Diritti

Soccorso in mare, tra salvataggi in extremis, crimini umanitari e prove di dialogo tra Ue e Tunisia

Stamattina la nave civile Humanity1 di soshumanity_en ha soccorso 90 persone da un’imbarcazione in pericolo in fuga dalla Libia, grazie alla segnalazione di @alarm_phone.

Poco dopo, Humanity1 ha assistito a un respingimento illegale di 35 persone compiuto dalla cosiddetta guardia costiera libica, durante cui altre 46 persone sono cadute in mare. Sono state tutte soccorse da @soshumanity_en.

La Tunisia è in crisi per gli espatri irregolari dalle sue coste, stretta com’è tra l’Italia che le chiede di fermare le partenze massicce dalle sue coste e le difficoltà socio-economiche interne che impediscono di affrontare adeguatamente un fenomeno alimentato da fattori incontrollabili.

Nonostante le venga addebitato il mancato rispetto dei diritti umani dei migranti in transito attraverso il suo territorio -soprattutto per quanto riguarda l’individuazione delle persone aventi titolo a protezione internazionale – Tunisi ha comunque la responsabilità di soccorrere in mare (SAR), in vicinanza delle coste, i migranti in viaggio verso l’Italia su imbarcazioni privi di requisiti di navigabilità trasportandoli nei propri porti.

L’UNCLOS (art. 98, 2) è chiara nello stabilire che «Ogni Stato costiero promuove la costituzione e il funzionamento permanente di un servizio adeguato ed efficace di ricerca e soccorso per tutelare la sicurezza marittima e aerea e, quando le circostanze lo richiedono, collabora a questo fine con gli Stati adiacenti tramite accordi regionali».

Piaccia o non piaccia, nessuno può negare – sottolinea AnalisiDifesa – alla Tunisia il diritto di assolvere un obbligo stabilito da norme che Convenzioni internazionali pongono a carico degli Stati, il cui adempimento è da mettersi in relazione con la sovranità del Paese interessato.

La questione del soccorso in mare si trascina ovviamente da tempo, da quando – più di trent’anni or sono – sono iniziate dalle coste tunisine le partenze verso l’Italia. Tant’è che in un accordo di collaborazione tra le rispettive Marine del 1998, si prevedevano procedure operative per agevolare gli interventi di soccorso da parte della Tunisia in prossimità delle proprie coste. Queste procedure furono ad esempio messe in atto nel 2011 quando, con le “Primavere Arabe”, si verificò una sorta di esodo improvviso.

Si tratta, quindi, non di una novità, ma di un problema ciclico che la Tunisia ha sempre cercato di risolvere con i ridotti mezzi a sua disposizione cooperando con noi da Paese amico.

In un’audizione del 2017 avanti alla   Commissione Schengen della Camera rappresentanti della nostra Guardia costiera affermavano, non a caso,  quanto segue:« Riguardo allo specifico scenario del Mediterraneo centrale, occorre aggiungere che la Libia e la Tunisia hanno ratificato la Convenzione di Amburgo o SAR del 1979, ma non hanno finora provveduto né a dichiarare formalmente quale sia la loro specifica area di responsabilità SAR, per la quale si impegnano ad assicurare un’organizzazione in grado di garantire efficienti servizi SAR, né a costituire detta specifica organizzazione in conformità ai criteri previsti dalla normativa internazionale».

Dal 2017 ad oggi nulla era cambiato in merito al formale adesione tunisina alle norme sul SAR; né da parte italiana risultavano essere in corso trattative per la stipula di un accordo di cooperazione SAR come è stato fatto con l’Algeria nel 2012. Certo è che l’Italia è uno Stato la cui zona SAR confina con quella Tunisina, cosicché un’intesa sarebbe stata necessaria secondo l’UNCLOS e la Convenzione di Amburgo del 1979. Il problema è forse l’enorme zona SAR di Malta – Paese con cui l’Italia non ha nemmeno ancora stabilito una collaborazione SAR formale – che si sovrappone sia a quella italiana che a quella potenzialmente attribuibile alla Tunisia.

Ora la situazione potrebbe, secondo AnalisiDifesa, cambiare. Fonti di agenzia annunciano che l’Unione europea starebbe lavorando per assistere la Tunisia nell’istituzione di un adeguato servizio SAR e nella conseguente definizione spaziale di una propria area di responsabilità. Se il programma andrà a buon fine si porranno finalmente le condizioni per istituzionalizzare quella collaborazione SAR che Italia e Tunisia da tempo portano avanti de facto.

 

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