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Congo, popolazione intrappolata tra combattimenti e violenze in Nord e Sud Kivu

In Sud e Nord Kivu, in Repubblica Democratica del Congo (RDC), i civili sono intrappolati tra i combattimenti dei gruppi armati. Medici Senza Frontiere (MSF) ha registrato un aumento delle violenze nei campi dove vive la popolazione sfollata e chiede alle parti in conflitto e alle autorità congolesi di assicurare la sicurezza e la protezione dei civili e del personale umanitario.

Nelle ultime settimane, la città di Goma è stata circondata dagli scontri armati e la popolazione sfollata – tra le 600mila e un milione di persone – si è aggiunta ai due milioni di residenti della città. Di fatto, negli ultimi due anni, moltissime persone hanno lasciato la provincia del Nord Kivu per fuggire dai combattimenti, così come è accaduto in Sud Kivu più recentemente, e le tantissime persone sfollate hanno trovato rifugio per lo più in campi di fortuna vicino a Goma. A marzo di quest’anno, oltre 1,6 milioni di persone sono rimaste sfollate a causa del conflitto in corso, l’87% in più rispetto a marzo dello scorso anno.

“La forte presenza di uomini armati all’interno e attorno ai campi e la vicinanza delle postazioni militari ha portato a un aumento generale del livello di violenza. I civili sono intrappolati nel fuoco incrociato tra i diversi gruppi armati, rischiando di essere uccisi, feriti, o di essere vittime di abusi, tra cui violenze sessuali” dice Marie Brun, coordinatrice d’emergenza di MSF a Goma. “Le persone sfollate si trovano nuovamente a vivere tra le violenze da cui erano fuggite, in completa insicurezza e senza via di scampo. A questo si aggiungono condizioni di vita estremamente precarie nei campi, tra sovraffollamento, condizioni sanitarie deplorevoli, servizi idrici ed igienici non adeguati, un accesso difficile e imprevedibile all’acqua potabile e al cibo, e rifugi fatti di teli di plastica e su terreni sconnessi”.

Il pesante fuoco di artiglieria nei campi attorno a Goma ha già causato 23 morti e 52 feriti dallo scorso febbraio. Secondo le Nazioni Unite, solo il 3 maggio, almeno 18 civili – per lo più donne e bambini – sono morti e altri 32 sono rimasti feriti dai bombardamenti che hanno colpito diversi campi. Dall’inizio dell’anno, i team di MSF assistono a continue sparatorie ed esplosioni nei campi e hanno registrato almeno 24 incidenti legati a esplosioni all’interno o in prossimità del campo in cui lavorano. All’ospedale di Kyeshero, le équipe di MSF hanno ricevuto 101 feriti non gravi, il 70% dei quali erano civili.

 

Nel mese di aprile, nei campi di Shabindu, Rusayo ed Elohim, i team di MSF hanno trattato più di 1.700 nuovi casi di violenza sessuale, il 70% dei quali perpetrati da persone armate. Anche se la maggior parte delle persone assistite dai team di MSF riferiscono di essere state abusate mentre raccoglievano legna da ardere, ci sono sempre più persone che vengono aggredite anche all’interno dei campi e sono stati segnalati anche casi di stupri di gruppo. Inoltre, MSF è in grado di fornire assistenza medica e psicologica ai sopravvissuti e alle sopravvissute, ma le possibilità di ricevere supporto legale, rifugi sicuri e altri servizi di protezione sono molto limitate.

“Sono andata a raccogliere la legna con un’altra donna, mi serviva per cucinare per i miei figli. Non potevo lasciarli morire di fame. Mio marito è morto così ho corso il rischio, ma mentre tornavamo abbiamo incontrato due uomini in uniforme militare. Ci hanno minacciato, poi ci hanno preso con la forza e ci hanno violentato” ha raccontato Marie, una vedova di 38 anni con 9 figli, ai team di MSF davanti alla clinica a Shabindu. ”Siamo andate subito alla clinica per paura di contrarre malattie o di rimanere incinte. è stato davvero terribile. Cerco di parlarne con altre donne, condividiamo il nostro dolore”.

I combattimenti sono ricominciati anche in altre città in Sud e Nord Kivu. A maggio gli scontri a Kibrizi, in Nord Kivu, sia in città sia vicino ai campi, hanno distrutto infrastrutture e risorse causando un nuovo esodo di persone, ed è stato registrato un aumento dei casi di violenza sessuale. A Minova, in Sud Kivu, dove quasi 200.000 persone si sono rifugiate quest’anno, molti civili sono rimasti coinvolti nei combattimenti. “La popolazione di Minova è quadruplicata negli ultimi mesi, sovraccaricando il sistema sanitario e la capacità di risposta” dichiara Luis Montiel, capomissione di MSF in RDC. “Tra il 2 febbraio e il 3 maggio, l’ospedale generale di Minova, supportato da MSF, ha ricevuto 260 feriti di guerra, il 15% dei quali erano donne e bambini”.

 

In Sud e Nord Kivu MSF ha dovuto sospendere le sue attività in diverse occasioni, principalmente a causa degli scontri vicino ai campi a Goma e intorno a Minova. In Nord e Sud Kivu, i team di MSF lavorano in un contesto di sicurezza volatile, con difficoltà di movimento e di consegna degli aiuti umanitari. Nonostante la natura medica e umanitaria della risposta di MSF, il personale non è stato risparmiato da atti di intimidazione da parte di uomini armati e lo spostamento di forniture è ostacolato da strade impercorribili e combattimenti.

“Come MSF, sollecitiamo tutte le parti in conflitto a rispettare il diritto umanitario internazionale e di garantire protezione ai civili, alle strutture sanitarie, ai pazienti e al personale medico” conclude Montiel di MSF.

 

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