Diritti

Decreto flussi, basta un click per fare propaganda

Il 2 dicembre c’è stato il primo “click day” del cosiddetto “Decreto flussi”. Gli altri saranno il 4 e il 12 dicembre. In teoria dovrebbero essere 136mila i lavoratori non comunitari che potranno fare ingresso regolarmente in Italia grazie al decreto flussi 2023: 52.770 ingressi per lavoro subordinato non stagionale, 680 ingressi per lavoro autonomo e 82.550 ingressi per lavoro subordinato stagionale. La domanda di decreto flussi può essere presentata da un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante, nei confronti di un lavoratore straniero ancora residente all’estero. Per agevolare le operazioni, dal 30 ottobre al 26 novembre 2023, è stata data la possibilità di precompilare i moduli di domanda, tramite il “Portale Servizi ALI”. È necessario essere in possesso di un’identità Spid o della Cie. Per presentare le domande ci sarà tempo fino al prossimo 31 dicembre 2023.

Ora se la logica non fa difetto, questa operazione dovrebbe essere attivata per favorire l’immigrazione legale. Al termine della fase di precompilazione, risultano inserite 607.904 istanze, delle quali, in particolare, 253.473 relative al lavoro subordinato non stagionale, 260.953 relative al lavoro stagionale, 86.074 al settore dell’assistenza familiare e socio-sanitaria. Quanti di questi sono già residenti in Italia? La quasi totalità. Stiamo assistendo ad una vera e propria sanatoria della presenza “illegale” sul territorio italiano di uomini e donne che già da anni vivono e lavorano (in nero ca va sans dire) e che vengono “chiamati” ipoteticamente dal loro paese di origine da datori di lavoro italiani che, o sono prestanome o sono coloro presso i quali l’interessato/a lavora già sempre a nero ovviamente. 

E’ un inghippo tutto italiano così come lo è la formula del “click day”. Alle ore 9,00 in punto di uno dei tre giorni indicati c’è la corsa a registrarsi. Chi vince? Semplicemente il primo che arriva. Può essere il decimo lavoratore domestico di una ricca famiglia per la quale non sarebbe un problema continuare a pagarlo/la in nero nel caso di insuccesso. Potrebbe succedere altresì che una donna single con figli che cerchi di mettere in regola la persona che bada ai pargoli mentre lei è a lavoro non riesca a inserire i dati della persona in oggetto magari proprio perché a quell’ora deve stare in ufficio. 

Quando il decreto è andato in discussione, le categorie economiche interessate (industriali, operatori sanitari, associazioni di consumatori, aziende agricole ecc.) hanno chiesto al governo di prevedere la concessione dei permessi di soggiorno ad almeno il triplo di quanto è stato alla fine stabilito. 

Ricapitolando il decreto flussi così come è congeniato:

  1. non favorisce l’immigrazione regolare dando un’alternativa a chi arriva via mare o via terra dai Balcani
  2. non è equo nelle assegnazioni che vengono effettuate solo sulla base della velocità di inserimento 
  3. non è adeguato in termini numerici nemmeno in base alle richieste delle categorie produttive (senza considerare le richieste delle Ong che come è facilmente riscontrabile da sempre si battono per l’apertura delle frontiere)
  4. non risolve in nessuna maniera il problema della regolarizzazione delle posizioni di tutte quelle persone che sono già presente sul territorio nazionale senza la necessaria documentazione in quanto il numero dei permessi previsti non si avvicina minimamente alla reale necessità di regolarizzazioni. 

In conclusione ciò che servirebbe è una vera e propria sanatoria dei già presenti in Italia ed un vero decreto flussi che non si svolga sulla base della chiamata da parte degli imprenditori o dei datori di lavoro. Chi accetterebbe di assumere una/un badante per i propri anziani o come assistenza per i figli sulla base di un curriculum e una foto inviati da un paese quale che sia? Quale imprenditore si impegnerebbe ad assumere un lavoratore con regolare contratto con le stesse modalità? E infatti non succede rendendo questo decreto cosiddetto “flussi” una vera e propria pagliacciata.

 

Condividi