E’ la malattia a maggiore incidenza nel mondo e al primo posto nei paesi occidentali, e nel 2020 sarà la maggior causa di disabilità dopo le malattie cardiovascolari. E’ la depressione, il cui costo sociale in Italia – inteso come ore lavorative perse – è pari a 4 miliardi di euro l’anno, mentre per l’economia europea è stato stimato un costo pari a 92 miliardi di euro, di cui 54 mld correlati a costi indiretti per assenza lavorativa. Eppure, solo un italiano su 3 ha coscienza del problema e si cura adeguatamente. E’ il quadro tracciato dagli esperti in occasione del Forum ‘Un Viaggio di 100 anni nelle neuroscienze’, organizzato da The European House-Ambrosetti all’Accademia dei Lincei.
Per quanto riguarda i costi diretti a carico del Servizio sanitario nazionale, nel nostro Paese i costi medi annuali (ricoveri, specialistica ambulatoriale, farmaci) per il trattamento di un paziente depresso ammontano a 4.062 euro e la depressione colpisce il 12,5% della popolazione – pari a circa 7,5 mln di italiani – con solo il 34,3% dei pazienti che però assume farmaci. A questo, avvertono gli specialisti, si aggiungono i dati relativi all’impatto sociale che, tenendo conto che per ogni paziente sono coinvolti almeno 2-3 familiari, riguarda in Italia 4-5 milioni di persone coinvolte indirettamente dal disturbo depressivo.
La depressione determina inoltre conseguenze pesanti soprattutto sul versante lavorativo: secondo la recente ricerca IDEA (Impact of Depression in the Workplace in Europe Audit), che ha coinvolto in tutta Europa oltre 7000 adulti fra i 16 e i 64 anni, lavoratori e dirigenti, ben il 20% degli intervistati aveva avuto una diagnosi di depressione e il numero medio di giornate di congedo dal lavoro durante l’ultimo episodio di depressione era 36 giorni. E i problemi lavorativi si correlano anche al rischio doppio di disoccupazione, pensionamento anticipato, alla maggiore disabilità e all’alto rischio di vivere in condizioni di emarginazione e povertà. Tanto che un manager su 3 tra quelli intervistati ha ammesso di non avere risorse economiche o strumenti formali per affrontare il problema. A questo si aggiunge che, nonostante gli alti tassi di assenteismo a causa della depressione, 1 persona su 4 tra quelle affette ha dichiarato di non aver comunicato il proprio problema al datore di lavoro. Di queste, 1 su 3 ha motivato tale scelta con il timore di perdere il posto.
Da qui l’allerta di psichiatri e clinici: è necessario, anche dal punto di vista strettamente economico oltre che di salute pubblica, maggiore attenzione ad un fenomeno sociale che ha assunto dimensioni rilevantissime. Chiara in questo contesto, come sottolineato al Forum, la posizione dell’Organizzazione mondiale della sanità, secondo cui l’effetto del trattamento terapeutico di tutte le forme di depressione sui costi legati alla produttività del lavoratore fa ritenere che il risparmio generato da un minor assenteismo e da un maggiore rendimento lavorativo possa compensare le spese sostenute per il trattamento stesso. (ANSA).
Manuela Correra