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Rafah, decine di palestinesi uccisi nella notte. Avviata l’evacuazione in vista della mattanza finale decisa da Itamar Ben Gvir. La speranza nella rivolta studentesca internazionale

Ufficialmente sono sedici le persone rimaste uccise a Rafah in un attacco delle forze armate israeliane, che hanno ha iniziato a chiedere ai palestinesi di evacuare i quartieri orientali della città, quelli vicini al confine con lo Stato ebraico, in vista di un’offensiva pianificata nell’area meridionale della Striscia di Gaza. Lo riporta Times of Israel precisando che i civili sono stati chiamati a spostarsi in una zona umanitaria ampliata nelle aree di al-Mawasi e Khan Younis.

Le Forze di difesa di Israele (Idf) hanno lanciato volantini per ordinare ai palestinesi che si trovano nella città di Rafah nel sud della Striscia di Gaza di spostarsi “verso l’area umanitaria di Al Mawasi”. Lo si apprende dal canale Telegram delle Idf, in cui si aggiunge che i residenti sono stati avvertiti anche con sms, telefonate e trasmissioni dei media in arabo. “Le Idf stanno per operare con forza contro le organizzazioni terroristiche nell’area in cui risiedete attualmente, come ha fatto finora. Chiunque si trovi nell’area mette in pericolo se stesso e i propri familiari”, si legge sui volantini. Le autorità israeliane hanno più volte annunciato un’operazione di terra a Rafah, nonostante il parere avverso della comunità internazionale e degli Stati Uniti. Nella città meridionale, al confine con l’Egitto, sono infatti ammassati circa 1,5 milioni di palestinesi fuggiti da altre zone della Striscia e si teme che l’invasione delle Idf posso provocare un elevato numero di vittime civili.
Nel frattempo, le Idf hanno bombardato ieri sera un edificio dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente (Unrwa) nella Striscia di Gaza. Lo ha riferito l’emittente televisiva di Stato israeliana “Kan”, secondo cui le Idf hanno bollato l’edificio come un “centro di comando militare” dell’organizzazione islamista palestinese Hamas. Secondo i media arabi, ieri le forze israeliane hanno bombardato anche due scuole di Gaza dove avevano trovato rifugio profughi palestinesi, causando un numero imprecisato di vittime civili. Secondo le autorità sanitarie palestinesi, quasi 34.700 civili palestinesi hanno perso la vita dall’inizio della Guerra a Gaza, in maggioranza donne e bambini, e circa 78mila sono rimaste ferite.

Due eventi hanno ottenuto il maggior numero di post sui social israelo-palestinese. Una è la questione politica di Israele e la seconda sono le manifestazioni pro Gaza in giro per il mondo. 

Il quotidiano Ma’ariv semplifica la questione commentata sui social: “C’è un nuovo primo ministro in “Israele” Itamar Ben Gvir”. Secondo la testata israeliana Benjamin Netanyahu è diventato il servitore di Itamar Ben Gvir.

Il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir è comparso qualche giorno fa davanti alle telecamere mentre lasciava l’ufficio del Primo Ministro, e ha annunciato in tono inequivocabile: “Ho avvertito il Primo Ministro che entreremo a Rafah, né faremo un accordo illegale”.

Il Primo Ministro ha ascoltato le parole e ha promesso che “Israele” sarebbe entrato a Rafah, e ha promesso che la guerra sarebbe continuata, e ha promesso che non ci sarebbero stati accordi illegali. I critici di Benjamin Netanyahu affermano che: “Queste parole e il tono di voce non lasciano spazio a dubbi nel cuore di ogni ascoltatore. C’è un nuovo primo ministro nello Stato di Israele”.

Netanyahu, nonostante le tensioni interne al suo governo sa cosa vuole la maggioranza della gente: il rilascio dei prigionieri, e sa anche cosa è importante e utile per la gente. Ma segue sempre ciò che Ben Gvir e Bezalel Smotrich, chiedono perché questo è ciò che è politicamente positivo per Netanyahu. 

Più delicata e sensibile l’ondata di proteste che sta caratterizzando il sostegno a Gaza contro Israele. On line si scrive di tutto, qualcuno ha affermato anche che dietro c’è George Soros. Quello che sicuramente va evidenziato, soprattutto per gli Stati Uniti che negli ultimi 20 anni la migrazione palestinese verso gli States è stata importante e i figli di quelle famiglie sono molto sensibili al tema. E nonostante le contro proteste filo israeliane la narrativa pro Gaza vince e buca gli schermi di tutto il mondo.

A essere coinvolte le università di Canada, Stati Uniti, Messico, Regno Unito, Europa, inclusa al Svizzera e Giappone tutte con messaggi simili ma diversi nei contenuti. A Londra chiedono all’università di ritirare i propri investimenti dalle istituzioni israeliane. In Italia chiedono di interrompere gli scambi culturali e formativi con studenti di Israele. A Parigi annunciano uno sciopero della fame per protestare contro la guerra a Gaza. L’Università di Toronto è testimone di grandi manifestazioni a sostegno del popolo palestinese e del suo diritto a resistere a Israele, e condanna la guerra a Gaza. Le università di Tokyo, Sofia, Tama Art, Christian International e Hiroshima in Giappone si uniscono al movimento studentesco globale a sostegno del popolo palestinese. Negli Stati Uniti sono un centinaio le università coinvolte nelle proteste, la polizia americana ha arrestato circa 2.200 studenti dei campus universitari durante le proteste pro Gaza.

 

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