Cultura

CINEMA Dal regista che maledice la guerra ed esalta l’umanità. Foglie al vento, la settima arte per amare

Il grande amore esiste? Possono esistere occhi e bocca in un volto diverso dal tuo che scopri rappresentare la tua immagine interna più profonda. E una storia d’amore può essere proletaria o fa ridere? Chiedamolo a Kaurismäki.

Nella sua carriera quarantennale non ha sbagliato mai un film e questo è, forse, il più bello. La sua nuova pellicola, Foglie al vento, è un piccolo (81 minuti, un miracolo!!!) grande capolavoro dove due umani non perdono la loro straordinaria umanità seppur persi nell’algida solitudine della città finlandese. Lì, sullo sfondo della guerra in Ucraina, che arriva attraverso la propaganda radiofonica, e di un vecchio capitalismo così sfatto da far perdere ogni speranza di poter socializzare, si intravedono, si amano, forse si piacciono, s’incontrano, si perdono, si ritrovano, si separano amandosi e si amano ritrovandosi come due trovatelli, anzi tre con l’affetto interpretato da un cagnolino che non chiede niente, ma ti sta accanto riscaldandoti. E’ lui, l’affetto gratuito, disinteressato, l’attore protagonista di questo film sin dall’inizio, quando tramonta il sole, al finale, quando rispunta mentre procede completamente trasformato verso nuovi orizzonti.

Colpisce l’analisi lucida che l’autore fa mostrando, con raffinata arte poetica, la realtà sociale in Finlandia. Ho sempre considerato questo Paese all’avanguardia per i diritti, compresi quelli dei lavoratori. Ma mi sbagliavo.

Kaurismäki quando gira il film non aveva ancora ascoltato le parole di Jari Nalli (rappresentante di un partito sovranista di destra) quando evoca la fucilazione per i migranti che attraversano irregolarmente il confine dalla Russia eppure ci mostra già una realtà spietata. La scena al supermercato, con il direttore che licenzia Ansa, interpretata magistralmente da Alma Pöysti, per aver preso un prodotto scaduto che sarebbe finito al macero, è una denuncia lucida e cosciente della spietatezza dei padroni che non fanno però da padroni nella sua realtà dove prevale la semplicità e la potenza della solidarietà delle altre lavoratrici nei suoi confronti. E questa “sorellanza” (oltre la solidarietà) viene fuori potente e autentica, e si esprimerà anche in altri momenti della vita privata dei personaggi. Sono pennellate leggere ma sufficienti a far emergere dallo schermo luoghi familiari riconducibili a molte delle nostre periferie, non tristi però, ma spoglie, spogliate da ogni fronzolo e quindi essenziali, come lo sono gli uomini e le donne che lì vivono e resistono per essere infine premiati con una visione di se stessi in un futuro migliore, più aperto alla meraviglia del mondo.
Un mondo raccontato da Kaurismaki con autorironia, disseminando nella pellicola le sue passioni cinematografiche e musicali tra le pieghe di una storia sociale, umana e geopolitica.

Foglie al vento è senz’altro un film da vedere. Basterebbe quel Mambo italiano in finlandese o quei volti imperscrutabili, le battute fulminee seguiti da silenzi rotti solo, ogni volta, che qualcuno accende una radio (niente tv, nei film di Aki, solo cinema e radio) da un ininterrotto notiziario sulla guerra in Ucraina. “Perché – come sottolinea Emanuela Martini su Cineforum – non siamo in un mondo a parte, ma in un hopperiano (Edward), triste mondo attuale; anzi, appeso a una parete del California Pub c’è addirittura un calendario del 2024, e chissà cosa vuole dire. Tutto qui: basta poco per catturarti il cuore e lo sguardo, basta essere bravi e limpidi come Aki Kaurismaki. E avere a cuore la gente, come lui e come Chaplin, l’altro spirito guida di questo film, intravisto nei poster fuori dal Ritz e in certe inquadrature e citato nel nome che Ansa dà alla randagia che adotta, una rossiccia di media taglia che pare incredula di aver trovato qualcuno che si occupi di lei. Perché, tra i tanti lati umani di un film di Kaurismaki, non poteva mancare quello canino”.

Fin qui quel che si potrebbe, molto generosamente, definire una critica cinematografica, ma mi piace concludedere con il dialogo, secondo me, più esilarante (ma non solo) di questo film che, ribadiamolo, maledice la guerra ed esalta l’umanità: “Sono depresso” Perché sei depresso? “Perché bevo”. E perché bevi? “Perché sono depresso”.

Laura Ricci

Presentato in Concorso al Festival di Cannes 2023, Foglie al vento ha da subito ricevuto una positiva accoglienza critica da parte della stampa italiana. Alessandro De Simone, su Ciak, sostiene che «il cinema di Aki Kaurismaki è unico al mondo. Soltanto questo pazzo finlandese riesce a raccontare un mondo depresso e in disfacimento attraverso colori pastello, scenografie essenziali e apparentemente arrangiate, una colonna sonora che spazia dalla mazurka finlandese alle affascinanti atmosfere elettroniche delle Maustetytöt, due attori che sembrano usciti dalla Hollywood dei tempi d’oro e un umorismo nei confronti della vita che fa bene all’anima». Dello stesso avviso è Giona Nazzaro, che sulle pagine di Film Tv estremizza ancora di più il discorso inserendo lo sguardo del regista a confronto con i giganti della Storia del cinema. Scrive infatti il critico: «forse Aki Kaurismäki, oggi, è l’unico regista europeo che potrebbe lavorare egualmente sia per la Shochiku di Ozu sia per la RKO. Il maestro finlandese – ostinatamente – fa cinema con le inquadrature, con un utilizzo essenziale della macchina da presa».

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