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Chi sta investendo sulla guerra

Josh Wolfe ci aveva visto lungo. Il venture capitalist statunitense, cofondatore di Lux Capital, è stato tra i primi della Silicon Valley a investire sull’espansione delle tecnologie della difesa. A un anno dall’invasione russa in Ucraina, Wolfe è diventato una star del venture capital americano. Il conflitto ha infatti dimostrato al mercato startup che per vincere le guerre c’è bisogno di nuove forme di armi e software.

Negli ultimi due anni sono stati battuti i record di investimento in startup del settore aerospaziale e della difesa, con una media di 6,7 miliardi di dollari investiti all’anno, il triplo di quelli previsti aerospazioguerraper il 2019. Se qualcuno ha anticipato questo trend, quello è Wolfe. “Ha francamente molto coraggio – ha detto James Guerts, ex assistente segretario della Marina e attuale consulente di Lux -. Perché quando ha iniziato a farlo, non era la cosa più bella da fare”.

Solo pochi anni fa, molti investitori pensavano che staccare un assegno per una startup in questo settore fosse una proposta semplicemente insensata. Le cose sono chiaramente cambiate e anche Andreessen Horowitz ora è una delle tante società di venture capital interessate alla difesa e alla sicurezza nazionale.

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Una montagna di soldi

L’azienda ha recentemente organizzato un summit a Washington, dove è intervenuto il fondatore e amministratore delegato di Hadrian, società specializzata in componenti di precisione per la difesa, delineando un quadro dei paesi in pericolo nel mondo. “Sono qui per parlarvi di un rischio esistenziale per il futuro e di come Hadrian sta cercando di risolverlo”, ha esordito. Le sue parole non erano del tutto fuori luogo all’evento, che ha riunito un mix di investitori, fondatori, politici e altri funzionari di Washington per discutere i problemi del paese.

Un numero considerevole di interventi ha riguardato la difesa e la sicurezza nazionale, in linea con il portafoglio di investimenti di Andreessen Horowitz, che comprende scommesse su startup per la difesa come Hadrian e Anduril Industries, società lanciata dal fondatore di Oculus VR Palmer Luckey, e uno dei pochi unicorni che vede l’industria della difesa statunitense tra suoi i principali clienti.

I dati di PitchBook confermano questo trend. Da gennaio a ottobre dello scorso anno, le società di capitale di missileareospaziorischio hanno investito sette miliardi di dollari nel settore aerospaziale e della difesa, una crescita massiccia in netto contrasto con la relativa lentezza di altri campi. Tra gli investimenti recenti, i prodotti di maggiore interesse sono stati i droni, gli strumenti di mappatura, analisi e tracciamento abilitati dall’intelligenza artificiale e i velivoli elettrici.

Le ragioni di questo investimento sono molteplici, ma alla base di tutto c’è una nuova visione che si è diffusa tra analisti e venture capitalist. Gli antagonismi globali minacciano la stabilità della Pax Americana; di conseguenza, anche la mentalità della Silicon Valley è passata alla difesa, osservando il ruolo che le startup possono svolgere per mantenere il dominio militare e la supremazia tecnologica americana nel mondo. “Se credete nella democrazia, ora la democrazia richiede una spada”, ha dichiarato David Ulevitch, socio di Andreessen Horowitz, in una recente intervista.

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Una nicchia dimenticata
Storicamente, tuttavia, le startup sostenute da venture capital non sono state grandi protagoniste in questo settore. Sebbene alcune abbiano lavorato con la difesa, poche sono quelle che hanno visto come cliente principale le forze militari. Allo stesso modo, sono poche le società di venture che citano questo campo come area di interesse. Lo spazio delle startup statunitensi però è abbastanza vasto e variegato da far sì che le attività di una piccola porzione di società possano tradursi in numeri piuttosto grandi e in trend intriganti. È appunto il caso della difesa, dove le aziende sviluppano tecnologie che vanno dagli aerei elettrici alle stazioni di rifornimento spaziali, fino alle analisi basate sull’intelligenza artificiale, e si assicurano partnership o capitali dalle forze armate e dai principali appaltatori del settore.

Tra le società coinvolte c’è Slingshot Aerospace,
che sviluppa tecnologie per aiutare gli operatori satellitari a navigare nel traffico spaziale; l’azienda ha raccolto venticinque milioni di dollari nella seconda tranche della sua serie A di finanziamento. Slingshot annovera tra i suoi finanziatori Lockheed Martin Ventures e tra i suoi clienti l’aeronautica militare statunitense e la Nasa.

Palantir, unicorno quotato in borsa nel 2020, è un altro grande nome con profondi legami militari. Uno dei suoi contratti più importanti e recenti è stato annunciato a ottobre, quando le forze statunitensi hanno assegnato 823 milioni di dollari all’azienda specializzata in big data, per contribuire a modernizzare i sistemi di intelligence sul campo di battaglia. Tra le altre figura anche Joby Aviation, sviluppatore di velivoli elettrici che ha generato entrate nell’ambito del programma Agility Prime dell’aeronautica militare.

Probabilmente però il colosso del settore è SpaceX, che ha accumulato una serie di contratti con l’esercito americano. Due accordi più recenti provengono dall’aeronautica: 102 milioni di dollari assegnati quest’anno per le tecnologie di trasporto di merci e aiuti militari, e centosessanta milioni di dollari l’anno scorso per il lancio di due dei suoi razzi Falcon 9. Se si parla di startup e capitali, Elon Musk è sempre presente.

Francesco Del Vecchio (Wired)

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