Diritti

Fatiscenza, sovraffollamento e condizioni degradate di vita: la foto delle carceri scattata da Antigone

“Lanciamo oggi l’allarme sul sistema penitenziario italiano, prima che si arrivi a condizioni di detenzione inumane e degradanti generalizzate. La politica ponga il tema del carcere al centro della propria agenda e accetti di discuterlo senza preconcetti ideologici o visioni di parte”. Parole di Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, nel presentare un breve report della situazione delle carceri italiane a fine 2023.

“Quello che notiamo – sottolinea Gonnella – è la crescita estremamente rapida del sovraffollamento penitenziario. Oggi i detenuti sono 60.000, oltre 10.000 in più dei posti realmente disponibili e con un tasso di sovraffollamento ufficiale del 117,2%, con una crescita nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) di 1.688 unità. Nel trimestre precedente di 1.198. In quello ancora prima di 911. Nel corso del 2022 raramente si è registrata una crescita superiore alle 400 unità a trimestre. Andando avanti di questo passo, tra 12 mesi, l’Italia sarà nuovamente ai livelli di sovraffollamento che costarono la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione dell’articolo 3 della Convenzione Edu”.

Nel report di fine anno di Antigone si sottolinea come nelle 76 carceri di cui sono state finora elaborate le relative schede, sulle oltre 100 visite compiute negli ultimi 12 mesi dall’Osservatorio sulle condizioni di detenzione dell’associazione, in 25 istituti (il 33%) c’erano celle in cui non erano garantiti 3 mq calpestabili per ogni persona detenuta.
Non a caso il numero di ricorsi da parte di persone che lamentavano di essere state detenute in condizioni che violano l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che vengono accolti dai tribunali di sorveglianza italiani, è in costante aumento dalla fine della pandemia, quando le politiche di deflazione avevano portato il numero delle persone recluse a essere circa 53.000. I ricorsi accolti sono stati infatti 3.382 nel 2020, 4.212 nel 2021 e 4.514 nel 2022.

A destare preoccupazione è anche lo stato fatiscente di molti istituti. Considerando sempre le 76 schede elaborate, il 31,4 % delle carceri visitate è stato costruito prima del 1950. La maggior parte di questi addirittura prima del 1900. Nel 10,5% degli istituti visitati non tutte le celle erano riscaldate. Nel 60,5% c’erano celle dove non era garantita l’acqua calda per tutto il giorno e in ogni periodo dell’anno. Nel 53,9% degli istituti visitati c’erano celle senza doccia (benché il termine ultimo per dotare ogni cella di doccia fosse stato posto a settembre 2005). Nel 34,2% degli istituti visitati non ci sono spazi per lavorazioni. Nel 25% non c’è una palestra, o non è funzionante. Nel 22,4% non c’è un campo sportivo, o non è funzionante.

“Le politiche governative dell’ultimo anno non hanno di certo aiutato le politiche penitenziarie. Tanti sono stati infatti i nuovi reati o gli inasprimenti delle pene varati da Governo e Parlamento, dal dl Caivano, alle norme anti-rave, fino al recente pacchetto sicurezza. Scelte che non avranno alcun impatto sulla prevenzione dei reati, per cui servirebbero altresì politiche economiche e sociali, ma che stanno contribuendo e contribuiranno sempre di più al sovraffollamento penitenziario e ad un peggioramento delle condizioni di vita delle persone detenute, ma anche del personale, su cui viene scaricata la fatica quotidiana di gestire situazioni complesse a fronte di scarse gratificazioni economiche”, afferma ancora Gonnella. Che conclude: “Ci auguriamo quindi che il 2024 riapra una grande discussione nel paese sul carcere e sulle finalità della pena. Che si capisca che abbiamo bisogno di più misure alternative, di prendere in carico le persone – soprattutto quelle con dipendenza o disagio psichico – all’esterno, evitando che il carcere diventi un luogo di raccolta di marginalità e emarginazione. Antigone è a disposizione insieme al suo bagaglio di conoscenze e competenze maturate in quasi 40 anni di attività, monitoraggio e studio dei sistemi penitenziari e penali”.
Ecco, nel dettaglio, i dati del Report di Antigone.

Cresce la popolazione detenuta, sempre più velocemente

A fronte di 51.272 posti ufficialmente disponibili (sappiamo che in realtà sono circa 3.000 in meno), erano 60.116 le persone detenute il 30 novembre. 2.549 le donne (il 4,2% dei presenti), 18.868 gli stranieri (il 31,4% dei presenti).

L’attuale tasso di crescita è estremamente allarmante. Come detto, nell’ultimo trimestre (da settembre a novembre) i detenuti sono aumentati di 1.688 unità. Nel trimestre precedente di 1.198. In quello ancora prima di 911. Nel corso del 2022 raramente si è registrata una crescita superiore alle 400 unità a trimestre. Insomma, non solo la popolazione detenuta cresce, ma cresce sempre di più. Se la popolazione detenuta dovesse continuare a crescere con il ritmo attuale tra un anno saremo oltre le 67 mila presenze. Ma appunto, c’è da aspettarsi che questo ritmo di crescita acceleri ulteriormente, e che a quei numeri si arrivi ancora prima.

Aumenta il tasso di affollamento degli istituti. Il primato di Brescia Canton Monbello

In questo contesto il tasso di affollamento ufficiale è oggi del 117,2%, ma a fronte di questo valore medio in Puglia siamo ormai al 153,7% (4.475 detenuti in 2.912 posti), in Lombardia al 142% (8.733 detenuti in 6.152 posti) e in Veneto al 133,6% (2.602 detenuti in 1.947 posti). La situazione in molti istituti è poi gravissima. A Brescia Canton Monbello l’affollamento è ormai al 200%, a Foggia al 190%, a Como al 186% e a Taranto al 180%. Numeri che rispecchiano condizioni invivibili ma che nei prossimi mesi sono destinate a peggiorare.

Gli spazi detentivi aumentano o diminuiscono?

La risposta è che, sostanzialmente, gli spazi detentivi ufficialmente disponibili non aumentano, essendo  lentamente passati dai 50.228 della fine del 2016 ai 51.272 attuali. 1.000 posti detentivi in più a fronte di una crescita della popolazione detenuta nello stesso periodo di 5.463 unità, “e nonostante ogni governo nel frattempo abbia annunciato la costruzione di nuove carceri”, si afferma.

Ma lo spazio a disposizione dei detenuti, quello però diminuisce. Sia in termini relativi, dato che all’aumentare delle presenze aumentano anche i casi in cui, nella propria cella, un detenuto ha in media a disposizione meno di 3 mq di superficie calpestabile. Nelle 76 carceri visitate dall’Osservatorio di Antigone negli ultimi 12 mesi in 25 istituti, il 33%, c’erano celle in cui erano garantiti 3 mq calpestabili per ogni persona detenuta. “Non a caso il numero di ricorsi da parte di persone che lamentavano di essere state detenute in condizioni che violano l’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, e che vengono accolti dai tribunali di sorveglianza italiani, è in costante aumento dalla fine della pandemia. Sono stati 3.382 nel 2020, 4.212 nel 2021 e 4.514 nel 2022”, si sottolinea.
Ma lo spazio diminuisce anche in termini assoluti dato che, a seguito di una circolare del 2022, sono sempre di più i reparti detentivi in cui si applica un regime a celle chiuse e dunque durante il giorno i detenuti restano chiusi nelle proprie celle.

Ma lo spazio non è tutto

Ma se non aumenta lo spazio, aumentano quantomeno le altre risorse necessarie per gestire il carcere? Ad esempio il personale? “Confrontando i dati raccolti durante le nostre visite parrebbe di sì se si guarda ai funzionari giuridico pedagogici (educatori). Erano in media uno ogni 87 detenuti nel 2022, sono diventati uno ogni 76 detenuti nel 2023. Ma restano forze del tutto inadeguate in rapporto alle presenze – si afferma nel report -. Se si guarda invece al personale di polizia penitenziaria, si registra invece un calo in rapporto alle presenze. C’era in media un agente ogni 1,7 detenuti nel 2022, ed uno 1,9 detenuti nel 2023”.

Lavoro, formazione professionale e scuola

Cala leggermente il numero delle persone che lavorano in carcere alle dipendenze del carcere stesso. Erano 17.209 alla fine del 2022 e 16.305 al 30 giugno 2023. Il dato sulla fine del 2023 non è ancora disponibile. Mentre è in leggero aumento il numero di quanti lavorano per altri datori di lavoro, erano 2.608 alla fine del 2022 e 2.848 al 30 giugno 2023. “Quest’ultimo dato è però in parte fuorviante. Se si escludono i semiliberi ed i detenuti in art. 21, che lavorano tutti fuori dal carcere, le persone che in carcere lavorano per datori di lavoro diversi dalla amministrazione penitenziaria sono in tutto 1.021, e tra costoro solo 184 lavorano per aziende private, mentre tutti gli altri lavorano per cooperative sociali”, si evidenzia.

Sembrano invece finalmente aumentare le opportunità di formazione professionale. Gli iscritti sono stati 3.359 nel primo semestre del 2023, contro i 2.248 del primo semestre del 2022. Impressionanti le disparità per regione. In Lombardia (8.733 detenuti) ci sono stati 840 iscritti. In Campania (7.303 detenuti) solo 130 iscritti.  In crescita anche le persone coinvolte nei percorsi di istruzione. Sono stati 19.372 nell’anno scolastico 2022-2023, e i promossi 3.946, contro rispettivamente i 17.324 e 3.192 dell’anno scolastico 2021-2022.

Carceri sempre più fatiscenti. Le 76 strutture visitate da Antigone negli ultimi 12 mesi

In sintesi: il 31,4 % delle carceri visitate è stato costruito prima del 1940. La maggior parte di questi addirittura prima del 1900.

Nel 10,5% degli istituti visitati non tutte le celle erano riscaldate.
Nel 60,5% c’erano celle dove non era garantita l’acqua calda per tutto il giorno e in ogni periodo dell’anno.
Nel 53,9% degli istituti visitati c’erano celle senza doccia.

Nel 34,2% degli istituti visitati non ci sono spazi per lavorazioni.

Nel 25% non c’è una palestra, o non è funzionante. Nel 22,4% non c’è  un campo sportivo, o non è funzionante.

Suicidi ed eventi critici

Ad oggi nel 2023 si sono tolte la vita in carcere 68 persone. Gli istituti in cui si sono registrati più suicidi sono Torino, Terni, Regina Coeli a Roma e San Vittore a Milano. In ognuno di questi istituti quest’anno si sono uccise 4 persone. 3 suicidi si sono registrati a Verona, Venezia, Taranto, Santa Maria Capua Vetere, Pescara e Milano Opera. Nel 85,3% dei casi il suicidio è avvenuto per impiccamento, nel 5,9% per asfissia con bombola da gas, nel 4,4% per sciopero fame.

L’età media di quanti si sono tolti la vita era 40 anni e tra costoro 15 non avevano più di 30 anni. Nel frattempo nel corso del 2023, negli istituti visitati da Antigone, si sono registrati in media ogni 100 detenuti 16,3 atti di autolesionismo, 2,3 tentati suicidi, 2,3 aggressioni ai danni del personale e 4,6 aggressioni ai danni di altre persone detenute.

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