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Gli ucraini non odiano Cuba come Usa e Israele. In memoria di Chernobyl

The UN General Assembly votes on the necessity of ending the economic, commercial and financial embargo imposed by the United States against Cuba.
187, 2, 1. Non è una terna da giocare al Lotto e nemmeno un codice segreto. Sono i numeri che certificano il fallimento delle Nazioni Unite. Per la trentunesima volta infatti, il 2 novembre scorso, è stata messa a votazione la risoluzione (Art. 38 – A/78/L.5) contro l’embargo a Cuba e per la trentunesima volta è stato approvato.

Quest’anno hanno votato a favore 187 Paesi, 2 i contrari (Usa e Israele) e 1 astenuto (Ucraina). In qualsiasi organismo pubblico o privato domestico o internazionale un risultato così eclatante dovrebbe mettere la risoluzione in esecuzione immediata. Non in questo come in tanti altri casi delle risoluzioni Onu. Il Blocco economico continuerà ad esistere e vi si adeguano anche la maggioranza di quei Paesi che hanno votato contro.

L’embargo economico contro Cuba è stato imposto dagli Stati Uniti nel 1960, in risposta alla nazionalizzazione delle aziende e delle proprietà statunitensi da parte del governo cubano guidato da Fidel Castro. L’obiettivo dell’embargo è stato quello di isolare economicamente e politicamente il governo cubano.

l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha condotto votazioni annuali sulla risoluzione che chiede la fine dell’embargo economico ogni anno dal 1992 e ha ricevuto ampi consensi da parte della comunità internazionale, con la stragrande maggioranza dei paesi membri che hanno votato a favore fino ad arrivare al paradossale risultato di quest’anno.

L’embargo ha avuto un impatto significativo sull’economia cubana e sulle condizioni di vita della popolazione cubana. Ha limitato l’accesso a beni e servizi essenziali, inclusi cibo e medicine, e ha reso difficile per il Paese commerciare con altri paesi. Nonostante alcune aperture diplomatiche e l’allentamento di alcune restrizioni sotto l’amministrazione Obama, alcune sanzioni sono state reimposte sotto l’amministrazione Trump.

Il ministro degli Esteri di Cuba, Bruno Rodriguez, intervenuto prima del voto, ha denunciato il blocco poiché “viola il diritto alla vita, alla salute, all’istruzione e al benessere di tutte le cubane e cubani”, costituendo “un atto di guerra in tempo di pace”.

Se i voti contrari di Usa e Israele sono perfettamente coerenti da parte del Paese che ha imposto il “bloqueo” e quello che può essere considerata una sua costola è interessante soffermarci sul motivo per il quale l’Ucraina si è astenuta nonostante il supporto fondamentale nella guerra contro la Russia.

All’indomani del disastro nucleare di Chernobyl nel 1986 a solidarizzare con la popolazione ucraina fu proprio Cuba che si fece carico di una serie di missioni umanitarie specificatamente nel campo medico. Cuba, infatti, inviò in Ucraina un gran numero di medici per intervenire sugli effetti delle radiazioni che avevano colpito la popolazione in seguito alla fuoriuscita di materiale radioattivo dalla centrale nucleare. Dal 1990 al 2016 26mila ucraini di cui 22mila minorenni furono trasferiti a Cuba per essere curati. L’astensione sul voto del 2 novembre è figlia di quello straordinario atto di solidarietà internazionale che non è rimasto il solo nella storia di Cuba.

Come conseguenza del blocco che si applica in ambito economico, commerciale e finanziario e che colpisce tutti i settori dell’economia cubana, secondo alcune stime si calcola che dal 1962 ad oggi ci sia stata una perdita per un totale di 160 miliardi di dollari. Nonostante queste perdite che in un solo anno possono ammontare anche a cinque miliardi di dollari, Cuba è riuscita a mantenere viva l’economia anche se con periodi drammatici seguiti alle perdite causate dalle interruzioni delle importazioni dall’ex Urss dopo la caduta del muro di Berlino. Tutto ciò evidentemente non ha fatto comprendere ai promotori del blocco che più che colpire il governo cubano è la popolazione a pagare il prezzo di questa follia. Una follia inutile peraltro, è del tutto evidente che Cuba resisterà in futuro come ha fatto dal 1959 ad oggi.

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