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Non c’è verso di fermare il genocidio. Usa e Israele contro la Corte Internazionale di Giustizia che ordina: “Fermare l’attacco a Rafah e riaprire il valico”

Le Forze di difesa di Israele (Idf) hanno bombardato diverse aree della città di Rafah, nell’estremo sud della Striscia di Gaza, provocando un numero imprecisato di morti e feriti. Lo ha riferito l’agenzia di stampa palestinese “Wafa”, secondo cui le Idf hanno preso di mira il campo profughi di Shaboura e altri quartieri della città.

Le organizzazioni umanitarie peraltro non riescono a raggiungere l’ospedale Al Aqsa, nella Striscia di Gaza, e a consegnare circa 15 mila litri di carburante. Lo riporta l’Onu, aggiungendo che l’Unicef ha lanciato l’allarme riguardo i generatori di ossigeno dell’ospedale: senza una fornitura continuativa di carburante, verranno bloccati mettendo a rischio la vita di più di venti neonati. “E’ cruciale ha aggiunto il portavoce Onu che altro carburante raggiunga Gaza e che le organizzazioni umanitarie possano lavorare in sicurezza”.

Altre notizie agghiaccianti di questo calibro arrivano poco dopo la sentenza della Corte internazionale di giustizia dell’Aia che ha ordinato a Israele di interrompere immediatamente tutte le operazioni militari a Rafah nella Striscia di Gaza, l’ultima città-rifugio per la maggior parte della popolazione palestinese, composta ormai quasi completamente da sfollati. Si sono create le condizioni per nuove misure di emergenza nel caso del genocidio israeliano, ha affermato la Corte, e Israele deve fermare qualsiasi operazione che rappresenti un pericolo per la vita dei palestinesi di Rafah. Inoltre, Tel Aviv deve riaprire il valico per il passaggio degli aiuti e l’uscita dei feriti. La CIG ha anche ordinato a Israele di far entrare i propri investigatori nella Striscia per osservare personalmente la situazione e di riferire entro un mese al tribunale dei progressi nell’applicazione delle misure. La sentenza è stata approvata dalla giuria formata da 15 giudici provenienti da vari Paesi del mondo con un voto di 13-2: ad opporsi sono stati i giudici dell’Uganda e dello stesso Israele.

“Per preservare le prove, Israele deve garantire che gli investigatori abbiano libero accesso a Gaza e Israele deve presentare alla Corte entro un mese un rapporto sui passi che intende intraprendere”. 

La Corte si è pronunciata ieri, venerdì 24 maggio, accogliendo la richiesta del Sudafrica di ordinare ulteriori misure contro Israele per le accuse di genocidio nella Striscia di Gaza. Gli attacchi israeliani hanno causato più di 35mila morti tra cui circa 15mila bambini e lo spostamento forzato di circa 1,9 milioni di palestinesi. Di questi, 1,5 milioni si sono rifugiati a Rafah. Qui la situazione umanitaria, ha dichiarato oggi la CIG, è classificata come “disastrosa” ed è “ulteriormente peggiorata” dopo l’ultima ordinanza del tribunale.

La Corte riafferma dunque le raccomandazioni fatte a Israele il 26 gennaio e 28 marzo e accetta alcune misure aggiuntive, dichiarando che Israele non sta facendo abbastanza per preservare la sicurezza delle persone a Rafah e di non essere “convinta” che l’evacuazione e altre misure siano sufficienti ad alleviare le sofferenze dei palestinesi. “Le circostanze richiedono di modificare la decisione della Corte e Israele deve immediatamente fermare la sua azione militare a Rafah e qualsiasi altra attività che che possa infliggere al gruppo palestinese a Gaza condizioni di vita che potrebbero portare alla sua distruzione fisica in tutto o in parte”.

A presiedere, il giudice libanese Nawaf Salam, che ha letto l’ordinanza dal Palazzo della Pace all’Aia e ha espresso anche grande preoccupazione per la sorte degli ostaggi ancora trattenuti a Gaza, chiedendone il rilascio immediato.

La richiesta di nuove misure di emergenza era stata presentata dal Sudafrica il 10 maggio e il Tribunale internazionale ha chiesto a Tel Aviv di fornire informazioni sulla situazione umanitaria nella Striscia, soprattutto nelle zone designate dall’esercito per l’evacuazione della popolazione.

“Il modo stesso in cui Israele sta portando avanti le sue operazioni militari a Rafah e altrove a Gaza, è di per sé un genocidio”,  ha affermato il rappresentante del Sudafrica nella sua richiesta di procedimento. “Essendo il principale centro umanitario per l’assistenza umanitaria a Gaza, se Rafah cade, cade anche Gaza. Avanzando su Rafah Israele sta attaccando l’ultimo rifugio a Gaza e l’unica area rimasta della Striscia che non è stata ancora distrutta”, ha aggiunto. Ma a quanto ha dichiarato solo ieri il premier Netanyahu, Israele non intende, in ogni caso, fermarsi: “Stiamo rafforzando il nostro impegno contro Rafah. L’operazione andrà avanti e aumenterà con altre forze di terra e dall’aria. Raggiungeremo i nostri obiettivi”.

Israele ha difeso dinanzi al tribunale delle Nazioni Unite la necessità militare della sua offensiva di Gaza ha chiesto ai giudici di respingere la richiesta del Sudafrica. Il vice procuratore generale israeliano, Gilad Noam, ha negato dinanzi alla CIG che il suo paese stia commettendo un genocidio.

In una sentenza che ha fatto notizia in tutto il mondo, a gennaio su richiesta del Sudafrica la Corte Internazionale di Giustizia ha ordinato a Israele di fare tutto ciò che è in suo potere per prevenire atti di genocidio e consentire aiuti umanitari a Gaza. Ma si è astenuta dall’ordine il cessate il fuoco immediato.

Gli ordini della CIG, che governa le controversie tra Stati, sono giuridicamente vincolanti ma ha pochi mezzi per farli rispettare. Pretoria ha sottolineato che l’unico modo per attuare le ordinanze dei tribunali è un “cessate il fuoco permanente a Gaza”. Le sue decisioni sono state ignorate in passato ma hanno un importante peso internazionale e aumentano l’isolamento di Israele proprio mentre si moltiplica il riconoscimento dello Stato di Palestina e dopo che il procuratore capo della Corte penale internazionale ha richiesto mandati di arresto per i leader israeliani e di Hamas.

È improbabile che Israele fermi il suo attacco: solo ieri il portavoce del governo, Avi Hyman, ha dichiarato: «Nessun potere sulla terra fermerà Israele dal proteggere i suoi cittadini e perseguire Hamas nella Striscia». In effetti Israele starebbe già lavorando con gli Stati Uniti per assicurarsi che Washington, come accaduto numerose volte in passato, ponga il veto alla risoluzione quando sarà presentata al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

L’ufficio del ministro della guerra israeliano ha fatto sapere che il ministro Benny Gantz ha parlato al telefono con il segretario di Stato americano Anthony Blinken. “Gantz ha espresso il suo apprezzamento per il sostegno degli Stati Uniti a Israele e alla sua volontà di continuare a difendersi”, afferma la nota governativa.

Il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir ha twittato: “Ci dovrebbe essere solo una risposta all’ordine irrilevante del tribunale antisemita dell’Aia: l’occupazione di Rafah, l’aumento della pressione militare e la completa sconfitta di Hamas”. Il nostro futuro non dipende da ciò che i gentili diranno, ma da ciò che faranno gli ebrei”, ha aggiunto, citando il primo premier israeliano David Ben Gurion.

Le prime reazioni israeliane all’ordine della Corte Internazionale sono quelle del ministro delle Finanze Bezalel Smotrich, che ha dichiarato: “Continuiamo a lottare per noi stessi e per l’intero mondo libero. La storia giudicherà chi oggi è stato al fianco dei nazisti di Hamas e dell’ISIS”.

Il Canale israeliano Channel 13 ha fatto sapere che Netanyahu ha convocato una riunione di emergenza con, tra gli altri, il ministro degli Esteri Israel Katz, il ministro della guerra Benny Gantz e il consigliere giudiziario del governo.

Il Sudafrica esprime soddisfazione per quello che definisce l’ordine “più forte” che la Corte internazionale di giustizia abbia mai preso nei confronti di Israele.

Hamas ha fatto appello alla Comunità internazionale affinché intervenga per fermare interamente l’offensiva su Gaza e per applicare le risoluzioni delle Nazioni Unite. Nessun riferimento all’ordine del tribunale per il rilascio incondizionato di tutti gli ostaggi rapiti il 7 ottobre e trattenuti nella Striscia.

Anche l’Autorità palestinese ha accolto con favore la decisione, affermando che rappresenta un “consenso internazionale per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza”.

Gli Stati Uniti stanno pensando a delle sanzioni contro la CPI. Il ministro dell’Edilizia israeliano, il rabbino Yitzchak Goldknopf, ha detto al confine della Striscia di Gaza: “Negli ultimi giorni le voci a favore del riconoscimento di uno Stato palestinese si sono fatte sempre più forti. Non desideriamo controllare gli abitanti di Gaza, ma non desideriamo nemmeno vivere accanto a uno Stato composto da persone e animali”.

Nella giornata del 23 maggio il Portavoce dell’esercito israeliano ha riferito che un aereo dell’aeronautica militare ha bombardato e ucciso Muhammad Ali Nasser Farran, responsabile della produzione e delle infrastrutture di armamento dell’organizzazione Hezbollah nel Libano meridionale. Negli ultimi anni, Muhammad Ali Nasser Farran è stato coinvolto nella produzione di armi strategiche. È un’attività esclusiva di Hezbollah, e alcune delle infrastrutture di cui era responsabile nel Libano meridionale sono state prese di mira negli ultimi mesi. Questo assassinio rientra nel quadro delle azioni dell’esercito israeliano e delle forze di sicurezza volte a danneggiare la crescita dell’organizzazione Hezbollah attraverso armi e mezzi di combattimento volti a danneggiare il profondo israeliano.

Nella giornata del 24 maggio l’IDF e l’ISA riportano a casa i corpi degli ostaggi Hanan Yablonka, Michel Nisenbaum e Orion Hernandez. I tre erano stati rapiti il 7 ottobre. Nella notte Canale 13 afferma che il mandato concesso alla squadra negoziale è stato ampliato durante la riunione del gabinetto di guerra.

Giordania, Germania ed Egitto annunciano l’attuazione di operazioni di sbarco alimentare verso una serie di siti nel sud della Striscia di Gaza.

Le Forze armate statunitensi hanno annunciato il 23 maggio uno scontro con 4 droni lanciati dallo Yemen verso il Mar Rosso. Gli Yemenitio hanno parlato in un comunicato di tre attacchi contro tre navi tre navi nel Mar Rosso, nel Mar Arabico e nel Mar Mediterraneo. 

La compagnia di navigazione Maersk ha detto ai suoi clienti che imporrà costi aggiuntivi a partire da giugno e ha affermato che prevede che le interruzioni della navigazione nel Mar Rosso continueranno fino al terzo trimestre del 2024.

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