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C’era una volta la Palestina

cartinapalQualche giorno fa gli Stati Uniti si sono astenuti sulla risoluzione delle Nazioni Unite che chiedeva a Israele di interrompere la colonizzazione dei territori palestinesi. E’ un fatto nuovo nella politica estera a stelle e strisce. Normalmente la simbiosi tra nord americani e Israele è totale. La lobby ebraica ha un enorme peso nella vita politica ed economica degli USA. Ciò nonostante questa decisione non avrà nessuna conseguenza ne sul piano internazionale ne su quello interno, si tratta semplicemente di un ipocrita sgarbo istituzionale dell’impalpabile primo presidente nero verso il suo razzista successore.

La politica estera di Obama non verrà ricordata per efficacia e lungimiranza specialmente in Medio Oriente. Si è astenuto dal prendere posizioni sulle prime crisi che poi, incontrollate, sono degenerate nel calvario di Aleppo e della Siria intera come ci è dato di vedere in questi giorni. In Afghanistan si è dovuto piegare alla cruda realtà venendo meno ad uno dei suoi mirabolanti propositi elettorali: ritirare le truppe entro la fine del 2014. Ha preso atto che la guerra continua come e più di prima e stiamo ora entrando drammaticamente nel 16mo anno di questo inutile e insensato conflitto che ha come unico sbocco la trattativa con i talebani e il loro ritorno a Kabul. Abbiamo iniziato nel 2001 questa “guerra” al terrorismo e brindiamo al nuovo anno con le nostre città blindate come non si vedeva dai tempi della seconda guerra mondiale.

Tornando ad Israele e a questa ennesima risoluzione nulla cambierà. Mai, questo Paese e la sua classe dirigente, hanno rispettato le precedenti, perché mai dovrebbero farlo ora.  Dal 1947 ad oggi sono 70 per l’esattezza. Tanto per dare un esempio vediamone alcune.

– Assemblea Generale risoluzione 194 (1947): profughi palestinesi hanno il diritto di tornare alle loro case in Israele;

– Risoluzione 106 (1955): Condanna Israele per l’attacco a Gaza;

– Risoluzione 111 (1956): condanna Israele per l’attacco alla Siria, che ha ucciso cinquanta-sei persone;

– Risoluzione 171 (1962): indica brutali violazioni del diritto internazionale da parte di Israele nel suo attacco alla Siria;

– Risoluzione 228 (1966): censura Israele per il suo attacco a Samu in Cisgiordania, allora sotto il controllo giordano;

– Risoluzione 237 (1967): chiede con urgenza a Israele di consentire il ritorno dei profughi palestinesi;

– Risoluzione 242 (1967): l’occupazione israeliana della Palestina è illegale;

– Risoluzione 248 (1968): condanna Israele per il suo attacco massiccio su Karameh in Giordania;

– Risoluzione 252 (1968): dichiara nulli gli atti di Israele volti a unificare Gerusalemme come capitale ebraica;

– Risoluzione 262 (1968): condanna Israele per l’attacco sull’aeroporto di Beirut;

– Risoluzione 265 (1969): condanna Israele per gli attacchi aerei di Salt in Giordania;

– Risoluzione 270 (1969): condanna Israele per gli attacchi aerei sui villaggi nel sud del Libano;

– Risoluzione 279 (1970): chiede il ritiro delle forze israeliane dal Libano;

– Risoluzione 280 (1970): condanna gli attacchi israeliani contro il Libano;

-Risoluzione 285 (1970): richiesta dell’immediato ritiro israeliano dal Libano;

– Risoluzione 337 (1973): condanna Israele per aver violato la sovranità del Libano;

– Assemblea Generale risoluzione 3236 (1974): sancisce i diritti inalienabili del popolo palestinese in Palestina all’autodeterminazione senza interferenze esterne, all’indipendenza e alla sovranità nazionale;

– Risoluzione 446 (1979): stabilisce che gli insediamenti israeliani sono un grave ostacolo per la pace e chiede a Israele di rispettare la Quarta Convenzione di Ginevra;

– Risoluzione 452 (1979): chiede a Israele di cessare la costruzione di insediamenti nei territori occupati;

– Risoluzione 465 (1980): deplora gli insediamenti di Israele e chiede a tutti gli Stati membri di non dare assistenza agli insediamenti in programma;

– Risoluzione 469 (1980): deplora vivamente la mancata osservanza da parte di Israele dell’ordine del Consiglio di non deportare i palestinesi;

– Risoluzione 471 (1980): esprime profonda preoccupazione per il mancato rispetto della Quarta Convenzione di Ginevra da parte di Israele;

– Risoluzione 478 (1980): censura Israele, nei termini più energici, per la sua pretesa di porre Gerusalemme sotto la propria legge fondamentale;

– Risoluzione 497 (1981): dichiara che l’annessione israeliana del Golan siriano è nulla e chiede che Israele revochi immediatamente la sua decisione;

– Risoluzione 509 (1982): chiede ad Israele di ritirare immediatamente e incondizionatamente le sue forze dal Libano;

– Risoluzione 515 (1982): chiede ad Israele di allentare l’assedio di Beirut e di consentire l’ingresso di approvvigionamenti alimentari;

– Risoluzione 520 (1982): condanna l’attacco di Israele a Beirut Ovest;

– Risoluzione 573 (1985): condanna vigorosamente Israele per i bombardamenti in Tunisia durante l’attacco alla sede dell’OLP;

– Risoluzione 592 (1986): deplora vivamente l’uccisione di studenti palestinesi all’università di Bir Zeit ad opera di truppe israeliane;

– Risoluzione 605 (1987): deplora vivamente le politiche e le prassi israeliane che negano i diritti umani dei palestinesi;

– Risoluzione 636 (1989): si rammarica profondamente della deportazione di civili palestinesi ad opera di Israele;

– Risoluzione 641 (1989): continua a deplorare la deportazione israeliana dei palestinesi;

– Risoluzione 672 (1990): condanna Israele per le violenze contro i Palestinesi a Haram Al-Sharif/Temple Monte;

– Risoluzione 694 (1991): si rammarica della deportazione dei palestinesi e chiede ad Israele di garantire la loro sicurezza e il ritorno immediato;

– Risoluzione 1397 (2002): afferma una visione di una regione in cui due Stati, Israele e Palestina, vivono fianco a fianco all’interno di frontiere sicure e riconosciute;

– La risoluzione dell’Assemblea generale ES-10/15 (2004): dichiara che il muro costruito all’interno dei territori occupati è contrario al diritto internazionale e chiede a Israele di demolirlo.

Nessuna di queste risoluzioni è stata mai minimamente presa in considerazione da parte del governo di Tel Aviv. Barak Obama lo sa benissimo quindi la sua astensione al voto dell’ultima di queste ipocrite prese di posizione della comunità internazionale suona come un codardo tentativo di lasciare un segno nella sua presidenza e al contempo farlo senza conseguenze per i suoi più fedeli alleati in Medio Oriente: “Tranquilli tanto il 20 gennaio arriva Trump e rimette tutto a posto”.

Il conflitto arabo-israeliano, che dal 1948 ha trasformato la terra di Palestina in un campo di battaglia permanente, è un prodotto tragico del nazionalismo, inserito in un contesto di forte conflittualità religiosa.

La costituzione dello stato di Israele avvenne al termine di una contraddittoria politica di decolonizzazione attuata con gravissime responsabilità da Francia e Gran Bretagna.

Fino al 1914 la Palestina era parte dell’impero Ottomano. Una regione scarsamente popolata che nel 1880 contava circa 24 mila ebrei e 150 mila arabi. Nel 1945 gli arabi erano saliti a 1 milione e 240 mila, mentre gli ebrei erano 553 mila.

Durante la prima guerra mondiale, in funzione anti ottomana, fu promessa l’indipendenza ai grandi proprietari arabi in cambio del loro appoggio .  Con la sconfitta dell’Impero  Ottomano l’area mediorientale passò sotto il protettorato  franco-inglese. Il Premier britannico Balfour, rispondendo alla pressione del movimento sionista, dichiarò di vedere con favore la creazione di uno stato ebraico indipendente in Palestina (1917). In effetti questo fa parte  dell’accordo Sykes-Picot, siglato nel marzo 1915, e tenuto a lungo segreto, che fissò la spartizione dell’intero Medio Oriente in aree di influenza.

Nel maggio 1947 la Gran Bretagna annunciò all’ONU che si sarebbe ritirata dalla regione. L’assemblea delle Nazioni Unite propose di dividere la regione in due aree. Agli ebrei sarebbe andata la zona del Negev. Usa, Urss e Francia si dichiararono a favore; la Gran Bretagna si astenne; stati arabi, India, Grecia e Pakistan votarono contro. Questo fu il primo grande errore degli arabi. Se si proponesse adesso ai palestinesi lo stesso accordo ci sarebbero festeggiamenti per giorni in tutte le città dei territori palestinesi. Quando le truppe inglesi lasciarono il Medio Oriente, nel maggio 1948, fu immediatamente proclamato lo Stato di Israele. E questo, per contro, fu il grande errore della comunità internazionale ancora alle prese con i sensi di colpa per il recente Olocausto.

Gli stati arabi considerarono la creazione dello stato ebraico – fondato su basi religiose e razziali – un atto di forza intollerabile. Un esercito di palestinesi e truppe dei paesi arabi circostanti attaccò il nuovo stato iniziando la lunga stagione delle sconfitte militari. Aggressioni dei paesi arabi e controffensive violentissime portarono i soldati di Israele ad occupare vaste zone interamente abitate dai palestinesi. I conflitti del 1956, 1967 e 1973 aprirono le porte alla tragedia dei “territori occupati”. Le alture del Golan, la striscia di Gaza e la Cisgiordania diventarono campi di guerriglia permanente con una popolazione a grandissima maggioranza palestinese (1,5 milioni gli arabi inglobati nei confini israeliani) discriminati e disprezzati da autorità e coloni. Soltanto nella controffensiva del 1949 e in seguito ai disordini dovuti alla proclamazione del nuovo stato ci furono quasi 1 milione di palestinesi espulsi dalla propria terra, accolti in miserabili campi profughi messi a disposizione dai paesi arabi e dall’UNRRA.

Il conflitto arabo israeliano ha assunto connotati sempre più drammatici. Nel 1956 i palestinesi costituiscono un movimento di liberazione (Al-Fatah) capace di collaborare con le forze armate degli stati arabi e di muovere azioni di guerriglia nel territorio israeliano. Nel Nasser annunciò il blocco delle navi che attraversavano il golfo di Aqaba per rifornire Israele. Lo stato ebraico rispose con la forza. Il 5 giugno 1967 l’aviazione bombardò gli aeroporti dei paesi arabi, le truppe di terra occuparono Gaza, Sherm el Sheikh, la Cisgiordania e Gerusalemme, le alture del Golan, l’Alta Galilea e il Sinai.

L’attacco passò alla storia come la guerra dei 6 giorni. Il 10 giugno le offensive erano già terminate.

Le ferite aperte da questo conflitto risultarono gravissime. Lo scontro all’interno del territorio palestinese si trasformò in guerriglia permanente. Il movimento politico arabo si radicalizzò e si militarizzò facendo sempre più ricorso alla rappresaglia e alla violenza.

Nel 1969 nasce l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) sotto la guida di Yasser Arafat. Intanto anche il Libano, con il bombardamento di Beirut nel 1968 ad opera dell’aviazione israeliana, entrava nella spirale di guerra del Medio Oriente

Il 1972 è l’anno del massacro di Monaco. Il 5 settembre un commando di guerriglieri palestinesi fa irruzione negli alloggi israeliani del villaggio olimpico, prendendo in ostaggio nove atleti uccidendone due.

Anwar Sadat, successore di Nasser alla presidenza dell’Egitto, il 6 ottobre 1973, sfruttando l’effetto sorpresa offerto dalla festività dello Yom Kippur, attacca Israele insieme alla Siria. Questo tentativo di cambiare i rapporti di forza nell’area fu disastroso. L’armata araba fu costretta alla ritirata, fino alla periferia de Il Cairo. Il 22 ottobre la controffensiva ebbe termine.

L’Egitto finirà per riconoscere Israele e firmare un trattato di pace a Washington nel 1979. Sadat pagò con la vita questa decisione. Tacciato di tradimento della causa araba, fu assassinato nell’autunno 1981.

Il resto è storia recente, con le varie Intifada, la progressiva istituzionalizzazione dell’OLP e gli accordi della prima metà degli anni ’90 (1994, autonomia a Gaza e Gerico). L’assassinio di Rabin però portò al governo Ariel Sharon e con lui la ripresa delle ostilità con i palestinesi.

E’ del tutto evidente che la questione palestinese sia la madre di tutti i problemi nel mondo arabo e tra questi paesi e la comunità internazionale. Se qualche Premio Nobel per la Pace avesse voluto fare qualcosa per evitare il massacro a cui stiamo assistendo avrebbe dovuto lavorare per risolvere questo che è un evidente alibi per tutti gli estremisti votati alla jihad. Nessuna soluzione ai problemi in Medio Oriente ci potrà mai essere fino a quando non verrà riconosciuto al popolo palestinese il diritto all’autodenterminazione e alla costituzione di un proprio Stato indipendente.  Per questo serve una presidenza USA lungimirante, un governo Israeliano consapevole del bene del proprio popolo e non ricattato dall’ala più sionista (peraltro minoritaria) della sua popolazione ed una comunità internazionale che avesse il coraggio, per la prima volta dal 1947, di assumersi le proprie responsabilità.

Roberto Pergameno

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