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Elezioni in Serbia, Belgrado resta con Vucic. L’opposizione denuncia irregolarità nel voto

Trionfo annunciato in Serbia per il presidente Aleksandar Vucic, il cui Partito del progresso serbo (Sns), conservatore e di orientamento nazionalpopulista, come previsto da tempo e stando ai primi risultati ancora molto parziali, sembra essersi largamente affermato nelle elezioni parlamentari anticipate di oggi, distaccando di molto il principale cartello delle opposizioni, un movimento denominato La Serbia contro la violenza, nato dopo le stragi dello scorso maggio e protagonista di proteste e manifestazioni antigovernative andate avanti per mesi a Belgrado e altre città della Serbia.

Secondo quanto annunciato in serata dalla premier Ana Brnabic, all’Sns, di cui lei stessa fa parte, sarebbe andato il 47,1% dei voti, un risultato di molto superiore al quasi 43% ottenuto dal partito nelle ultime legislative del 3 aprile 2022.

Parlando al quartier generale dell’Sns, la premier ha basato tale dato su una proiezione del 50% di schede elaborate dal partito. Un risultato che darebbe all’Sns la maggioranza assoluta in parlamento con oltre 125 seggi sul totale di 250. Al principale cartello di opposizione, per Barnabic, sarebbe andato il 23%, e il 6,5% al Partito socialista serbo (Sps) del ministro degli esteri Ivica Dacic.
Barnabic ha al tempo stesso smentito le accuse di brogli e irregolarità sollevate dall’opposizione, parlando di “menzogne e brutali falsità” diffuse con l’obiettivo di suscitare ad arte tensioni e caos. Tali dati trionfali per l’Sns sono stati sostanzialmente confermati dalle prime proiezioni diffuse dall’Istituto di ricerche demoscopiche Ipsos/CeSID, secondo il quale all’Sns sarebbe andato il 46%, al cartello di opposizione il 23%, ai socialisti il 6,9%. L’affluenza sembra essere stata seppur di poco superiore a quella registrata nelle ultime parlamentari del 3 aprile 2002 (58,60%)
Vucic alla vigilia del voto e anche stamane al seggio elettorale aveva detto di aspettarsi un risultato superiore a quello delle ultime legislative dello scorso anno (quasi il 43% e 120 seggi), possibilmente la maggioranza assoluta per l’Sns, che ha guidato tutti i governi nell’ultimo decennio, con Vucic sia come premier che come presidente. Lo scorso maggio Vucic aveva lasciato la presidenza del partito, passata a Milos Vucevic, suo fedelissimo, ex sindaco di Novi Sad e attualmente vicepremier e ministro della difesa. Ma è stato lo stesso Vucic il protagonista indiscusso dell’intera e frenetica campagna elettorale, da lui trasformata e sapientemente semplificata con un quesito da referendum sul quale ha martellato in ogni comizio e intervista – o si vota per la continuità della politica di crescita economica, sviluppo e ammodernamento del Paese portata avanti dall’attuale dirigenza, o si torna al passato dando fiducia alle forze di opposizione che, a suo dire, porterebbero il Paese alla rovina e all’annullamento di tutto quello che è stato costruito e fatto di buono in questi ultimi anni.
Massiccia è stata l’affluenza alle urne dei serbi del Kosovo che, con il rifiuto della dirigenza di Pristina ad allestire seggi nei loro luoghi di residenza, hanno potuto votare in quattro località del sud della Serbia non lontane dalla frontiera.
Insieme alle legislative nazionali, in Serbia si è votato anche per il rinnovo del parlamento locale nella provincia autonomia di Voivodina, la parte pià ricca e sviluppata nel nord del Paese, e per le amministrative in 65 Comuni, compresa la capitale Belgrado. Un risultato quello di Belgrado che per le opposizioni potrebbe essere migliore rispetto a quello nazionale.

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