A Milano nella settimana dal 23 al 30 giugno scorsi la E cerchiata di Emergency la si è trovata un po’ in tutta la città. L’organizzazione fondata il 15 maggio 1994 dal chirurgo Gino Strada ha festeggiato i suoi primi 25 anni di attività.
Nata per offrire cure gratuite alle vittime della guerra e della povertà, Emergency ha il suo battesimo sul campo con la prima missione a Kigali, in Ruanda, proprio nei giorni del genocidio. In questi 25 anni sono stati curati oltre 10 milioni di pazienti nei suoi ormai numerosi centri medici sparsi in diversi Paesi del mondo.
Nel fine settimana dal 28 al 30 giugno sono convenuti oltre 700 volontari da tutta Italia per il loro annuale convegno. Quello del volontariato e dell’impegno personale è una delle caratteristiche di questa organizzazione. Non solo cura delle persone ma anche diffusione di una cultura di pace, impegno, presenza nel territorio attraverso una serie di iniziative.
Particolare importanza riveste l’impegno dei volontari che organizzano, con la collaborazione degli insegnanti, incontri nelle scuole per parlare agli studenti delle guerre, delle vittime e della negazione dei diritti da queste conseguenti. I temi affrontati nei tre giorni del convegno sono stati molti dalla guerra ai diritti dalla comunicazione alla bellezza e alla qualità dei servizi offerti.
Quello che più ha colpito i partecipanti però sono state le storie che sono emerse dalla massa di informazioni e confronti, storie di uomini di donne di bambini ma anche di medici, infermieri, logisti che hanno scelto di operare in condizioni ben più disagevoli e pericolosi delle corsie dei nostri ospedali. Il protagonista assoluto di questi incontri è stato certamente Soran.
Soran è un oggi un uomo, un curdo iracheno che però i volontari di Emergency ricordano impresso nelle drammatiche immagini di quando bambino, arrivò in uno degli ospedali di Emergency dopo essere stato colpito, assieme ad altri familiari, dall’esplosione di una mina mentre coglieva verdura nei campi.
Per anni i volontari di Emergency hanno raccontato la sua storia nelle scuole ed ora se lo trovano in sala chiamato sul palco dalla presidente Rossella Miccio con una sorta di carambata. Quella di Soran è una delle tante storie emerse dai ricordi e dai racconti, come quella di Layala, attualmente team manager dell’ospedale di Kabul.
Layla è una donna forte e determinata che ha lottato tutta la vita contro i pregiudizi con il solo scopo di permettere alla figlia di studiare e di emanciparsi. Layla è stata la moglie di un giudice della corte suprema afghana la cui indiscussa cultura non lo ha messo al riparo dalla parte più arretrata della cultura del suo popolo. Da Layla ha una figlia femmina che lui vive come un’onta, decide quindi di ripudiarla e di sposarsi con un’altra donna dalla quale avrà il suo agognato figlio maschio.
Non ci sono solo le storie delle vittime ma anche quelle dei medici e degli infermieri ad attrarre l’attenzione dei partecipanti. Storie come quella del giovane medico romano Federico Scottoni che Emergency la conosce, attraverso il padre, già da bambino e che, nonostante grandi difficoltà affrontate a causa di un incidente stradale riesce a portare a termine gli studi in medicina e a coronare il suo sogno, quello di lavorare in un ospedale di Emergency. Al momento vive e lavora a Londra ma è in attesa di tornare, dopo la prima esperienza in Sierra Leone, in una missione e precisamente nel nuovo ospedale di Entebe in Uganda che sarà terminato per la fine del 2019.
Si narrano storie e si raccontano aneddoti. Il dibattito tra Gino Strada e l’architetto Renzo Piano (che il dottor Strada chiama affettuosamente “il geometra”), moderato da Massimo Giannini e trasmesso anche in diretta su Radio Capital ha regalato momenti di grande umanità.
Renzo Piano racconta di quando Gino Strada lo va a trovare per chiedergli di progettare il nuovo ospedale di Entebe. Alla domanda su come lo volesse, Gino Strada da una risposta al tempo stesso straordinaria e geniale: “lo voglio scandalosamente bello”. Qualsiasi altra persona a capo di un’organizzazione umanitaria come Emergency, qualsiasi altro medico a quella domanda avrebbe risposto con una serie di dati tecnici e di caratteristiche architettoniche. Gino Strada no, lui vede in ogni ospedale anche un luogo di rinascita per le popolazioni che ne fruiscono, un luogo dove la bellezza è parte della cura ed è messaggio di pace e di normalità in paesi e per popoli per i quali la normalità è la guerra, la povertà, la paura.
Mentre ascoltavo questo dibattito mi è venuto in mente l’ex ministro Tremonti che diceva “con la cultura non si mangia” (lui nega ma c’è chi giura di averglielo sentito dire e comunque se non vera questa è una frase verosimilmente attribuibile ad una ben nota area politica). Con la cultura non si mangia da una parte e con la bellezza si cura. Non solo con la bellezza certo ma anche con essa oltre che cultura, arte, bellezza, grande capacità professionale, grande generosità e senso della responsabilità sociale. Si curano le ferite fisiche, le malattie ma anche le ferite nell’anima, quel senso di disperazione che queste persone si portano dentro anche molto oltre la degenza in ospedale. Chissà se chi attacca le ONG conosce quanto c’è intorno alle loro attività. Spero di no perchè sarebbe la sola attenuante che potremmo concedergli.