Editoriale, Politica

All’armi, siam fascisti, mafiosetti, indifferenti e mediocri. Ci alterniamo al governo e all’opposizione. Buon 25 aprile a tutti e tutte. E agli indecisi

Chissà come ce lo immaginavamo il fascismo 2.0. Ancora con le adunate a Piazza Venezia, i sabati militanti e magari le scorribande dei manipoli di reduci. Il fascismo del secondo millennio non farà nulla di tutto ciò, non serve, sarebbe inutile e controproducente. I nostalgici dell’italico impero sanno benissimo quali colonie occupare. Non le calde spiagge del Corno d’Africa o le fresche alture albanesi ma le inquinate e caotiche vie intorno a Saxa Rubra e viale Mazzini o gli eleganti uffici della Leonardo Spa.

Il fascismo dei colletti bianchi trova labili resistenze nel “deep state” del nostrano polveroso apparato burocratico, alla fine basta accontentare anche qualche riottoso burocrate e il gioco è fatto. L’Italia è un Paese di destra con una forte componente fascista, neofascista o post fascista che dir si voglia. L’arco costituzionale che distingueva con nettezza tra i vinti e i vincitori della guerra si è sgretolato a partire dal primo governo Craxi fino a dissolversi come neve al sole con l’avvento di Silvio Berlusconi.

Foto Mauro Scrobogna/LaPresse
13-10-2022 Roma (Italia) Politica – Senato prima seduta della XIX legislatura – elezione Presidente – Nella foto: il leader di Forza Italia FI Silvio Berlusconi con Ignazio La Russa
10-13-2022 Rome (Italy) Politics – Senate first session of the 19th legislature – President election – In the photo: Forza Italia FI leader Silvio Berlusconi con Ignazio La Russa

Da allora essere fascisti è diventato uno status rispettabile alla stregua del definirsi interisti, romanisti o juventini. La resistenza del popolo italico a questo passaggio più formale che sostanziale è stata assolutamente nulla, il fascismo è entrato nel corpo sociale di questo Paese come una lama nel burro. L’antifascismo non è più un valore riconosciuto dalla maggioranza delle persone, non costituisce un discrimine politico, non smuove un solo voto.

Nell’ultimo fine settimana in Basilicata ha vinto la destra, questa destra con tutte le sue componenti fasciste e questo a dispetto delle polemiche sulle censure in televisione, delle repressioni del dissenso nelle piazze, delle minacce ai diritti civili (primo fra tutti l’attacco al diritto di aborto con le recenti disposizioni sui consultori). Ha vinto la destra perché evidentemente, per gli abitanti di quella regione il governatore uscente ha ben governato e perché l’alternativa proposta dalle varie componenti dell’opposizione non è stata ritenuta migliore. Punto. Non c’è alcuna ragione per pensarla diversamente, il popolo sovrano decide sui propri destini e il popolo della Basilicata ha deciso di continuare ad essere governato dall’attuale maggioranza.

L’antifascismo, da solo, non porta voti, come si è sempre detto? Piazze piene, urne vuote. E’ inutile chiedere di definirsi antifascisti a chi ha il busto di Mussolini sul comodino. Come potrebbe abiurare chi ha sempre partecipato a quel rito salvifico che è il raduno dei Acca Larentia con tanto di deposizione della corona di alloro salutato da una selva di braccia tese? Non possono farlo per coerenza e per opportunità, le origini sono troppo chiare, il padre politico dell’attuale capo del governo è stato un uomo troppo legato all’esperienza di Salò perché possa dire “scusate ci siamo sbagliati avevano ragione i partigiani”. E a che pro poi, senza fare troppi distinguo e nessuna critica al vecchio regime è arrivata dove è arrivata, l’anno votata per quello che è, per quello che propone, per l’idea di patria che ha in testa.

L’hanno votata indirettamente anche tutti quei nobili antifascisti che riempiranno le piazze il 25 aprile e che per purezza ideologica non sono andati a votare pur sapendo che questa loro decisione avrebbe portato una fascista o post fascista che dir si voglia al governo. Il rito della sfilata serve al più per ritrovarci, per dirci che ci siamo ancora, per onorare formalmente chi ha dato la vita per opporsi ai padri e ai nonni dell’attuale premier. Nella sostanza avremmo dovuto ricordarli applicando la Costituzione, rendendo vivo questo documento nella pratica politica quotidiana. Invece abbiamo noi, si, abiurato alle nostre idee di giustizia sociale, di libertà, di uguaglianza di fronte alla legge.

La sinistra, nelle sue esperienze governative e anche in alcune esperienze amministrative, ha fallito. Non solo non è riuscita a dare un’alternativa alle politiche delle destre ma ha prodotto un arretramento sul piano dei diritti, della politica internazionale, sull’assetto costituzionale. Il “jobs act” ha rappresentato un arretramento nel campo delle garanzie sul lavoro, una sistematica precarizzazione delle posizioni lavorative e un indebolimento esiziale delle dinamiche sindacali.

Il “Memorandum” che ha dato alla criminalità libica mezzi e libertà operative nel contrasto all’immigrazione condannando migliaia di povere persone alla detenzione nei lager libici è stato un crimine contro l’umanità al pari dell’assistenza negata ai naufraghi di Cutro. Gli effetti della riforma del Titolo quinto della Costituzione approvata nell’ultimo giorno di legislatura con un solo voto di maggioranza e unicamente per scopi elettorali ha dato prova di quanto fosse deleteria durante la pandemia quando a decidere sulle politiche sanitarie erano le regioni, ognuna per proprio conto e, spesso, in contrasto tra loro e con il governo centrale.

L’antifascismo si cominci a farlo partendo dalla buona politica, dall’onestà e dalla ottemperanza a quei principi di umanità, solidarietà e internazionalismo che sono tipiche colonne portanti di una ideologia di sinistra. E adesso, con queste e altre riflessioni in testa, ritroviamoci in piazza perché comunque questa ricorrenza è la più divisiva che ci sia: da una parte i fascisti, dall’altra tutti gli altri. E buon 25 aprile a tutti e tutte.

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