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Ospedale Gaza, 50 morti dopo un raid su una scuola. Le testimonianze delle mamme che lavorano con Save the children

Un bombardamento su una scuola a Gaza ha provocato almeno 50 morti. Lo ha annunciato il direttore di un ospedale della Striscia, spiegando che nella struttura sono arrivati 50 corpi. Il direttore dell’ospedale al-Shifa, il più grande della Striscia di Gaza, ha detto di aver ricevuto “una cinquantina di corpi dopo il bombardamento di venerdì mattina di una scuola” a Gaza City, dove si rifugiano numerosi sfollati.
    “Numerosi carri armati (israeliani) stazionano a 200 metri dalla scuola al-Bouraq in al-Nasr Street e circondano quattro ospedali della zona”, ha riferito il governo di Hamas.

Nel video: palestinesi lasciano l’ospedale di Al hifa a Gaza City mentre la prima foto mostra Rua Haniyeh. La foto cerchiata come obiettivo eliminato viene così commentatata in italiano da un presunto ex consulente dei servizi israeliani: “nipote di Ismail Haniyeh leader dell’ufficio politico dell’organizzazione terroristica di Hamas, che vive in Qatar, assassino di neonati, bambini, donne e anziani, è stata eliminata ❌ in un attacco dell’ IDF a Gaza. Nella seconda foto il poster con il ritratto di Abu Ubeida, portavoce dell’ala militare di Hamas appeso a Istambul. La terza foto immortala invece la scritta “Slava Ukraïni!” ad opera dei soldati dell’IDF nella Striscia di Gaza.

Decine di migliaia di residenti nella parte settentrionale della Striscia di Gaza, ripresi dall’agenzia russa Tass, si stanno dirigendo verso il sud dell’enclave lungo il percorso indicato dall’esercito israeliano. Lo riferisce l’Ufficio per il coordinamento delle attività del governo israeliano nei territori palestinesi.

La dichiarazione sottolinea che le forze di difesa israeliane hanno aperto il corridoio di evacuazione per il sesto giorno.

Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare i bambini e le bambine a rischio e garantire loro un futuro, ha raccolto alcune testimonianze di donne, madri ma anche operatrici dell’Organizzazione, che ogni giorno stanno affrontando le difficoltà quotidiane e le paure di tutti gli abitanti di Gaza, dopo l’escalation che continua dal 7 ottobre.

“Mentre scrivo questo messaggio, mio figlio sta dormendo sulle mie ginocchia, non riesco a lasciarlo solo perché è sempre spaventato. Il mio cuore va a coloro che hanno perso i loro cari e le loro case… Anche noi stiamo aspettando il nostro turno. Viviamo nella costante paura dell’ignoto e le nostre condizioni di vita sono molto difficili, anche se il grado di sofferenza varia da persona a persona”, ha raccontato Samar, che lavora con Save the children ed è madre di tre bambini, tutti hanno meno di sette anni e il più piccolo ne ha solo due. “Non abbiamo accesso all’acqua potabile e il cibo scarseggia. Non sappiamo nemmeno come faremo a provvedere ai bisogni dei nostri figli. La situazione peggiora di giorno in giorno, perché siamo costretti a comprare la farina a un prezzo quattro volte superiore a quello normale e diventa sempre più difficile trovarla. Abbiamo perso le nostre case e tutti i nostri beni; non sappiamo dove andare. Mi spezza il cuore vedere i bambini affamati e mi sento impotente sapendo di non poter provvedere ai loro bisogni. Lavarsi è diventato un lusso e so che i miei colleghi sfollati nei rifugi pubblici soffrono ancora di più”, conclude.

“Oggi mia figlia mi ha chiesto delle persone che partono attraverso il valico di Rafah. Le ho spiegato che hanno la cittadinanza di altri Paesi. È corsa a prendere il suo salvadanaio, che conteneva 50 shekel (12 dollari), e mi ha pregato di comprarle una cittadinanza. La situazione è molto difficile. Sono esausta”, ha detto Raida, che lavora per l’Organizzazione ed è madre di tre figli, tutti hanno meno di 16 anni, il più piccolo ne ha nove.

Razan, è nonna di 2 bambini con meno di sei anni. Lavora per Save the Children e ha viaggiato fuori Gaza prima del 7 ottobre e non può tornare dalla sua famiglia: “Parlo con mia figlia e mi dice che i suoi figli non riescono più a sopportarlo. Urlano in continuazione. Che Dio dia a tutti la pazienza. La situazione è davvero insopportabile”. “I bambini si esprimono urlando. Anche mia figlia ha paura, vuole che i suoi figli restino accanto a lei. Ha paura che ci sia un attacco aereo mentre loro sono lontani da lei. Ma le ho detto di non limitarli e di cercare di stare sempre con loro. Le ho detto di abbracciali, di parlare e giocare con loro. E se Dio vuole, questa situazione finirà bene”. (Dire)

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