Il freddo anomalo fuori stagione dopo la lunga siccità colpisce gli alveari e taglia i raccolti di miele in primavera con una perdita di produzione dei mesi di aprile e maggio 2023 pari anche dell’80% rispetto alla scorsa stagione.
È quanto emerge dall’analisi della Coldiretti secondo l’Osservatorio miele in occasione della giornata mondiale delle api che fanno i conti con i danni provocati dall’ondata di maltempo che ha praticamente azzerato il raccolto di miele nei quasi 45mila alveari della Romagna curati da circa 1800 apicoltori.
Le bufere di pioggia e vento e il crollo delle temperature in diverse parti d’Italia hanno impedito alle api di volare e danneggiato i fiori facendo crollare le produzioni dopo che – sottolinea la Coldiretti in una nota – nel 2022 a livello nazionale sono stati raccolti 23 milioni di chili di miele grazie 1,5 milioni di alveari curati da circa 73mila pastori delle api dalla Lombardia alla Puglia, dalla Emilia Romagna alla Toscana fino alla Campania.
Difficoltà emerse già lo scorso anno
In pratica già lo scorso anno l’Italia – continua la Coldiretti – ha detto addio a quasi un vasetto di miele su 4 (23%) rispetto a poco più di un decennio fa. Le difficoltà delle api – sottolinea la Coldiretti sono un pericolo grave per la biodiversità considerato che quelle domestiche e quelle selvatiche sono responsabili del 70% della riproduzione di tutte le specie vegetali, sono un indicatore dello stato di salute dell’ambiente e servono al lavoro degli agricoltori con l’impollinazione dei fiori.
Infatti – prosegue Coldiretti – ben 3 colture alimentari su 4 dipendono in una certa misura per resa e qualità dall’impollinazione dalle api, tra queste ci sono le mele, le pere, le fragole, le ciliegie, i cocomeri ed i meloni secondo la Fao.
Il ruolo insostituibile svolto da questo insetto è confermato da Albert Einstein che sosteneva che: “se l’ape scomparisse dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita”.
Il calo delle produzioni ha lasciato spazio alle importazioni dall’estero che nel 2022 sono cresciute del +12% per un quantitativo di oltre 26,5 milioni di chili, provenienti anche da Paesi che non sempre brillano per trasparenza e sicurezza alimentare. Non è un caso, infatti, che – sottolinea Coldiretti – fra i campioni di miele importati nella UE fra il 2021 e il 2022, quasi 1 su 2 (46%) sia sospettato adulterazione, secondo l’indagine “From the hives” del Centro Comune di Ricerca (Ccr) della Commissione europea.
Il numero assoluto più alto viene fatto registrare dalla Cina (74%), con la Turchia che ha la percentuale relativa maggiore di campioni sospetti (93%) mentre il Regno Unito ha registrato un tasso campioni dubbi ancora piu’ elevato (100%), probabilmente perché si tratta di miele prodotto in altri paesi e ulteriormente miscelato prima di essere rispedito in Europa.
Uno scenario preoccupante in cui – sottolinea Coldiretti – l’Italia ha importato dall’estero oltre 26,5 milioni di chili di miele nel 2022, con gli arrivi dalla Turchia cresciuti del +146%, dalla Cina del +66%, dalla Romania del +134% e dall’Ucraina del +83%.
Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti.
La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovra’ esserci scritto Italia, Ungheria); se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi.
In Italia – conclude la nota di Coldiretti – si consuma circa mezzo chilo di miele a testa all’anno, sotto la media europea che e’ di 600 grammi ma un terzo rispetto alla Germania. Il Belpaese però vince in biodiversità con più di 60 varietà da quelli Dop come il Miele della Lunigiana, e il Miele delle Dolomiti Bellunesi e il miele Varesino, fino a quelli speciali in barrique o aromatizzati, dal tiglio agli agrumi, dall’eucalipto all’acacia.