Dalla sanguinosa guerra della scorsa estate non è ancora stato fatto nessun reale progresso per ricostruire Gaza e la sua popolazione è stremata. La comunità internazionale deve urgentemente cambiare il proprio orientamento e mantenere le promesse fatte all’indomani del cessate il fuoco che ha messo fine all’operazione Protective Edge. È questo l’appello lanciato oggi da 46 agenzie umanitarie attraverso il rapporto Tracciare una nuova rotta: come superare lo stallo a Gaza.
Lo scenario a Gaza resta infatti drammatico. A sei mesi di distanza dalla Conferenza dei paesi donatori sulla ricostruzione nella Striscia, gli impegni assunti per lo stanziamento di 3,5 miliardi di dollari sono lontani dall’essere mantenuti: le condizioni di vita di moltissimi abitanti continuano a peggiorare, mentre ancora nessuna delle 19.000 case distrutte durante la guerra è stata ricostruita; 100.000 persone sono senza un tetto e molte altre famiglie vivono in scuole o ricoveri di fortuna.
Il rapporto diffuso oggi denuncia come inevitabile la ripresa del conflitto, e con essa l’immancabile alternanza distruzione/ricostruzione finanziata dai donatori, se la comunità internazionale non affronterà le cause che lo determinano. I paesi donatori devono esercitare una decisa pressione politica, onde ottenere tanto un cessate il fuoco permanente, quanto un’assunzione di responsabilità di tutte le parti, verso le continue violazioni del diritto internazionale. Si deve arrivare al più presto alla fine del blocco imposto da Israele, che isola 1,8 milioni di palestinesi a Gaza, tenendoli separati dalla Cisgiordania, mentre la maggior parte dei paesi donatori non lo contrasta, scegliendo piuttosto di aggirarlo.
“Le promesse fatte durante la Conferenza dei donatori si sono rivelate parole vuote – afferma Winnie Byanyima, direttore generale di Oxfam International – Mentre la ricostruzione stenta a ripartire, non è ancora stato raggiunto nessun accordo per un cessate il fuoco a lungo termine e non vi è ancora un vero piano per la revoca del blocco su Gaza. Nonostante la comunità internazionale abbia definito imperativo un cambio di rotta, mantenendo lo status quo, non sta di fatto facendo nulla per evitare il riaccendersi del conflitto. Il rischio è che diventi nuovamente osservatore impotente di fronte allo scoppio di un nuovo conflitto che invece potrebbe essere evitato”.
“Dobbiamo garantire che il devastante conflitto della scorsa estate sia anche l’ultimo. – spiega William Bell di Christian Aid – Ma non sarà possibile se non vengono sanzionate le continue violazioni che si stanno verificando. Permettendo questo stato di impunità, la comunità internazionale si troverà ben presto a raccogliere i cocci di una situazione in via di rottura”.
Ad oggi è stato stanziato solo il 26,8% dei fondi che i paesi donatori si sono impegnati a fornire sei mesi fa, mentre nemmeno i lavori di ricostruzione già finanziati sono ancora iniziati a causa delle restrizioni imposte dal blocco israeliano, che impedisce l’ingresso ai materiali essenziali per la ricostruzione della Striscia. Mancano i fondi per la riparazione di più di 81 strutture mediche e ospedali danneggiati, e le poche strutture per le quali sono stati reperiti i fondi non hanno i materiali da costruzione necessari.
“Il mondo sta chiudendo occhi e orecchie davanti alla drammatica situazione in cui si trova la popolazione a Gaza, proprio nel momento di maggior bisogno. – aggiunge Tony Laurance, amministratore delegato di MAP UK – La ricostruzione non può avvenire senza lo stanziamento di fondi, ma i soldi non sono sufficienti. Finché resterà operativo il blocco su Gaza far uscire gli abitanti da una vita di miseria, povertà e disperazione sarà impossibile”.
L’entrata in vigore del cessate il fuoco temporaneo non è infatti servita ad evitare che altri attacchi negli ultimi mesi colpissero i civili: si sono verificati più di 400 incidenti di fuoco israeliano a Gaza e quattro missili sono stati sparati da Gaza verso Israele.
“Con questo nuovo rapporto lanciamo un appello affinché tutte le parti riprendano immediatamente i negoziati per un cessate il fuoco permanente. Chiediamo che Israele ponga fine al blocco e alla politica di separazione di Gaza dalla Cisgiordania, e chiediamo la riconciliazione dei diversi soggetti politici palestinesi. Tutto questo per dare priorità alla ricostruzione – conclude Riccardo Sansone, responsabile emergenze umanitarie di Oxfam Italia – L’Egitto deve al più presto riaprire il confine con Gaza rendendo possibile l’ingresso nella Striscia degli aiuti umanitari. Chiediamo infine che anche l’Italia giochi la sua parte attivandosi con la massima urgenza presso le parti in conflitto e la comunità internazionale e facendo in modo che tali richieste trovino presto attuazione”.
Recentemente, i donatori sono riusciti ad ottenere un piccolo aumento nel flusso di materiali da costruzione in ingresso a Gaza, ma non sufficiente a rispondere ai bisogni della popolazione.
Il rapporto presenta quindi specifiche richieste e raccomandazioni alla comunità internazionale, necessarie a spezzare la spirale della violenza e distruzione in corso, tra cui:
- Procedere immediatamente con la ricostruzione, erogando i fondi promessi e favorendo l’ingresso del materiale edile in accordo con il diritto internazionale
- Assicurarsi che ci sia assunzione di responsabilità di tutte le parti per violazioni del diritto internazionale, inclusi gli obblighi previsti nel Trattato sul Commercio delle Armi (TCA) relativamente all’uso di armi usate contro i civili in maniera indiscriminata e la richiesta di compensazione per la demolizione di progetti finanziati da donatori
- Mettere fine al blocco e riabilitare l’economia devastata di Gaza. Il blocco israeliano ha determinato nella Striscia una situazione ditotale dipendenza: l’80% della popolazione riceve aiuti internazionali e il 63% dei giovani non ha lavoro. Il volume delle esportazioni da Gaza è meno del 2% del livello registrato prima del blocco: il movimento di persone e beni tra Gaza e la Cisgiordania è di fatto inesistente.
- Sostenere lo sviluppo di un governo palestinese unito. Nella fase di ricostruzione la leadership palestinese è apparsa a volte inefficace, non coordinata e ulteriormente ostacolata dalle restrizioni israeliane al libero movimento per i rappresentanti del governo. La separazione di Gaza dalla Cisgiordania ha aggravato la già problematica divisione tra Fatah e Hamas, con un enorme impatto negativo sulla fornitura di aiuti e servizi a Gaza.
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