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Trionfa da chef e dichiara: “Nel pane c’è amore”

2uca_abbruzzino“Amo la mia terra, amo la Calabria ed è qui che voglio realizzare il mio futuro”. Pura e semplice utopia o illusione? No, questo è il diktat di un giovane e brillante talento di casa nostra, che ha in mente di fare qualcosa di grande, ma senza allontanarsi da casa.
Senza dover essere costretto a ripercorrere le orme di quei calabresi che per inseguire un sogno, sono sbarcati in terre lontane. Eh, no! Lui, Luca Abbruzzino, il suo sogno lo rincorre in questo lembo di terra che è la Calabria.

Giovane chef ventiquattrenne, Luca non condivide lo stereotipo della Calabria che nel corso degli anni si è diffuso. “Non è certo una terra facile – dice – ma è la più bella del mondo. Quando ci sono momenti di crisi come tutti penso: ‘Ma chi me lo fa fare, ora parto!’, poi ci penso e ci ripenso e la conclusione è sempre la stessa. Io voglio fare qualcosa per la mia terra”.

Qui è cresciuto. Qui ha commesso i primi errori, ha i suoi amabili genitori, che lo supportano e lo incoraggiano, i ricordi con la sorella oggi lontana per lavoro. Qui “c’è l’essenza di tutto”. Un essenza che secondo Luca ha “un potenziale incredibile”.

5luca-abbruzzino-impegnato-nel-suoMa come approda questo piccolo talento della cucina al mondo dei ristoranti e della ristorazione?
Figlio d’arte, suo padre è il noto chef Antonio Abbruzzino di Catanzaro, si potrebbe pensare che Luca abbia fatto la scelta più naturale: seguire i passi del suo papà. E invece all’inizio non era proprio così, né nella vita, né nella professione.
“Strano a dirsi, ma da ragazzo, anzi anche da adulto, fino a pochi anni fa non mangiavo nulla, solo pietanze poco sane”. E tra la pasta al burro, la pizza e le patatine, Luca pur ammirando il lavoro di papà Antonio, sceglie una strada del tutto diversa: liceo Scientifico ed Economia a Roma, che con fornelli e mestoli hanno poco a che vedere.

Un anno capitolino e Luca capisce che il suo futuro non è quello di concentrarsi su numeri e scartoffie, ma quello di emozionare con i sapori dei suoi piatti. Torna a casa e decide di seguire la sua passione, che poi è la stessa del padre. “Cosa mi ha fatto avvicinare a questa professione? Papà. Lui, il suo modo di interpretare la cucina, il sentimento, l’amore per un mestiere veramente duro!”.

Cresciuto in cucina, tra i fornelli con il padre, cercando di star dietro al suo ritmo, Luca, inizia la sua avventura nella ristorazione, prima in sala, poi fa corsi di sommelier per approfondire un’altra sua grande passione: il vino. Infine, si è dedicato alla cucina. “Papà è 1Luca-Abbruzzino_chef_gambero-rossostato il mio maestro. Mi è stato vicino e se qualcuno gli chiedesse se avesse mai immaginato che suo figlio Luca un giorno sarebbe finito come lui a interpretare la cucina risponderebbe di no”.

Lavorare insieme, però è dura, specie se il tuo partner è collega, maestro e genitore: “C’è tanto contrasto tra me e papà. Se stiamo insieme 13 ore per tutto il tempo ci becchiamo. Il confronto, lo scontro, specie tra due generazioni diverse e tra approcci diversi alla cucina fanno crescere non solo me, ma anche il ristorante. Vorrei che ci fossero altri 100 ristoranti come il mio, così da potermi confrontare con tutti. Crescerebbe tutta la regione in questo modo”. Convinto che nessuno abbia mai fatto nulla da solo. Luca crede nel futuro della ristorazione calabrese fatta di quotidiano sacrificio e spirito di squadra. “Il ristorante, non è il singolo, non è mio papà, non sono io, ma tutti. Tutti insieme siamo l’anima del ristorante! Averne uno già mio mi ha aiutato tanto – dice candidamente –. Ti permette di fare esperienza, esperimenti, metterci del tuo già da subito”. Una fortuna che Luca sa di avere rispetto agli altri cuochi suoi coetanei, ma anche più grandi. “La gavetta di cuoco è veramente molto faticosa. Molti miei colleghi oggi hanno tanta difficoltà ad aprire un locale proprio e ad esprimere ciò che sono, perché i tempi non consentono di fare salti nel vuoto ed avviare una attività in proprio ”.

Assennato e con la testa sulle spalle Luca, sa bene che per l’età che ha, la dea Bendata l’ha baciato sulla fronte: “Mi ritengo abbastanza fortunato per tanti motivi. I concorsi a cui ho preso parte, gli stage, le opportunità che mi vengono offerte, sono tutte una grande occasione che intendo sfruttare al meglio”.

7065Vincitore del premio “Ferrarelle” 2013, sarà uno dei prossimi conduttori, assieme ad altri colleghi, di una trasmissione di Alice tv, un noto canale dedicato alla cucina. E qui magari vedremo preparare la sua “Pasta China” o la sua merenda “Pane, olio e zucchero” della nonna oppure la sua reinventata caprese, con granita di pomodori. Quanto ai concorsi ha le idee molto chiare: “È un onore essere selezionati, ma in fondo servono più che altro come pubblicità. Quello che conta è spaccarsi la schiena e lavorare, ma alla Calabria una buona pubblicità non fa mai male”.

Nota polemica e dolente, quella della promozione enogastronomica della nostra regione che secondo Luca “non può essere ancora legata allo stereotipo del vasetto con la miccia che contenga peperoncino con scritto ‘Bomba Calabra’”. Per Luca la Calabria è altro. È contadini, è pescatori, è uomini che lavorano e non vengono aiutati. È poesia dietro ad ogni singolo gesto a chilometro zero. Un chilometro zero che purtroppo il più delle volte non viene incentivato e che per la mancanza di promozione non viene apprezzato neanche dai calabresi stessi. “Manca un po’ la cultura del cibo e bisogna educare il cliente, ma si può e si deve crescere anche in questa Calabria. Noi ristoratori invece di andare a comprare i prodotti di importazione, dovremmo comprare prodotti locali. La nota positiva è che sono sempre più i giovani ad accostarsi alla buona cucina”.

In un turbinio di piatti, tutti creati rivisitando la tradizione, che sta alla base di tutto, Luca la reinterpreta partendo da un’idea, un pensiero, senza ispirarsi a nessuno. “Quando sei all’inizio pensi ‘Ah, un giorno sarò come…’, poi però ti rendi conto che devi realizzare un tuo pensiero di cucina, una tua filosofia. Grandi maestri ce ne sono stati, a parte papà, e ce ne saranno tanti. Non smetterò mai di imparare cose nuove, però cerco sempre di metterci del mio altrimenti è una copia”.

0000pane1-1Tra un’uscita notturna e l’altra, una corsetta e una partita a calcetto con gli amici, il giovane Luca con i suoi piatti non cerca altro che emozione. Quella letta negli occhi dei clienti del suo ristorante. “Un piatto ti deve emozionare e quando provi un piatto nuovo, che non hai mai assaggiato prima, bisogna suscitare entusiasmo e passione”.

E se gli domandi qual è il piatto che preferisce preparare la risposta, dopo un istante di riflessione, è sorprendente: “Fare il pane. Questo è il piatto che mi piace cucinare di più”. Perché? “Semplice! Il pane è l’essenziale, la base di tutto. Perché lo impasti, lo vedi crescere, poi lo inforni, lo coccoli. Perché dietro c’è amore”.

Fonte: Strilli.it

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