Attualità

La rivoluzione è donna e molti maschi non lo sopportano. Appello dei Coordinamento dei Centri dell’Emilia-Romagna: “Il patriarcato non tollera la disubbidienza e l’autonomia femminile. Le donne si rivolgano a noi, per trovare protezione e sostegno”

Tutte le rivoluzioni sono in qualche modo fallite, fatto salvo quella lenta, graduale e costante delle donne. E  per questa ragione molti maschi le odiano, fino incredibilmente ad ucciderle. Il terreno culturale dove si gioca questa mattanza ha origini antiche e moderne: un patriarcato che persiste con radici che affondano per lo più nelle credenze religiose  e, l’altra faccia della stessa medaglia, in un’ideologia che pervade la Sinistra creando confusione nella difesa dei diritti. E, in non pochi casi, sofferenze tra i giovani più fragili. Il cosiddetto transfemminismo anziché, infatti, garantire libertà sessuale e pari dignità nell’organizzazione sociale agisce, di fatto, solo per annullare alle donne una sua specifica diversità e identità. Con quel che ne consegue.

“La violenza maschile colpisce, spesso, quando le donne scelgono di separare la propria strada da quella dei partner. Il patriarcato non tollera la disubbidienza e l’autonomia femminile”: così il Coordinamento dei Centri Antiviolenza dell’Emilia-Romagna interviene dopo l’ennesimo, drammatico femminicidio, avvenuto ieri a Modena. “Anna Sviridenko è stata uccisa brutalmente dal padre dei suoi figli, all’indomani di un provvedimento giudiziario che le avrebbe garantito maggiore autonomia e potere sulla propria vita. La correlazione di questi eventi non è un caso, ma il riprodursi di un pattern che si verifica fin troppo spesso”.

Da quanto appreso finora, Anna Sviridenko aveva lottato a lungo per ottenere l’affido dei figli, e si era recata a Modena, per prelevarli e portarli con sé in Austria, ove viveva, in forza del provvedimento giudiziario che, finalmente, li collocava presso la madre. “L’esperienza delle donne che si rivolgono ai nostri Centri ci insegna che le madri, spesso, devono sostenere delle lunghe battaglie giudiziarie per l’affido esclusivo dei propri figli – riferisce il Coordinamento – Viene chiesto loro di dimostrare ciò che è ovvio e cioè, che un uomo violento non può essere un buon padre. L’inclinazione alla violenza non è compatibile con la capacità genitoriale, che è prima di tutto educazione al rispetto dell’altro. Fondamento dell’educazione è l’esempio. Per questo vogliamo ricordare che le donne possono rivolgersi ai nostri Centri per trovare sostegno e protezione nel percorso di emersione dalla violenza”.

 

 

Fotosintesi è una testata giornalistica finanziata da lettori come te. Ci piacerebbe essere al tuo fianco qualora volessi condividere l’informazione internazionale e le battaglie per i diritti umani.

Condividi