La scintilla parte dalle stanze di Harvard dove trenta associazioni studentesche hanno firmato un documento di sostegno ad Hamas, proclamando che “il regime israeliano è l’unico responsabile per la violenza e la morte dei civili”. Poi arrivano gli appelli controversi di Bologna, quindi l’occupazione dell’università di Napoli e infine il campus bellico diventa nazionale.
Quasi quattromila professori e ricercatori universitari di vari atenei di tutto il Paese (su un totale di circa 100 mila docenti fra assunti, precari, collaboratori e assegnisti di ricerca) hanno sottoscritto un nuovo appello per il cessate il fuoco immediato che condanna i «crimini di guerra» e il «genocidio» in corso nella Striscia a seguito delle «brutali azioni» di Hamas. Di fatto si tratta di una sconfessione della posizione presa dalla Conferenza dei rettori tre settimane fa con la condanna equidistante «di ogni forma di guerra» e la richiesta agli atenei di esporre una bandiera della pace a lutto sui propri siti. Ma ormai l’incendo è divampato un po’ ovunque.
“Siccome Netanyahu bombarda Gaza allora gli atenei italiani interrompano ogni collaborazione con quelli israeliani. Sillogismo raccapricciante, da sonno della ragione” chiosa sdegnato l’ex sentatore e presidente di Legambiente Roberto Della Seta su X. Ma sono sono ormai numerosi gli studiosi provenienti da 50 università italiane che hanno firmato l’appello per il boicottaggio delle istituzioni accademiche israeliane fino a quando Israele non si conformerà al diritto internazionale. È la prima volta che un numero significativo di accademici italiani ha espresso pubblicamente il sostegno alla campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) sotto la guida dei palestinesi. L’iniziativa giunge pochi mesi dopo che il primo ministro Matteo Renzi si è scagliato contro il movimento BDS, definendo il boicottaggio “stupido e sterile” nel suo discorso al parlamento israeliano.
Gli studiosi italiani si uniscono a più di 1.500 colleghi del Regno Unito, del Belgio, del Sud Africa, dell’Irlanda e del Brasile che hanno sottoscritto simili appelli negli ultimi mesi. Coloro che hanno aderito all’appello italiano, che riprende quello firmato dai docenti britannici lo scorso ottobre, si impegnano a rifiutare inviti dalle istituzioni accademiche israeliane e a non svolgere la funzione di arbitri o partecipare a convegni finanziati, organizzati o sponsorizzati dalle istituzioni israeliane.
Coerentemente con le linee guida stabilite dalla Campagna Palestinese per il Boicottaggio Accademico e Culturale di Israele (PACBI) per l’azione che colpisca le istituzioni e non gli individui, gli accademici chiariscono che “continueremo a lavorare e collaborare con i nostri colleghi israeliani singolarmente”, ribadendo anche la natura anti-razzista dell’iniziativa.