Il sesso e il genere sono variabili chiave nella ricerca scientifica, per migliorare la precisione e l’equità delle cure mediche. Lo afferma il documento “Raccomandazioni per l’Applicazione della Medicina di Genere nella Ricerca Preclinica, Epidemiologica e Clinica”, frutto del lavoro svolto dal gruppo di lavoro “Ricerca e Innovazione” dell’Osservatorio dedicato alla medicina di genere dell’Istituto Superiore di Sanità , appena pubblicato dalla rivista scientifica internazionale Journal of Personalized Medicine.
Il gruppo di lavoro, coordinato da Marialuisa Appetecchia, responsabile Uo di Endocrinologia Oncologica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena-IFO di Roma e componente dell’Osservatorio, in rappresentanza di tutti gli Irccs, ha visto la partecipazione di numerosi esperti ed esperti del settore . “La necessità di una attenta valutazione e considerazione delle differenze di sesso e genere nella ricerca scientifica è sempre più evidente e riconosciuta – afferma Elena Ortona, Direttrice del Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’Istituto Superiore di Sanità -. Nonostante ciò, sesso e genere sono ancora poco considerati nel disegno degli studi scientifici, nella raccolta dei dati, nell’elaborazione dei risultati e nella comunicazione scientifica in generale. È ormai appurato come sia fondamentale includere nella ricerca preclinica e clinica sia gli aspetti relativi al sesso, cioè quelli di natura biologica, sia quelli di genere, che riguardano le differenze psico-sociali e culturali tra uomini e donne.”
Ecco i punti salienti del documento
1. Importanza della Medicina di Genere: Le raccomandazioni sottolineano l’importanza di considerare il sesso e il genere come variabile chiave nella ricerca scientifica, per migliorare la precisione e l’equità delle cure mediche. Questo approccio contribuisce a una maggiore appropriatezza nelle cure, garantendo che le terapie siano ottimizzate per ogni individuo.
2. Fattori Biologici e Sociali: Viene offerto un approfondimento sui diversi fattori responsabili delle differenze di sesso e genere, inclusi quelli genetici, ormonali, ambientali e socio-culturali, che influenzano la salute e la malattia in modo differente tra uomini e donne.
3. Criticità negli Studi Preclinici, Epidemiologici e Clinici: Il documento evidenzia le criticità esistenti nella conduzione di studi preclinici, sia su cellule che su animali da esperimento, negli studi epidemiologici e clinici. Sottolinea l’importanza di identificare marcatori diagnostici, prognostici e predittivi specifici per sesso e genere, al fine di migliorare l’efficacia delle terapie e la diagnosi delle malattie.
4. Raccomandazioni Metodologiche: Il documento fornisce indicazioni pratiche per la stesura di protocolli di ricerca che tengono conto dei determinanti sesso e genere, offrendo strumenti metodologici per integrare queste variabili in tutte le fasi della ricerca, dalla formulazione delle ipotesi alla raccolta e analisi dei dati , fino alla comunicazione dei risultati.
5. Applicazione Pratica: Le raccomandazioni mirano a guidare i ricercatori e le ricercatrici nello sviluppo di studi che riconoscano e affrontano le differenze di sesso e genere, con l’obiettivo di migliorare la diagnosi e il trattamento delle malattie, promuovendo una medicina sempre più personalizzata e incentrata sulla persona.
Le raccomandazioni proposte, spiegano gli autori, potrebbero apportare miglioramenti significativi nella precisione e nell’adozione dell’efficacia delle cure mediche, contribuendo a una maggiore equità nell’accesso e nella qualità delle cure per tutti i pazienti. Applicare un approccio sesso e genere specifico nella ricerca e nei percorsi di cura è importante non solo per migliorare la comprensione dei fattori determinanti la salute e la malattia, ma rappresenta anche un passaggio fondamentale verso una maggiore equità di accesso alle cure e una medicina sempre più focalizzata sulle caratteristiche specifiche del paziente. La medicina di genere va quindi intesa come un obiettivo strategico per la sanità pubblica, contribuendo a rafforzare la “centralità della persona” nell’assistenza sanitaria.