Attualità

Senza stato sociale. Quando la disperazione trova rifugio nelle caserme dei carabinieri

Delusioni, lutti, separazioni, problemi materiali. E poi, immancabilmente, arrivano le festività che acuiscono il disagio di chi è solo. Solo, non di rado, con la depressione che t’imprigiona, senza soldi e uno straccio di rapporto umano.
Nell’Alta Terra di Lavoro, un uomo combatte anche contro il freddo e la fame, dopo aver perso i genitori e il fratello. A casa non ha più cibo né riscaldamento. Disperato, si rivolge ai Carabinieri della Compagnia di Pontecorvo, in provincia di Frosinone, che lo accolgono in caserma e gli procurano generi alimentari di prima necessità.
“Ancora un esempio – si auto compiacciono così i militari sui social – di come i nostri presidi siano per i cittadini un luogo inclusivo dove trovare ascolto, aiuto e vicinanza”.  Parole, forse, un tantino esagerate. Senza negare l’umanità che contraddistingue molti (certamente non tutti) carabinieri durante le loro funzioni in strada, meglio probabilmente sarebbe se si occupassero di sicurezza e prevenzione per evitare tragedie come quella accaduta a Padova nei giorni scorsi. 

Tre immigrati, senza nome, senza niente, sono morti per le esalazioni di monossido di carbonio del fornellino che avevano acceso dopo essere penetrati all’interno dell’ex istituto per ciechi Configliachi, abbandonato da 13 anni nel quartiere più popoloso e multietnico della ricca città del Santo. Anche il sindaco di Padova Sergio Giordani è rimasto colpito dalla morte dei tre giovanissimi in un luogo degradato proprio al quartiere dell’Arcella, dove il Comune ha investito molto nella riqualificazione: «Sono rimasto sconvolto anche come padre e nonno oltre che come sindaco. Facciamo il massimo ogni giorno per costruire una città con reti di protezione solide contro povertà, degrado e marginalità, sempre con l’aiuto indispensabile del terzo settore delle parrocchie e di tanta brava e generosa gente che si impegna volontariamente».

Questa tragedia è una sconfitta?
«Lo è per tutti, non va strumentalizzata e ci dice come l’impegno deve proseguire con sempre più intensità. Il fenomeno delle migrazioni anche irregolari esiste ed esisterà, noi sindaci lo sappiamo bene e penso che tutti dovremmo fare uno sforzo di umanità e consapevolezza interrogandoci su come evitare che ragazzi così giovani che vengono in Italia poi finiscano in brutti giri, che li usano in maniera cinica costringendoli a condizioni disumane come quelle che abbiamo visto, spingendoli magari anche a non servirsi dei tanti strumenti che mettiamo in campo per l’accoglienza invernale in luoghi sicuri e protetti».

Storie di miseria, solitudine nonché malattia mentale che inondano quotidianamente la cronaca arricchita da bilanci e dati sulla nuova povertà che morde, con buona pace delle orgogliose dichiarazioni dei politici, sempre più la nostra società. In città come in provincia. Senza reddito di cittadinanza, presidi sanitari, senza un efficiente stato sociale restano solo i porticati delle parrocchie e le caserme dei carabinieri a contenere la disperazione di tanti. Questo il volto disfatto della nostra civiltà in forte regressione sia economica che umana.

Per meglio comprendere la portata dei dati è utile parlare di incidenza della povertà assoluta sia tra le famiglie italiane che tra i singoli individui. L’incidenza è rapporto tra il numero di famiglie con spesa media mensile per consumi pari o al di sotto della soglia di povertà e il totale delle famiglie residenti. Per quanto riguarda l’incidenza della povertà assoluta in termini di individui, nel 2021 i dati fanno segnare un miglioramento marcato al Nord, dove diminuisce dal 2020 al 2021 dal 9,3% all’8,2% (risultato della diminuzione nel Nord-ovest dal 10,1% all’8,0% e della sostanziale stabilità nel Nord-est dall’8,2% all’8,6%) con valori tuttora distanti, però, da quelli assunti nel 2019. Sono così oltre due milioni 200 mila i poveri assoluti residenti nelle regioni del Nord contro due milioni 455 mila nel Mezzogiorno.

Anche per quanto riguarda l’incidenza della povertà assoluta sulle famiglie italiane, il Nord fa segnare dei miglioramenti, mentre la situazione peggiora al Sud. A conti fatti, però, le famiglie povere risultano equamente distribuite sul territorio italiano. “Nel 2021, l’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (10,0%, da 9,4% del 2020) mentre scende in misura significativa al Nord (6,7% da 7,6%), in particolare nel Nord-ovest (6,7% da 7,9%) – si legge nell’ultimo rapporto Istat -. Tra le famiglie povere, il 42,2% risiede nel Mezzogiorno (38,6% nel 2020), e il 42,6% al Nord (47,0% nel 2020). Si ristabilisce dunque la proporzione registrata nel 2019, quando le famiglie povere del nostro Paese erano distribuite quasi in egual misura fra Nord e Mezzogiorno”.

Il dato più allarmate dell’ultimo report dell’Istat sulla povertà, invece, è quello che riguarda i minori in povertà. Secondo l’Istituto di statistica, nel 2021 in Italia c’erano un milione e 382 mila bambini, un dato in aumento rispetto al 2020 e il più alto degli ultimi otto anni. “Nel confronto con il 2020 le condizioni dei minori sono stabili a livello nazionale, ad eccezione del peggioramento osservato per i bambini dai 4 ai 6 anni (15,4% dal 12,8%), in particolare nel Centro, dove, nella stessa classe di età, l’incidenza passa al 13,2% dall’8,3% (in generale per i minori del Centro peggiora l’incidenza passando all’11,4% dal 9,5%). Seppur sostanzialmente stabili gli altri valori restano distanti da quelli registrati nel 2019”, si legge nel report.

Le ultime stime risalgono al 2014, grazie alla seconda indagine sulla condizione delle persone che vivono in povertà estrema, frutto di una convenzione tra Istat, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Federazione italiana degli organismi per le persone senza dimora (fio.PSD) e Caritas Italiana. Secondo lo studio, sono 50 mila 724 le persone senza dimora che, nei mesi di novembre e dicembre 2014, hanno utilizzato almeno un servizio di mensa o accoglienza notturna nei 158 comuni italiani in cui è stata condotta l’indagine. Ovvero il 2,43 per mille della popolazione iscritta presso i comuni considerati dall’indagine. Un valore in aumento rispetto a tre anni prima, quando era il 2,31 per mille (47 mila 648 persone). Stabile rispetto al 2011 la presenza di persone senza dimora nelle regioni del Nord-ovest (38 per cento), del Centro (23,7 per cento) e delle Isole (9,2 per cento). In diminuzione nel Nord-est (dal 19,7 al 18 per cento), contro l’aumento nel Sud (dall’8,7 all’11,1 per cento). Si tratta per lo più di uomini (85,7 per cento), stranieri (58,2), con meno di 54 anni (75,8).

 

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