Politica

DUELLO AL SOCIAL. Salvini contro tutti. E’ guerra con Giorgetti per la leadership della Lega. Con Meloni per la carica di Duce in Europa

La polemica sulla pista da bob di Cortina per le prossime olimpiadi invernali è l’ennesimo caso di spaccatura all’interno della Lega. La pista si farà. Contro ogni logica (i tempi sarebbero strettissimi anche per gli stacanovisti del sol levante, immaginiamoci per gli eterni ritardatari nostrani). Contro il parere del Cio, il Comitato olimpico internazionale padrone delle Olimpiadi ma con la stoica determinazione del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini affiancato, in questa occasione, da Luca Zaia, Antonio Tajani e Adrea Abodi. Contrario, manco a dirlo, è il suo oppositore interno nonché ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti.

I due, il leader Matteo Salvini e il suo vice, Giancarlo Giorgetti, ancora una volta si squadrano, aspettano la prossima mossa dell’altro in un clima ostile che si trascina ormai da anni. Entrambi in attesa che l’altro pesti il merdone, entrambi con il dito ben posizionato sul grilletto. Da una parte Salvini, con tutta l’ala più sovranista e antieuropeista del partito. Dall’altra Giorgetti, invece, appoggiato da molti amministratori locali come Massimiliano Fedriga e Attilio Fontana e, a parte la pista di bob, da Luca Zaia, anche se il profilo del governatore veneto resta più complicato da definire.

La partita più importante, manco a dirlo, è quella europea con l’invito di Giorgetti ad aderire al gruppo moderato dei Popolari al Parlamento europeo, invece di cercare di costruire un fronte più ampio di nazionalisti (operazione che Salvini sta comunque portando avanti, senza grande successo). Le tensioni non riguardano solo le alleanze della Lega in Europa, ma l’identità stessa del partito. La Lega oscilla tra le spinte antisistema che la portarono ai massimi storici nel 2018 e nel 2019 e la ricerca di un posizionamento più moderato, che permetta di occupare lo spazio lasciato libero al centro dal declino di Forza Italia, invece di inseguire Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia a destra. Da una parte, la trasformazione da partito regionale in una forza nazionale e sovranista. Dall’altra, la tradizione della vecchia Lega Nord, con le richieste di indipendentismo e federalismo, tanto care al vecchio bacino elettorale al quale si aggiunge una parte cospicua degli industriali del nord.

La partita si giocherà il prossimo giugno nei seggi elettorali per le europee e le amministrative. Se la Lega dovesse rimanere sotto il 10 per cento Salvini sarebbe sottoposto al fuoco di fila dei suoi oppositori interni e esterni (prima tra tutti Giorgia Meloni che si è già accomodata da tempo sulle sponde del fiume in attesa che passi il suo cadavere). Una cosa è certa, da qui a giugno Matteo Salvini non perderà occasione per sparare a palle incatenate contro tutto e tutti, dentro e fuori del governo, per rimanere al centro dell’attenzione mediatica. Ce ne faremo una ragione d’altra parte se prima si diceva che “Porta a porta” era la terza Camera, adesso si può dire che il vero Parlamento sono i social.

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