Il ministero degli Esteri pakistano afferma di aver convocato il rappresentante iraniano a Islamabad per protestare contro “una violazione ingiustificata del suo spazio aereo”. “Questa violazione della sovranità del Pakistan è totalmente inaccettabile e può avere gravi conseguenze”, ha avvertito il dicastero in un comunicato spiegando che l’attacco sul territorio pakistano ha “causato la morte di due bambini innocenti e il ferimento di tre bambine”. La dichiarazione di Islamabad non specifica dove sia avvenuto l’attacco iraniano, ma diversi account sui social media pakistani hanno riferito di esplosioni nella provincia del Baluchistan, dove i due paesi condividono un confine di quasi mille chilometri. Le autorità iraniane non hanno al momento rilasciato dichiarazioni. Teheran e Islamabad si accusano spesso a vicenda di consentire ai gruppi ribelli di operare dai rispettivi territori per lanciare attacchi, ma è raro che le forze ufficiali dei due paesi intervengano. “Ciò che è ancora più preoccupante è che questo atto illegale è avvenuto nonostante l’esistenza di diversi canali di comunicazione tra Pakistan e Iran”, ha aggiunto il ministero. “Il Pakistan ha sempre sostenuto che il terrorismo è una minaccia comune a tutti i paesi della regione e richiede un’azione coordinata. Tali atti unilaterali non sono in linea con le relazioni di buon vicinato e possono seriamente minare la fiducia bilaterale”, ha sottolineato il comunicato di Islamabad.
L’agenzia di stampa palestinese Wafa afferma che 13 persone sono rimaste uccise e diverse altre ferite in bombardamenti aerei e d’artiglieria effettuati ieri sera dalle froze israeliane sulla città di Khan Yunis, nel sud della Striscia di Gaza. I raid hanno colpito edifici residenziali nei quartieri Al-Nasmawi, Batn Al-Sameen e New Abasan, nonché le vicinanze degli ospedali Nasser e Al-Amal. Poco prima il Ministero della Salute palestinese gestito da Hamas aveva comunicato un bilancio di 158 morti nelle ultime 24 ore nella Striscia. Dal 7 ottobre sono almeno 24.285 le persone rimaste uccise nell’offensiva di Israele, secondo la stessa fonte.
Il kibbutz di Beeri ha confermato la morte dei suoi cittadini Yossi Sharabi e Itai Svirsky, i due ostaggi israeliani rapiti da Hamas il 7 ottobre e comparsi negli ultimi video pubblicati dal movimento islamista palestinese. Lo rendono noto i media locali. Immagini diffuse due giorni fa da Hamas mostravano i cadaveri del 53enne Sharabi e del 38enne Svirsky. Gli stessi in un altro filmato diffuso il giorno precedente apparivano in vita accanto a Noa Argamani, la 26enne catturata al rave di Reim. I due sarebbero rimasti “uccisi nei bombardamenti israeliani” sulla Striscia di Gaza, secondo quanto dichiarato dalla giovane nell’ultimo video. L’esercito di Israele ha negato di aver colpito l’edificio dove erano tenuti i tre ostaggi, come sostenuto invece da Hamas.
L’Iran entra in azione. Non più solo attraverso la sua rete di combattenti sparsi per il Medio Oriente, dagli Hezbollah libanesi agli Houthi yemeniti che continuano a sparare alle navi di passaggio nel Mar Rosso scatenando la reazione degli Stati Uniti. Nella notte tra lunedì e martedì le forze aeree dei Guardiani della Rivoluzione hanno lanciato “missili balistici” sull’Iraq e la Siria: il primo raid per mandare un segnale al nemico Israele e al suo alleato Usa che “creano insicurezza nella regione”, il secondo per “vendicare” il sanguinoso attentato di inizio gennaio a Kerman rivendicato dall’Isis. In uno scontro incrociato – e per il momento ancora indiretto -, l’esercito americano ha di nuovo colpito i ribelli filoiraniani in Yemen, mentre lo Stato ebraico ha lanciato il più massiccio attacco contro i miliziani del Partito di Dio nel sud del Libano.
Nel colpire Erbil, la capitale della regione autonoma del Kurdistan iracheno, Teheran ha rivendicato di aver “distrutto uno dei principali quartier generali dello spionaggio del regime sionista (Mossad)”. Secondo un comunicato dei Pasdaran, l’obiettivo era “il centro per lo sviluppo di operazioni di spionaggio e la pianificazione di azioni terroristiche nella regione e soprattutto nel nostro amato Paese”. Le autorità locali hanno parlato di “almeno quattro civili” uccisi, tra cui il noto imprenditore dell’immobiliare Peshraw Dizayee e altri membri della sua famiglia.
Il premier del Kurdistan, Masrour Barzani, ha respinto come “completamente infondata” e “ingiustificata” la circostanza che nel mirino ci fosse una sede dei servizi di intelligence israeliani, sottolineando come gli attacchi iraniani abbiano colpito solo civili e abitazioni private, tra cui appunto quella dell’imprenditore. “Questi attacchi non devono rimanere senza risposta”, ha tuonato da Davos. Il governo centrale di Baghdad ha reagito condannando “un’aggressione alla sua sovranità e al suo popolo”, convocando l’ambasciatore iraniano in Iraq e richiamando il proprio da Teheran.
L’Iraq ha annunciato anche “una denuncia al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite” e una commissione d’inchiesta per dimostrare “all’opinione pubblica irachena e internazionale la falsità delle accuse dei responsabili di questi atti riprovevoli”. L’attacco iraniano è stato condannato anche dagli Usa come “irresponsabile”: esplosioni sono state udite al momento dei raid anche vicino al consolato americano di Erbil senza conseguenze. Una fonte della sicurezza irachena ha riferito all’Abc che le forze della Coalizione anti-Isis di stanza nella regione – cui partecipa anche l’Italia – hanno abbattuto tre droni vicino all’aeroporto. In Siria, invece, le forze iraniane hanno annunciato di aver colpito ad Aleppo “i luoghi di raduno dei comandanti e dei principali elementi legati alle recenti operazione terroristiche, in particolare lo Stato Islamico”, come vendetta per il duplice attentato del 3 gennaio vicino alla tomba del generale Qassem Soleimani – ucciso dagli Usa 4 anni prima – che ha provocato quasi 100 morti a Kerman.
Teheran ha quindi minacciato nuove azioni “fino a quando le ultime gocce del sangue dei martiri non saranno vendicate”. La temuta escalation appare sempre più una realtà nell’intera regione. Dopo l’ennesimo attacco degli Houthi filo-iraniani a una portarinfuse americana e a un cargo greco, Washington ha risposto colpendo postazioni di missili antinave in Yemen che rappresentavano “una minaccia imminente” per il traffico marittimo nel Mar Rosso. Israele ha invece martellato con aerei da combattimento e artiglieria “decine di obiettivi” degli Hezbollah nel Wadi Saluki, nel Libano meridionale.
“E’ stato uno dei maggiori attacchi condotti dall’inizio della guerra. Ed è stato completato in pochi minuti”, ha commentato un ufficiale dell’Idf. Nella Striscia di Gaza l’esercito israeliano ha perso finora 190 soldati, mentre sono 24.285 le vittime palestinesi secondo il ministero della Sanità di Hamas. Il cui leader Yayha Sinwar è stato inserito nella lista dei terroristi dell’Unione europea, con le relative sanzioni. “Una decisione morale e giusta”, ha commentato il ministro degli Esteri israeliano Israel Katz, determinato a “sradicare le radici del male ovunque rialzi la testa”.
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