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Zelensky stretto dal fuoco amico di militari e politici ucraini. Si fanno sempre più seri i problemi nella gestione dei rapporti economici con gli stati confinanti

Funzionari ucraini domenica hanno avviato un’indagine sulle accuse secondo cui le forze russe avrebbero ucciso soldati ucraini che si arrendevano – un crimine di guerra se confermato – dopo che filmati sgranati sui social media sembravano mostrare due uomini in uniforme colpiti da colpi di arma da fuoco a distanza ravvicinata dopo essere usciti da una panchina.

Il video mostra i militari, uno di loro con le mani alzate, che escono sotto la minaccia di una pistola e si sdraiano a terra prima che un gruppo di truppe russe sembri aprire il fuoco. Non è stato possibile verificare immediatamente l’autenticità del video o le circostanze in cui è stato girato, e non è chiaro quando sia avvenuto l’incidente. In realtà di chiaro in Ucraina resta ben poco.

Stando all’analisi del prof. Francesco Dall’Aglio, al di là dell’ovvia constatazione che la controffensiva ucraina si è totalmente esaurita senza portare frutti, l’iniziativa sembra definitivamente passata in mano russa. Negli ultimi giorni sono passati sotto controllo russo, totale o parziale, Khromovo (sobborgo occidentale di Bahmut) e Marinka (a sud-ovest di Donetsk, dove il fronte non si era mosso dall’inizio del conflitto), mentre Stepove (a nord di Avdiivka) è diventato “zona grigia” dopo che sono state prese le trincee a sud e a nord del villaggio. Più a nord, le FFAA russe sono avanzate a est di Kreminna in direzione di Terny e, ancora più a nord, hanno preso l’altura di Timkovka (a ovest di Orlyans’ke, nell’oblast’ di Kharkiv). L’unico luogo dove le FFAA ucraine mantengono un minimo di iniziativa è Krynky, dove c’è la “testa di ponte” sulla sponda orientale del Dneper, ma anche lì non si registrano avanzate e l’intera operazione sembra, a dir poco, velleitaria. Infine, nonostante la disastrosa tempesta del 27 novembre che aveva danneggiato le difese del porto di Sebastopoli, cosa prontamente rilevata sia dai satelliti che dagli aerei-spia NATO, non si è verificato alcun attacco di missili o droni.

Le ragioni di queste avanzate russe (non parliamo, ovviamente, di chilometri) possono essere molte, spiega Dall’Aglio: le due principali sono il degradarsi progressivo delle linee di difesa ucraine e, probabilmente, una serie di ritirate su posizioni più difendibili. Del resto, la strategia ucraina si è spostata sulla difesa: Zelensky ha annunciato che ora la priorità è il potenziamento delle linee difensive già esistenti nei vari settori del fronte e la costruzione di nuove fortificazioni al confine con la Russia e la Bielorussia. Il piano è strategicamente sensato, ma bisognerà vedere se sarà possibile portarlo a termine non solo per l’ovvio disturbo che verrà portato dall’aviazione e dall’artiglieria russa, ma anche per le carenze di personale, materiali ed equipaggiamento.

Dopo il fallimento della controffensiva, la leadership ucraina peraltro ora deve risolvere il conflitto insolubile tra i suoi obiettivi politici e mezzi militari inadeguati a raggiungerli. Nel frattempo, va in scena una lotta di processi, rimozioni e insinuazioni tra il presidente e i suoi generali  In Ucraina le differenze nell’approccio alla guerra contro la Russia tra il presidente, Volodymir Zelensky, ed il comandante in capo delle AFU (Forze Armate dell’Ucraina, ndr), Valerii Zaluzhnyi (foto), erano emerse fin dalle fasi finali della battaglia di Bakhmut. Ma il premier ucraino non deve vedersela solo con i militari. Adesso Zelensky viene accusato di autoritarismo e addirittura quasi paragonato al suo peggior nemico, Vladimir Putin, dal suo stesso entourage. Protagonisti delle critiche sono stati l’ex presidente Petro Poroshenko e il sindaco di Kiev Vitali Klitschko. All’ombra delle imputazioni nei confronti di Zelensky ci sono le elezioni, tecnicamente in programma nel marzo 2024, che il leader ucraino ha lasciato intendere verranno rimandate per “non disintegrarsi” nelle polemiche politiche.

Attriti che stanno venendo a galla, con un’unità nazionale ormai sfilacciata e fiaccata da ventidue mesi di guerra, oltretutto in una situazione di grande tensione tra gli stessi vertici politici e le gerarchie militari a causa del fallimento della controffensiva. Il casus belli dello scontro con Poroshenko – uno che aveva giurato in diretta televisiva, con un kalashnikov corto in mano, “resisteremo per sempre” – è stata la decisione di impedirgli di lasciare l’Ucraina. L’ex presidente è stato fermato dalle guardie di frontiera perché aveva intenzione di incontrare il primo ministro ungherese Viktor Orbán, secondo quanto riferito dalla Sbu, i servizi di sicurezza di Kiev. Poroshenko, al potere dal 2014 al 2019 e sconfitto alle ultime elezioni proprio da Zelensky, aveva programmato una serie di incontri di alto livello all’estero, anche negli Stati Uniti, ma venerdì ha detto che il suo viaggio doveva essere annullato perché era stato respinto alla frontiera.  Poi c’è il mistero del tentato avvelenamento della moglie di Budanov (anche lui sospettato di far parte della fronda anti-Zelensky) e le dimissioni di Natalya Gumenyuk, la portavoce del gruppo Sud delle FFAA ucraine, per motivi ignoti. Una situazione effervescente, e visto come stanno andando le cose non poteva che essere così.

Oggi (4 dicembre) si tiene a Bruxelles la riunione del TTEC (Transport, Telecommunications and Energy Council), e la Polonia ha annunciato che richiederà la reintroduzione dei visti d’ingresso per gli autotrasportatori ucraini. Dopo l’agricoltura, dunque, il governo polacco si fa capofila per la fine del regime speciale concesso all’Ucraina anche per i trasporti, perché i danni che l’economia dei paesi UE dell’Europa orientale stanno subendo stanno diventando insostenibili. 

Al di là dei singoli eventi, quindi, ciò a cui stiamo assistendo ora è:
  1. – perdita dell’iniziativa militare da parte ucraina, forte pressione con avanzate limitate ma continue da parte russa su tutto il fronte orientale;
  2. –  acuirsi del dibattito politico interno alla leadership ucraina;
  3. – problemi serissimi nella gestione dei rapporti economici tra Ucraina e stati confinanti, con potenziali ripercussioni sul percorso di accesso all’Unione Europea.

 

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