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A Kinshasa, Mélenchon afferma la sua “fraternità” con la Repubblica Democratica del Congo contro gli “abusi” del Ruanda

A seimila chilometri da Parigi, lontano dai dibattiti che dilaniano la sinistra francese, Jean-Luc Mélenchon ha iniziato martedì 24 ottobre un tour di sei giorni nella Repubblica Democratica del Congo (RDC). Questa visita, la seconda nel continente africano in meno di un mese, dopo essersi recato in Marocco – si è dedicato a sostenere le autorità congolesi di fronte alle “mire espansionistiche” del Ruanda.

“Gli europei, spesso abituati a dare consigli agli altri, devono mostrare umiltà di fronte a un mondo così nuovo nel dinamismo, mentre noi, la vecchia Europa, siamo un po’ più lenti a capire”, ha dichiarato il fondatore della France Insoumise (LFI) al suo arrivo a Kinshasa. Non doveva quindi fornire consigli, ma alcune certezze, che Mélenchon ha ripetuto sullo sfondo di marmo bianco e rosa della sala dei banchetti dell’Assemblea nazionale congolese.

Giovedì pomeriggio ha parlato davanti ad un pubblico selezionato di una ventina di parlamentari, tra cui membri dell’ufficio di presidenza dell’Assemblea e presidenti delle commissioni parlamentari. “L’Africa non rientra nel futuro dell’umanità, è il futuro, voi siete il futuro”, ha proclamato, sottolineando la giovinezza della popolazione del continente e la sua forza numerica.

Emmanuel Macron non è mai stato criticato per nome, come è consuetudine per una figura politica francese all’estero, ma è a lui (e alla Meloni) che si è rivolto Mélenchon quando ha ripetuto che non intendeva “dare consigli”. Durante una visita a Kinshasa il 4 marzo, nell’ambito di un tour dell’Africa centrale, il presidente francese aveva offeso il suo pubblico su un argomento esplosivo: la responsabilità del Ruanda nella crisi in corso nell’est della RDC negli ultimi 30 anni.

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