Il bombardamento dell’ospedale anglicano di al Ahli, nel cuore di Gaza Ciy -dove c’erano pazienti ma anche rifugiati- infiamma il Medio Oriente e mette a rischio la missione diplomatica del presidente Usa, Joe Biden, partito nella notte italiana alla volta di Tel Aviv.
Palestinesi e israeliani si accusano reciprocamente della responsabilità della strage, in cui sono morte centinaia di persone, mentre le piazze arabe insorgono contro Israele e la Giordania annulla il vertice a quattro (con egiziani e palestinese) a cui doveva partecipare, ad Amman, anche il presidente Usa.
I numeri dell’eccidio ancora non sono chiari. Il ministero della Sanità a Gaza, che è gestito da Hamas, sostiene che sono oltre 500 le persone uccise nell’attacco aereo israeliano sull’ospedale. Una fonte della protezione civile ha detto che sono morte più di 300 persone, ma che ci sono centinaia di altre vittime sotto le macerie.
L’esercito israeliano replica che il massacro è il frutto del lancio “sbagliato” di un razzo da parte della Jihad islamica. Migliaia di palestinesi sono scesi nelle strade di diverse città della Cisgiordania, a Nablus, Ramallah, Tubas, Qalqilya, Hebron e Tulkarem. In Giordania, ad Amman, i manifestanti si sono radunati davanti alla moschea di Re Abdullah.
Proteste anche a Istanbul, vicino al consolato israeliano, dove la polizia ha usato gas lacrimogeni; e nelle città libiche di Tripoli e Misurata. Manifestazioni anti-Usa e anti-israeliane anche a Teheran. A Beirut, le autorità libanesi hanno lanciato lacrimogeni contro i manifestanti che si erano raccolti non lontano dall’ambasciata Usa.
Proprio sull’onda di queste proteste, il dipartimento di Stato americano ha diffuso un allerta per sconsigliare i viaggi in Libano e ha dato il ‘via libera’ al personale diplomatico non essenziale perché lasci il Paese. Biden si è detto “inorridito” per l’accaduto e ha chiesto al suo staff di acquisire ulteriori informazioni (gli israeliani avrebbero già fornito agli Usa le prove di cui sono in possesso).
In ogni caso, ha preannunciato la Casa Bianca, a Tel Aviv, il presidente “porrà domande difficili” al premier israeliano Benjamin Netanyahu. Di certo, l’accaduto aumenta la pressione su una visita che poteva essere determinante per sbloccare il negoziato per permettere l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza.
Adesso a sbloccare il negoziato ci proverà il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che domani sarà al Cairo proprio con l’obiettivo di far riaprire il valico di Rafah, al confine tra Gaza e la penisola egiziana del Sinai. Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric, ha detto che la situazione è “più che critica”.
Intanto, nel pomeriggio italiano, al Palazzo di Vetro, su richiesta della Russia e degli Emirati Arabi Uniti, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite terrà una riunione di emergenza e si pronuncerà anche su una risoluzione presentata dal Brasile per cercare di trovare una posizione comune sulla guerra. La Russia ha proposto di aggiungere la condanna del bombardamento dell’ospedale. Ma l’Onu finora è apparso inerme.
Lunedì al CdS è stata respinta la risoluzione russa, chiedeva un “cessate il fuoco umanitario immediato” e l’accesso umanitario “senza ostacoli” alla Striscia di Gaza: si è arenata sul fatto che non nominava Hamas, una cosa inaccettabile per Stati Uniti, Regno Unito e Francia.