Politica

Meloni, la madre di tutte le riforme

Giorgia Meloni ha spiegato il disegno di legge di riforma costituzionale approvato dal Consiglio dei ministri nella conferenza stampa seguita al Cdm. “Introduce l’elezione diretta del Capo del governo e garantisce i due grandi obiettivi che ci sia impegnati con gli italiani a realizzare: garantire ai cittadini da chi farsi governo a mettendo fine ai ribaltoni, trasformismo e governo tecnici. Governo che sono passati sulla testa dei cittadino per realizzare obiettivi che non avevano e decidere e avere un orizzonte di legislatura”, ha detto la premier definendo il premierato come la madre di tutte le riforme che si possono fare in Italia.

Il claim di questo nuovo tentativo di riforma costituzionale, appena approvato oggi in consiglio dei ministri, è che l’elezione diretta del presidente del consiglio garantisce “il diritto cittadini a decidere da chi farsi governare, mettendo fine a ribaltoni, giochi di palazzo e governi tecnici” o “passati sulla testa dei cittadini”. E quindi garantisce “che governi chi è stato scelto dal popolo“. In un eterno dejà vu – sette anni dopo il crac di Matteo Renzi – tornano a girare vorticosamente le solite parole che indicano (o dovrebbero indicare) un futuro radioso per la “Nazione”: “stabilità“, “credibilità”, “responsabilità”. Ecco che torna il riassunto degli ultimi 75 anni di storia repubblicana in cui “abbiamo avuto 68 governi con una vita media di un anno e mezzo”, gli stessi annali di statistica che venivano distribuiti ai cittadini-elettori quando la via salvifica doveva essere l’abolizione del Senato. “Se facciamo un passo indietro e guardiamo agli ultimi 20 anni abbiamo avuto 12 presidenti del Consiglio” puntualizza la premier ricordando che la Francia nel frattempo ha avuto 4 presidenti della Repubblica e la Germania 3 cancellieri e però allo stesso tempo si dimentica di dire che Angela Merkel ha governato per buona parte dei suoi 16 anni di esecutivi con maggioranze di larghe intese. “E non credo che tutti i politici italiani siano peggiori di quelli francesi e tedeschi” riflette la capa del governo. Meloni dice che questa riforma è “fondamentale” e “una priorità” perché “siamo stabili e forti, abbiamo la responsabilità di cogliere questa occasione e per lasciare a questa nazione qualcosa che possa risolvere i propri problemi strutturali”. Inevitabile, anche a questo giro l’annuncio dell’approdo alla Terza Repubblica (il terzo o quarto negli ultimi dieci anni): per la premier è “un’occasione storica” anche se “deve sempre decidere il popolo a decidere”. (FQ)

Le reazioni

Pd, M5s e Azione restano critici nei confronti della riforma costituzionale relativa ai poteri del premier approvata in Consiglio dei minisri.

Più cauta la posizione di Italia Viva, che parla di “pasticci” ma dice anche di voler aspettare e “leggere i testi”.
“È una riforma pasticciata e pericolosa perché indebolisce nuovamente il Parlamento, è una riforma che limita le prerogative del Presidente della Repubblica e che smantella la forma parlamentare”, il commento della segretaria del Pd, Elly Schlein.

Per l’ex presidente della Camera Per l’ex presidente della Camera Roberto Fico, presidente del Comitato di garanzia del Movimento 5 Stelle, “il premierato meloniano è una riforma pasticciata e approssimativa.
Una scelta che non favorirà la governabilità ma accentuerà gli squilibri del sistema”. Critico anche il leader di Azione, Carlo Calenda: “Il governo ha approvato una riforma in Cdm che potremmo chiamare l’Italierato. Non è un cancellierato (che avremmo approvato), non è un Premierato, non è presidenzialismo o semi-presidenzialismo. È una nostra invenzione mai fino ad ora sperimentata nel mondo”.
La senatrice di Italia Viva Raffaella Paita, coordinatrice nazionale del partito, ricorda come per Iv siano “importanti due obiettivi: la stabilità e il ripristino del rapporto fiduciario tra elettori e istituzioni. Se la proposta del Consiglio dei ministri sarà coerente con questa impostazione, ci saremo e affronteremo la discussione con la serietà di una forza politica che ha come primo interesse il rafforzamento delle istituzioni”.

Il cosiddetto Piano Mattei voluto dal governo italiano è fonte di «preoccupazione» in Mozambico visto il focus sui combustibili fossili e i rischi per l’ambiente che ne derivano. Ma anche alla luce del fatto che è stato elaborato «senza coinvolgere la società civile». Ad affermarlo è l’attivista mozambicano Daniel Ribeiro, membro di Justiça Ambiental JA!, filiale locale della rete internazionale ambientalista Friends of the Earth.

Ribeiro parla da Roma, nel corso di una conferenza organizzata da Focsiv e dal movimento Laudato Sì e a cui ha partecipato anche l’associazione ReCommon.

L’attivista si trova nella capitale nelle stesse ore in cui il consiglio dei ministri approva il decreto che contiene la cornice del Piano Mattei, un’iniziativa che intende costruire un «nuovo partenariato tra Italia e stati del Continente africano, volto a promuovere uno sviluppo comune, sostenibile e duraturo, nella dimensione politica, economica, sociale, culturale e di sicurezza».

I contenuti veri e propri non sono ancora noti. Dal testo approvato oggi si apprende che il Piano sarà quadriennale e coordinato da una cabina di regia che farà capo alla stessa presidente del consiglio Giorgia Meloni. La primo ministro si è recata in Mozambico proprio il mese scorso accompagnata dall’amministratore delegato di ENI Claudio Descalzi. Il che la dice lunga sullo spirito filantropico e democratico del piano meloniano.

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