Diritti

Carcere. Se cambiamo lenti, si aprono delle possibilità anche per ciò che sembrava immutabile

Adolfo Ceretti, professore in criminologia e coordinatore scientifico dell’ufficio di mediazione penale di Milano scrive: “La sfida che la Giustizia Riparativa lancia, alle soglie del XXI secolo, è quella di cercare di superare la logica del castigo muovendo da una lettura relazionale del fenomeno criminoso, inteso primariamente come un conflitto che provoca la rottura di aspettative sociali simbolicamente condivise. Il reato non dovrebbe più essere considerato soltanto come un illecito commesso contro la società, o come un comportamento che incrina l’ordine costituito, e che quindi richiede una pena da espiare, bensì come una condotta intrinsecamente dannosa e offensiva, che può provocare alle vittime privazioni, sofferenze, dolore e persino la morte, e che richiede, da parte del reo, principalmente l’attivazione di forme di riparazione del danno provocato”.

Si parla quindi di “conflitto” che è trasversale alla vita di ogni persona; da qui prende spunto il ciclo di tre articoli che, partendo dall’inquadramento normativo relativo alla Giustizia riparativa, tema contenuto all’interno del Decreto Legislativo 10 ottobre 2022 n. 150, andrà a dettagliare i principi fondamentali e i contesti applicativi della proposta. La giustizia riparativa nasce in ambito penale, ma è sempre più evidente che si tratta di un approccio che dovrebbe entrare, a buon diritto, come pratica essenziale nella vita di tutti i giorni, per ricostruire i legami lacerati dal conflitto, che, se ben gestito, può diventare dinamica generativa di benessere e di nuovi equilibri. Oltre ai Servizi specializzati sul tema, sono sempre di più gli Enti del Terzo Settore che si stanno avvicinando alle pratiche proposte dal paradigma riparativo per integrare ed arricchire il proprio paniere di offerta.

L’Italia è arrivata tra gli ultimi a normare la Giustizia riparativa, ma lo ha finalmente fatto all’avanguardia, distinguendosi per ampiezza e completezza della disciplina con il Decreto Legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022 Titolo IV, in conformità con principi europei ed internazionali.

La Riforma è collegata al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza concordato con la Commissione Europea, il cui finanziamento dipende dal raggiungimento di obiettivi che includono la riduzione del 25% dei tempi medi del procedimento penale.
Con la promozione della Giustizia riparativa e la modifica del sistema sanzionatorio, la Riforma mostra di perseguire un’efficienza, non solo quantitativa, ma anche qualitativa, “che si misuri in termini di kairos, oltre che di kronos, così da trasformare il tempo della giustizia penale in occasione di superamento delle conseguenze del reato” (Bonini V., in Spangher G., La riforma Cartabia – ed. Pacini 2022, p. 725 ss).
La Giustizia riparativa, all’art. 42 del Decreto sopra citato, viene definita come “ogni programma che consente alla vittima, alla persona indicata come autore dell’offesa e ad altri soggetti appartenenti alla comunità di partecipare liberamente, in modo consensuale, attivo e volontario, alla risoluzione delle questioni derivanti dal reato, con l’aiuto di un terzo imparziale, adeguatamente formato, denominato mediatore.”

All’articolo 43 sono definiti i principi della Giustizia riparativa, ovvero:

partecipazione attiva e volontaria di ciascuno
equa considerazione dell’interesse della vittima del reato e della persona indicata come autore dell’offesa
coinvolgimento della comunità nei programmi di Giustizia riparativa
consenso alla partecipazione ai programmi di Giustizia riparativa
riservatezza sulle dichiarazioni e sulle attività svolte nel corso dei programmi di Giustizia riparativa
ragionevolezza e proporzionalità degli eventuali esiti riparativi consensualmente raggiunti, intesi come un qualunque accordo risultante dal programma di Giustizia riparativa, volto alla riparazione dell’offesa e idoneo a rappresentare l’avvenuto riconoscimento reciproco e la possibilità di ricostruire la relazione tra i partecipanti.
indipendenza di mediatrici/tori e la loro equiprossimità rispetto ai partecipanti ai programmi di Giustizia riparativa
garanzia del tempo necessario allo svolgimento di ciascun programma.

E a seguire, gli obiettivi:

riconoscimento della vittima del reato
responsabilizzazione della persona indicata come autore dell’offesa
ricostituzione dei legami con la comunità (che non coincide necessariamente con perdono, ricomposizione di una relazione interpersonale o simili, ma fa invece riferimento al legame di convivenza, soprattutto qualora siano coinvolte persone appartenenti alle stesse comunità/territori).

Il processo riparativo è concepito, secondo i suddetti principi, per qualsiasi tipo di reato, con lo scopo di gestirne tutte le conseguenze (emozionali, materiali, finanziarie…); non è concepito come una misura decisa da un Magistrato, ma come un diritto proposto, in modo equo, a tutte le parti coinvolte nel reato.
La Magistratura ha sempre il dovere di informare le parti di questo diritto.

Raramente il sistema-carcere ha a disposizione strumenti, tempi e procedure congrue per poter accompagnare e potenziare percorsi verso il cambiamento.
“La sofferenza imposta non può e non è in grado di convincere, semmai insegna ad obbedire” (Colombo G., Il perdono responsabile, Ed. Ponte alle Grazie 2013, p.52 e 85) ed insegnare ad obbedire non ci mette assolutamente al sicuro rispetto al fatto che le persone autori di reato possano cambiare le proprie condotte.

In egual misura, “le vittime non si risarciscono con la punizione, perché dalla punizione non ricevono riparazione della loro dignità infranta”.
Le persone che hanno subìto i danni di un reato si trovano tragicamente poste nella condizione di accontentarsi della sofferenza patita dall’autore del reato, quando ben altri sono invece i bisogni e le risposte che loro vanno cercando.

La giustizia riparativa si configura come paradigma che, a fronte di un crimine, altro illecito o di un torto, si prende in carico la sofferenza di tutte le persone coinvolte, delle relazioni e delle comunità sociali, perché da parte di tutte c’è un bisogno di riparazione del danno, di ricostruzione del senso di fiducia, di ricomposizione dei conflitti e di prevenzione di comportamenti dannosi.
Non si tratta di una giustizia che intende rimuovere o dimenticare il passato, ma al contrario utilizzarlo in prospettiva di un futuro migliore, di protezione e sicurezza, fiducia, responsabilità e benessere per tutte le persone coinvolte e appartenenti ad una comunità.

Date parole al dolore.
Il dolore che non parla, bisbiglia al cuore sovraccarico e gli ordina di spezzarsi.
Macbeth, Atto III, scena IV, Shakespeare

Nadia Brandalise




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