Ciò che più meraviglia dell’attuale momento politico italiano e non solo è la quasi nulla reazione alla deriva culturale presa dall’attuale classe dirigente che fa da specchio alla realtà della nostra società. Si stanno dando per acquisiti alcuni concetti che fino a poco tempo fa si ritenevano assolutamente inaccettabili.
La cultura, la preparazione, la competenza non sono più valori assoluti, riferimenti analitici nei giudizi e nelle valutazioni. Uno dei più noti aforismi di Bertrand Russell recita: “Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi”. In altre epoche però, questa affermazione assumeva forma di denigrazione nei confronti di chi, su poche basi cognitive, poggiava sicurezze granitiche. Oggi, per contro, un devastante nichilismo sta smontando pezzo per pezzo i postulati della cultura moderna. Stiamo regredendo a forme di analisi addirittura pre socratiche fondate su dogmi e preconcetti. Si è totalmente eliminato dalle umane relazioni la virtù del dubbio. La politica che nasce da questa impostazione culturale è quella che consente a un politico di relativizzare qualsiasi argomento e decisione per adeguarla alla propria utilità del momento. Dando eguale valore all’opinione di chiunque, il tanto elogiato concetto dell’uno vale uno, si elimina la competenza, si umilia il valore culturale delle opinioni di chi poggia il proprio ragionamento su solide basi di conoscenza.
Nel mondo della comunicazione globale, dei talk urlati, dei social “l’ignoranza urla, l’intelligenza sorride e tace”. In psicologia questo fenomeno si definisce “Effetto Dunning-Kruger”, dal nome dei due studiosi che lo hanno analizzato dal punto di vista scientifico. E’ la conseguenza di quella che si definisce “sovrastimazione spontanea delle proprie competenze”, di cui l’Effetto Dunning-Kruger ci spiega i meccanismi. Volendo ridurre il concetto in estrema sintesi, si può affermare che si tratta di una distorsione cognitiva che causa, in persone con poca conoscenza di ciò di cui si sta trattando, una sopravvalutazione delle proprie abilità. Per contro, persone in possesso di un solido bagaglio culturale, risultano molto più insicure di chi non lo possiede.
Secondo questo studio, si tratta di un effetto cognitivo di chi, addentrandosi nei meandri della conoscenza si rende conto della vastità di ciò che rimane da conoscere. Di conseguenza, chi fa analisi precise e fondate di un fenomeno diventa via via più consapevole di quanti altri dettagli manchino alla sua panoramica. Per contro, chi poco sa, possiede poche idee ma confuse e quelle usa difendendole a spada tratta.
Nulla di nuovo sotto il sole si direbbe. Andando a ritroso si può, per l’appunto, tornare a Socrate, al V secolo prima dell’era volgare. E’ l’Atene di Pericle, della guerra del Peloponneso, dei Trenta Tiranni. L’insegnamento socratico risiede nella certezza che la propria forza si poggia sulla consapevolezza di quanto altro vi è da conoscere: “Saggio è colui che sa di non sapere”. Come dargli torto del resto? Saggio infatti è colui il quale, sebbene abbia ampliato enormemente la sua conoscenza, è umilmente consapevole del fatto che ci sono tante cose che egli non sa ancora e che forse mai saprà, in quanto non si finisce mai di imparare davanti alla vita che ci mette alla prova tutti i giorni e che ogni giorno ci riserva un insegnamento diverso, nuovo. Nessuno raggiungerà mai la Verità Suprema (sempre che essa esista).
“‘Il vero sapiente sa di non sapere. La verità non è insegnabile in quanto è un sapere dell’anima quindi va partorita autonomamente e rimessa in discussione. D’aiuto sono l’ironia, l’uso critico della ragione e il DIALOGO. Infatti è possibile la ricerca comune di una verità sempre provvisoria all’alterarsi dei presupposti. L’unica verità definitiva è un valore morale: il rispetto dell’interlocutore. Se non puoi amare il tuo prossimo, almeno rispettalo”.
Ora proviamo a traslare questi concetti sulla scena politica e sociale italiana. E’ evidente la regressione culturale. Ed è altrettanto evidente la supina accettazione di questa deriva da parte dei vari ambienti intellettuali italiani. Quasi che la parola intellettuale fosse un’offesa, un’onta l’essere plurilaureati così come ricordatoci dal simpatico neo rappresentante italiano all’UNESCO. Se l’ascensore sociale si è fermato è anche per questo, per non voler dare valore alla cultura come fattore di crescita. D’altra parte veniamo da decenni nei quali abbiamo sentito ministri ricordarci che “con la cultura non si mangia”.
Questo Paese si è seduto su se stesso, abbiamo finito per perdere motivazioni che solo l’impostazione filosofica socratica potrebbe darci, ingenerare dubbi, stimolare la conoscenza. Per Socrate ogni uomo doveva cercare in se stesso le proprie risposte. L’accento sull’individuo, l’appello alla ragione, il richiamo al libero pensiero critico hanno fatto di Socrate, non a caso, una minaccia per il potere costituito. La fine la conosciamo tutti. L’amaro calice questa volta però non lo berrà solo un filosofo visionario ma una intera nazione. La recessione economica attuale è la conseguenza della recessione culturale, del venire meno della spinta motivazionale di intere generazioni che hanno visto svanire i punti di riferimento tradizionali senza aver avuto la capacità di formarsene altri.
La motivazione è considerabile come l’insieme dei bisogni che sono alla base del comportamento umano e che rappresenta l’esito dell’agire, la spinta a cercare sempre migliori forme di espressione e, conseguentemente, migliori opportunità di elevazione anche economica.
In quella che chiamano psicologia questo concetto è ben spiegato da Abraham Maslow che con la sua celeberrima piramide definisce cinque momenti di sviluppo dell’essere umano attraverso i propri bisogni: fisiologia, sicurezza, appartenenza, stima e autorealizzazione. La parte bassa della piramide è occupata dai bisogni fisiologici che ci accomunano tutti. Man mano che si sale si assottiglia il numero di persone che salgono la piramide fino a diventare esiguo il numero di coloro i quali ambiscono alla realizzazione piena di se.
L’attuale situazione politica ci spinge a tornare indietro nelle categorie della piramide. Sempre più spinti dai bisogni materiali a chiuderci dentro il nostro “particulare”, a vedere il mondo con la lente della nostra esperienza personale. E’ l’opposto dell’insegnamento socratico, è la negazione della cultura come valore assoluto. Prima torneremo sulla strada della crescita culturale prima ritroveremo la strada per quella economica.