Cucina Pensante

Enogastronomia, che spreco banalizzare l’olio

Pentole a pressione bassa, padelle infuocate, fuochi fatui, aromi ingombranti, contadinelle in odor di nobel e cuochi finti naturalisti. La geografia dell’enogastronomia si perde tra le stelle dove l’imponderabile (è bene saperlo) regna sempre sovrano tra i fornelli. “Luoghi sacri in cui professionalità, passione, cura per i dettagli sono garanzie d’ottimi risultati”: non c’è niente di più falso. Non basta un cappello da chef “fighetto” per garantire bontà, salute nonché sostenibilità ambientale e culinaria. Prendiamo ad esempio l’uso che si fa dell’olio. Utilizzare quello extra-vergine di oliva ai fornelli potrebbe «rivelarsi una inutile perdita di soldi». A sostenerlo è una ricerca dell’Università di Porto pubblicata sulla rivista Food Research International. L’extravergine, infatti, ha un costo superiore ai sostituti, come l’olio di semi di girasole, ma anche l’olio d’oliva semplice, anche perché contiene molti più antiossidanti che fanno bene alla salute e componenti bioattive, come i composti fenolici, ma una volta cotto perde queste qualità che lo rendono differente, diventando salutare quanto gli altri oli. In altre parole, secondo i ricercatori, la cottura ha come conseguenza una perdita di qualità, per questo dovrebbe essere consumato a crudo. Il consiglio degli esperti? Una scelta economicamente più vantaggiosa può essere quella di preferire, quando si cucina, l’olio d’oliva semplice al posto della varietà extravergine, visto che nel processo di riscaldamento quest’ultimo subisce un peggioramento.

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