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Repubblica centrafricana, tra feroci combattimenti, miseria, abusi sessuali e il mandato d’arresto a François Bozize, si intensificano le iniziative di assistenza agli sfollati

Nella Repubblica Centrafricana (RCA), dove decenni di conflitto hanno provocato lo sfollamento di una parte significativa della popolazione, sono in corso sforzi per aiutare gli sfollati a lasciare i campi sovraffollati. Con il miglioramento della sicurezza in regioni come Bria, alcune persone stanno cogliendo l’opportunità di cercare una vita migliore e più sicura fuori sede. Supportate da organizzazioni come UNHCR, USAID e IOM, le iniziative forniscono risorse per la costruzione di rifugi, l’accesso all’acqua, articoli per la casa e attività per generare un po’ di reddito.

Tutto ciò cercando di fare massima attenzione alle donne. Violenza domestica, stupro, tratta, matrimonio precoce e forzato, molestie sessuali, sfruttamento e abuso sessuale sono alcune delle tipologie di violenza di genere molto comuni nelle emergenze umanitarie. A causa dell’interruzione di reti familiari e sociali di sostegno, nei contesti umanitari le minacce di violenza di genere aumentano, con circa il 70% delle donne che la subiscono.
In questi ultimi anni in Repubblica Centrafricana il fenomeno è in forte crescita a causa di norme socioculturali che la favoriscono e della quasi inesistenza dell’autorità statale in alcune città del Paese.
Secondo i dati del sistema di gestione delle informazioni sulla violenza di genere (GBVIMS), nei primi quattro mesi del 2023 sono stati registrati 5.928 casi, 23.644 i casi in tutto il 2022, con un aumento del 104% rispetto al numero di casi registrati nel 2021.
Tra i motivi principali di questo forte incremento, ci sono la mancanza di informazione e di consapevolezza del problema e la povertà che colpisce quasi il 70% della popolazione (secondo uno studio della Banca Mondiale, nel 2023 quasi sette persone su dieci nella Repubblica Centrafricana risultano al di sotto della soglia di povertà estrema di 2,15 dollari al giorno).
L’adozione di meccanismi di sopravvivenza dannosi (matrimonio precoce delle ragazze, sesso per sopravvivenza) e l’insicurezza alimentare che colpisce il Paese sono tutti fattori che favoriscono il forte aumento della violenza di genere nel Paese.

La Corte penale speciale (Cps), sostenuta dalle Nazioni Unite e di base a Bangui, ha emesso intanto un mandato di arresto internazionale nei confronti dell’ex presidente della Repubblica Centrafricana François Bozizé per crimini contro l’umanità commessi dalle forze armate nazionali tra il 2009 e il 2013. I presunti crimini includono omicidio, sparizione forzata di persone, tortura, stupro e altri atti disumani.

Bozizé, 77 anni, aveva preso il potere in Africa centrale nel 2003 con un colpo di stato ed era stato rovesciato dieci anni dopo. Ora è alla testa dell’opposizione e vive in esilio in Guinea-Bissau dal marzo 2023. Il mandato internazionale è stato emesso il 27 febbraio ma annunciato solo dieci giorni fa, secondo la dichiarazione del Cps, istituito nel 2015 con il patrocinio dell’Onu.

Questo tribunale chiede la collaborazione della Guinea-Bissau per “l’arresto” e “la consegna del sospettato”. La corte è incaricata di indagare sui crimini di guerra commessi dal 2003 nel paese, che ha sopportato guerre civili e regimi autoritari dall’indipendenza dalla Francia nel 1960. I magistrati della corte stanno indagando su possibili “crimini contro l’umanità” commessi dalla guardia presidenziale di Bozizé tra febbraio 2009 e marzo 2013 in una prigione civile e in una struttura di addestramento militare nella città centrale di Bossembélé. I giudici hanno concluso che esistevano «prove serie e coerenti contro Bozizé, tali da confermare la sua responsabilità penale, in quanto responsabile politico e capo militare».

Amnesty International, per bocca di Samira Daoud, direttrice regionale per l’Africa centrale e occidentale, ha comunicato che il mandato «costituisce un passo incoraggiante nella ricerca di giustizia per le vittime di numerosi crimini commessi nella Repubblica Centrafricana». E ha sollecitato la Guinea-Bissau a consegnare Bozizé «senza indugio» alle autorità centrafricane. Per adesso però, le notizie che giungono da Bissau vanno in tutt’altra direzione. Il presidente guineano Umaro Sissoco Embaló ha affermato che l’ordinamento del suo paese «non prevede l’estradizione». Il capo dello stato ha aggiunto, sempre in riferimento a Bozizè: «Quello che sappiamo è che da quando è arrivato in Guinea-Bissau non ha creato alcun problema. È qui in esilio, come anche noi, durante la nostra lotta per l’indipendenza, abbiamo avuto esuli in altri paesi». L’ex presidente centrafricano è stato accolto dal paese guidato da Embalò come rifugiato nel marzo 2023 e nell’ambito di un accordo che ha visto il coinvolgimento anche del Ciad – precedente paese di residenza di Bozizè  – e dell’Angola, oltre che la mediazione di organismi regionali. Embalò ha reso nota l’intenzione di chiarire la faccenda con l’omologo centrafricano Faustin-Archange Touadéra.

La cosiddetta seconda guerra civile centrafricana scoppiò fra la fine del 2012 e i primi mesi del 2013,  quando una coalizione armata a maggioranza musulmana, Seleka, ha spodestato Bozizé. L’ex presidente era stato accusato di non riuscire a far rispettare quanto stabilito negli accordi di pace che si erano resi necessari dopo un’altra fase di conflitto civile scoppiata nel 2004.  Bozizé rispose agli insorti formando una milizia composta per lo più da persone cristiane e animiste, nota come anti-Balaka, per riconquistare il potere. Migliaia di civili sono stati uccisi nei combattimenti, ed entrambe le parti sono state accusate di crimini di guerra e crimini contro l’umanità dalle Nazioni Unite.

Il conflitto  ha perso di intensità dopo il 2018. Nel dicembre 2020 però, Bozizè ha formato una nuova alleanza di gruppi ribelli chiamata Coalizione dei Patrioti per il Cambiamento (CPC),  costituita nel tentativo di rovesciare il suo successore, Faustin-Archange Touadéra. Come noto, Touadéra ha chiamato in soccorso mercenari di Wagner e altri agenti russi per combattere i ribelli. Bozizé era già stato condannato in contumacia lo scorso settembre ai lavori forzati a vita per cospirazione, ribellione e omicidio.

 

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