione dei “3 confini” (Mali, Burkina Faso e Niger), facendola di fatto diventare una delle più vaste e ricche, in termini di risorse e combattenti, dopo le recenti conquiste in Mali (Ménaka insieme al blocco della città di Timbuktu), in Burkina Faso (Dori) ed in Niger. Nelle ultime settimane sono esponenzialmente aumentati gli attacchi contro militari e civili nigerini nella parte occidentale del paese (Sanam, Koutogou, Boni) – almeno 50 civili e 40 militari uccisi – con numerosi scontri anche tra le due fazioni jihadiste in lotta per la conquista di nuovi territori dopo il vuoto creato dal golpe.

«L’apertura del corridoio nigerino verso la Nigeria, il golfo di Guinea ed il lago Ciad rafforzerebbe lo Stato islamico – ha detto recentemente a France24 l’esperto di jihadismo Wassim Nasr – se la diga del Niger cadesse, si aprirebbe la strada per l’unificazione con la provincia nigeriana del più grande gruppo nel continente (Iswap – Stato Islamico dell’Africa occidentale) creando i presupposti per la creazione di un califfato con le stesse caratteristiche di quanto avvenuto in Siria e Iraq, come potenza economica e militare».
Poiché un intervento militare per ripristinare la democrazia in Niger è improbabile, la diplomazia resterebbe l’unica soluzione.

L’opzione diplomatica più probabile per la Cedeao – con il benestare di numerosi paesi occidentali – sarebbe quella di negoziare «il più breve periodo di transizione con la giunta militare» e continuare con le sanzioni economiche.
Sanzioni che stanno pesantemente colpendo una popolazione già «allo stremo», come dichiarava già ad agosto il rappresentante Onu per il Sahel, Leonardo Santos Simão, che coinvolge anche «migranti e profughi presenti nel paese». «Una vera catastrofe umanitaria, visto che nel 2023, prima di questa crisi politica, il Niger contava 4.3 milioni di persone bisognose di assistenza umanitaria, per lo più donne e bambini».

 

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