Salute

Giornata internazionale della copertura sanitaria universale, due miliardi di persone nel mondo sono in difficoltà finanziarie e 1,3 miliardi rischiano la povertà per curarsi

Un sistema che estenda la copertura sanitaria a tutta la popolazione, garantisca i servizi e le prestazioni necessarie quando e dove ne hanno bisogno e lo faccia senza caricare le persone di costi diretti. Questo si intende per copertura sanitaria universale (Universal Health Coverage o UHC), un tema da tempo al centro dell’agenda internazionale e uno dei target degli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile per il 2030.  Quest’anno il focus dell’Universal Health Coverage Day – che si celebra il12 dicembre istituito dalle Nazioni Unite  nel 2012 – è sul ruolo della protezione finanziaria nel raggiungimento della UHC. “La protezione finanziaria garantisce che le persone non si impoveriscano a causa del pagamento di tasca propria delle spese sanitarie”, si legge sul sito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Negli ultimi 20 anni – riporta ancora l’OMS – la protezione finanziaria si è progressivamente ridotta con 2 miliardi di persone in difficoltà economiche e 1,3 miliardi di individui spinti verso la povertà a causa dei costi per la salute che sono costretti a sostenere”.

Passi d’argento: gli anziani più svantaggiati e i residenti al Sud rinunciano di più alle cure

Per i dati della sorveglianza Passi d’Argento dell’ISS pubblicati a ottobre 2024, nel biennio 2022-2023, il 18% degli ultra 65enni (2,6 milioni di persone) ha dichiarato di aver rinunciato ad almeno una visita medica o a un esame diagnostico di cui avrebbe avuto bisogno nei 12 mesi precedenti l’intervista. Fra le ragioni principali della rinuncia: le lunghe liste di attesa (nel 55% delle rinunce), le difficoltà logistiche nel raggiungere le strutture sanitarie o la scomodità degli orari (13%) e i costi eccessivi delle prestazioni (10%).

La rinuncia è risultata più frequente fra le persone più svantaggiate, economicamente (39% tra coloro che hanno dichiarato di arrivare a fine mese con molte difficoltà vs il 20% tra chi non ne ha) o per bassa istruzione (24% tra chi ha al più la licenza elementare vs il 19% tra i laureati) e tra gli over65 che risiedono al Centro e al Sud (27% vs 16% tra i residenti nelle regioni settentrionali). Oltre la metà degli intervistati che non ha rinunciato a ciò di cui aveva bisogno ha fatto ricorso a prestazioni a pagamento: il 10% ricorrendo esclusivamente a strutture private e il 49% ricorrendovi alcune volte. Solo il 41% ha utilizzato esclusivamente il servizio pubblico.

Il Rapporto del Gruppo di Lavoro Equità e Salute ISS: cala mortalità per tumori di mammella e colon dove si fanno più screening

Nelle regioni del Sud si perdono più anni di vita per i tumori della mammella e del colon e i tassi di mortalità, storicamente più bassi nel Mezzogiorno, ora sono paragonabili a quelli del settentrione. Lo afferma il Rapporto Istisan Tumori della mammella e del colon-retto: differenze regionali per mortalità, screening oncologici e mobilità sanitaria dell’Istituto Superiore di Sanità. Secondo il documento ISS tra le cause di questo fenomeno c’è anche il minore ricorso agli screening: nelle aree dove si partecipa meno a questa forma di prevenzione la mortalità è maggiore e si rileva anche un più alto l’indice di fuga (il numero di pazienti costretti a spostarsi per potersi operare).

La copertura totale dello screening mammografico disegna un chiaro gradiente Nord-Sud, a sfavore delle regioni meridionali con la percentuale di adesione che va dal 90% raggiunto in molte regioni settentrionali ad appena il 60% in alcune regioni meridionali. Nelle regioni del Nord dove la copertura degli screening è elevata la riduzione di mortalità per tumore della mammella tra il 2001 ed il 2021 è più forte (supera il 35%) rispetto alle regioni del Sud.

Un andamento simile si ha anche per i tumori del colon: la copertura dello screening per il tumore del colon-retto raggiunge valori più alti fra i residenti al Nord (67%), ma è significativamente più basso fra i residenti del Centro (51%) e del Sud (26%). Nelle regioni del Centro e del Nord dove lo screening è partito prima e con livelli di copertura più elevati (intorno al 70%) la mortalità si è ridotta di circa il 30%, molto più che al Sud (-14% nelle donne e -8 negli uomini).

Per entrambi i tumori il rapporto ISS mostra livelli contenuti di mobilità dei pazienti nel Centro e nel Nord del Paese. Nel Sud comprese le isole sono presenti livelli di mobilità nettamente più alti (circa 3 volte) rispetto al Centro-Nord. Per quanto riguarda il tumore della mammella le Regioni con le coperture di screening più alte presentano indici di fuga più bassi. “Questo dato – sottolineano gli autori – evidenzia come in Regioni in cui lo screening mammografico raggiunge una buona parte della popolazione femminile target il sistema è anche in grado si prendersi carico dei casi di tumore della mammella che necessitano di un ricovero ospedaliero per intervento chirurgico, mentre questo non è sempre garantito nelle Regioni dove lo screening è ancora lontano dai livelli ottimali. In questo panorama Regioni come Calabria e Molise si distinguono fra quelle con i più bassi livelli di copertura dello screening mammografico e il più alto indice di fuga”.

Anche per il tumore del colon-retto, così come per la mammella, le regioni con alti livelli di copertura dello screening tendono a presentare livelli bassi dell’indice di fuga, seppure esistano alcune regioni in controtendenza (Puglia e Campania, bassa copertura e bassa fuga). Si conferma invece per regioni come Calabria e Molise la compresenza di elevati indici di fuga e bassi livelli di copertura dello screening.

 

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