Mondo

Smascherare Hamas seguendo le tracce d’odio che portano all’Eni

Dietro le quinte di Hamas c’è un mondo che andrebbe compreso per non perdersi tra gli odiatori della domenica.
Tra Israele e il popolo palestinese si intravede infatti, neanche tanto nascosto, l’eterno conflitto tra Usa e Iran. Il motivo per il quale questi due Paesi continuano a combattersi è da ricercare in una disputa che risale al 1953 quando l’agenzia di intelligence statunitense Cia, insieme al MI-6 britannico, organizzò un colpo di stato in quel Paese. Quei servizi rovesciarono il primo ministro eletto, Mohammad Mossadeq che aveva intenzione di nazionalizzare le compagnie petrolifere, e riportarono al potere lo scià Reza Pahlavi dell’Iran.

Chi ne giovò maggiormente (ed era la ragione ultima del colpo di stato) furono le compagnie petrolifere americane e inglesi (le cosiddette “Sette Sorelle”) le quali approfittarono, a man bassa, del commercio di greggio iraniano per molto tempo a venire.

Inizia così la storia di quel Paese con gli Usa che rovesciano un governo eletto in un momento in cui non vi erano guerre in corso. Purtroppo non sarà l’ultimo. Chi tentò di scardinare il potere delle compagnie petrolifere anglosassoni fu Enrico Mattei allora presidente dell’Eni. Secondo il suo progetto l’Italia avrebbero costituito una società al 50 per cento con l’ente petrolifero iraniano, la quale avrebbe riconosciuto il 50% delle royalties allo Stato iraniano ed il restante 50% diviso equamente tra l’Eni e l’ente nazionale petrolifero iraniano (National Iranian Oil Company, Nioc) oltre alla partecipazione tecnologica diretta nelle attività di ricerca e di estrazione degli idrocarburi. L’accordo fu siglato il 14 marzo 1957 tra Eni e Nioc. L’8 settembre 1957 le due società fecero nascere la Sirip (Società Irano-Italienne des Pétroles).

Inutile dire che il lavoro di Enrico Mattei dette fastidio alle “Sette Sorelle”, le quali intravvedevano il pericolo di una destabilizzazione dell’approvvigionamento petrolifero dal Medio Oriente e, soprattutto, il rischio di indebolimento della propria posizione di cartello. Come finì lo sappiamo tutti, Mattei morì il 27 ottobre 1962 in un incidente aereo. La rivoluzione iraniana del 1978-79 che portò il 1° febbraio 1979 l’Ayatollah Ruhollah Khomeini al potere si può dire sia stata la risposta al colpo di stato degli Usa in Iran di ventisei anni prima.

L’atto più imperdonabile per il prestigio statunitense fu, però, la crisi dell’ambasciata Usa di Teheran. Un gruppo di Pasdaran della rivoluzione capeggiati dal futuro presidente della Repubblica Islamica dell’Iran Mahmud Ahmadinejad tenne in ostaggio 52 cittadini americani per più di un anno (4 novembre 1979-20 gennaio 1981). L’atto portò alla rottura delle relazioni diplomatica su iniziativa di Washington.

Gli Stati Uniti hanno mantenuto, in tutta questa situazione, un atteggiamento ambiguo. Ancor prima della Rivoluzione, la diplomazia statunitense aveva contatti con il gruppo khomeinista, compreso lo stesso ayatollah. Ma contemporaneamente, nel novembre 1979, allo scià fu permesso di essere accolto negli Usa per cure, cosa che irritò i già sospettosi rivoluzionari iraniani, i quali temevano che l’intelligence americana stesse tramando per farlo tornare al potere come fece nel 1953 al tempo di Mohammad Mossadeq. La crisi dell’ambasciata e la presa degli ostaggi fu una conseguenza di questi eventi.

Da quegli eventi nasce una rivalità che ha messo Usa e Iran di fronte in più occasioni, compresa l’annosa questione dell’arricchimento dell’uranio da parte delle autorità sciite con intenti ufficialmente civili ma denunciati dagli Usa come un tentativo di dotarsi di ordigni atomici. Il più volte proclamato progetto di cancellare lo stato di Israele dalla scena medio orientale da parte di tutti i leader iraniani ha fatto il resto.

Ancora una volta, per comprendere le ragioni dei contrasti, delle politiche e delle violenze presenti nell’area bisogna andare indietro di alcuni decenni. Ricomporre il puzzle non è facile specialmente se le analisi invece che su un piano storico si basino sull’ultimo evento in ordine di tempo. Al posto dei leader attuali ci vorrebbero statisti di ben altro spessore che però, al momento non si vedono all’orizzonte.

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