Oggi il Parlamento europeo ha approvato la riforma del Patto di stabilità e crescita. Malgrado gli annunci, di fatto non ci sono grandi sconvolgimenti rispetto alla versione precedente del Patto. Resta per esempio la necessità di non “sforare” la soglia del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL, o di rientrarvi entro alcuni anni. Ma quel che cambia davvero è che le regole tornano a essere applicate, dopo essere state sospese per quattro anni a seguito della pandemia. Il che significa che da giugno, subito dopo le elezioni europee, è quasi certo che la Commissione europea avvierà per l’Italia (tra altri paesi) le procedure per debito eccessivo. Con annesse le usuali polemiche tra falchi e colombe.
In questi giorni la Commissione europea dovrebbe pubblicare un rapporto sulla competitività dell’Unione. Già Mario Draghi, in vista del Consiglio europeo della settimana scorsa, aveva anticipato i temi del rapporto che sta preparando. Invitando i Paesi europei a non focalizzarsi troppo sulla competizione interna, cioè tra di loro, e a guardare di più all’esterno. In effetti, se prendiamo una dimensione della competitività come la quantità di PIL prodotta per ora lavorata (produttività), notiamo che i due aspetti andrebbero affrontati insieme. Da un lato, è vero che negli ultimi 25 anni l’Eurozona ha perso molto terreno rispetto agli Stati Uniti. Ma se ancora oggi la Germania non è molto distante dagli USA, in Italia si è spalancata una voragine. Forse la spiegazione per cui tra alleati europei la diffidenza rimane ancora così alta.
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