Cucina Pensante

Ecco un piatto degno anche di Al Capone

Ma perché mai si chiamerà caponata? Dal nome di un’antica insalata francese inventata da monsieur De Guillotin? O per celebrare le preferenze culinarie di un noto gangster italo americano, finito in galera per questione di tasse? A tal proposito, in un delizioso blog scoperto per caso, Etimologia del Vivere Moderno, ho trovato questa meravigliosa definizione:
Caponata

/ca-po-nà-ta/

Regolamento di conti di stampo mafioso comunemente praticato dai gangsters italo-americani della zona di Chicago soprattutto negli anni ’30-’40, consistente nel tagliare la propria vittima a pezzettini per poi cuocerla in agrodolce insieme a vari ortaggi (melanzane, peperoni, olive).

Per far finta di fare le persone serie, invece, secondo taluni il termine deriverebbe dallo spagnolo; secondo altri dal caupone, un pesce pregiato che veniva servito nei conviti nobiliari con una salsa agrodolce e che veniva sostituito, su tavole più popolari, dalla melanzana. 
Ma veniamo al sodo, come diceva il commissario Maigret afferrando il primo uovo sul bancone di zinco del suo bistrot preferito, e parliamo di ricette.

Resomi conto dell’assenza sui banchi del mercato di gangsters già adeguatamente preparati per la bisogna, ho seguito la ricetta tradizionale, con le solite piccole, personali, variazioni.

Dunque: una o due melanzane grandi (io ho trovato quelle tonde e quelle ho usato), un peperone giallo e uno rosso, sedano bianco (quanto vi piace), due o tre grosse cipolle di Tropea (qui dipende proprio dai vostri gusti), pomodori ramati maturi (un po’ più della metà in peso delle melanzane), olive nere (uso le taggiasche, anche se non sono filologiche), pinoli, capperi di Pantelleria sotto sale, olio EVO, aceto bianco, zucchero, sale.

Ho tagliato le melanzane a tocchetti non troppo piccoli e le ho messe a spurgare in un colapasta alternate a strati di sale grosso (almeno un’oretta). Ho pulito e tagliato il sedano e l’ho messo a sbollentare per qualche minuto. L’ho tolto dall’acqua bello croccante e messo da parte.

Poi ho preparato un grande soffritto di cipolle in una grande padella (ho usato una paellera, in realtà) con EVO, facendolo andare a lungo a fuoco basso. Intanto ho scottato i pomodori per circa un minuto in acqua bollente e, quando il soffritto è stato pronto, li ho aggiunti al soffritto alzando il fuoco per dieci-quindici minuti (il composto comunque non deve risultare liquido, perdiana!).

Nel frattempo, mentre il soffritto faceva il suo mestiere, voi sareste rimasti con le vostre manine inoperose o vi sareste dati da fare come provvide api? Ecco: facendo l’ape, ho lavato, scolato e asciugato le melanzane e le ho fritte in un’altra padella (qui ho adoperato olio di semi di arachide); tolte queste, fatte asciugare e messe da parte, ho passato nella stessa padella di rinforzo i peperoni dopo averli tagliati a quadrotti e li ho tenuti croccanti. Tolti, asciugati e messi da parte anche questi, ho ancora fritto il sedano.

Nella padella madre (come l’astronave madre) ho aggiunto pinoli, olive e capperi dissalati e dopo non molto, le melanzane, il sedano e i peperoni. Ho salato (non troppo),amalgamato bene, versato circa cinquanta grammi di zucchero bianco che ho di nuovo amalgamato con il tutto e infine ho sfumato con mezzo bicchiere di aceto bianco.

Una caponata da un torinese? E allora? Piuttosto, un consiglio: dopo che la vostra caponata avrà raggiunto la temperatura ambiente, friggete delle trigliette, pesce soave quanto mai, e componetene un piatto degno anche di Al Capone (oops!)

Alessandro Defilippi

https://www.youtube.com/watch?v=acRQuajBsro

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