Politica

Elezioni europee 2024. Al seggio accompagnati da mille dubbi. Ecco perché si vota l’8 e 9 giugno

I due articoli pubblicati lunedì e mercoledì scorsi ci portano direttamente alle elezioni che si svolgeranno domani e dopodomani in tutta Europa per il rinnovo del Parlamento Europeo. In queste, che si presentano come le elezioni più importanti della storia della Comunità, si stanno delineando due visioni radicalmente diverse di quello che dovrebbe essere da qui in avanti la Comunità europea e più in generale, all’Unione Europea (UE). Mai come nelle elezioni comunitarie si possono vedere le differenze non solo ideologiche tra destra e sinistra. In un orizzonte più ampio di quello nazionale, dove interessi personali e di categoria spesso prevalgono sugli ideali, emergono e diventano determinanti valori e visioni che rispondono a differenti idee di comunità e di nazionalità. In questa valutazione c’è da tenere in grande considerazione le differenze che esistono tra un Paese e l’altro anche all’interno della stessa area politica. Sia a destra che a sinistra ci sono differenti punti di vista relativamente alla politica comunitaria sia dentro i Paesi membri che tra i diversi Stati. Ciò nonostante si può tentare di delineare una verosimile narrazione di quelle che sono le diverse sensibilità in relazione ai vari aspetti della governance della politica comunitaria.

Uno dei temi più divisivi è quello delle politiche di immigrazione che la destra vuole più rigorose. Tutte le proposte di legge comunitaria che sono state presentate dalle destre tendono a favorire politiche più restrittive nei confronti dei migranti e sono spesso critiche sulla gestione dell’immigrazione da parte dell’UE. Così come critiche sono nei confronti dell’apparato burocratico comunitario con accuse all’UE di essere troppo burocratica e inefficiente, promuovendo la riduzione della regolamentazione europea a favore delle legislazioni dei vari Paesi membri. In economia i partiti di destra supportano il libero mercato e vedono l’UE come un’opportunità per ampliare il commercio. Tuttavia, mantengono un rigoroso controllo sugli interessi degli stati di appartenenza spesso in contrasto tra loro come si è visto nel caso delle politiche agricole. Forte critica viene, inoltre, espressa dai partiti di destra nei confronti delle politiche fiscali comuni, opponendosi a misure come la redistribuzione delle risorse tra i paesi membri.

I partiti di sinistra, per contro, tendono ad essere più favorevoli all’integrazione europea, vedendo l’UE come un mezzo per promuovere la pace, la cooperazione e i diritti umani. La sinistra sostiene la solidarietà tra i paesi membri, favorendo politiche che aiutino i paesi più poveri e promuovano la coesione sociale. Particolarmente forte è il supporto che viene dato ad una maggiore regolamentazione del mercato e al rafforzamento delle politiche sociali a livello europeo. La promozione dei diritti dei lavoratori, la protezione ambientale e le politiche di welfare sono punti fondamentali nei programmi dei partiti di sinistra.

Uno dei momenti topici dove si è vista la differenza tra i due schieramenti è stato, ad esempio, il supporto al Brexit promosso dal deputato populista Nigel Farage da parte di molti partiti di destra della Gran Bretagna basato su argomenti di sovranità e controllo dell’immigrazione (salvo poi pentirsene visti i nefasti risultati di questa operazione sull’economia e sull’assetto sociale del Paese) e che hanno visto numerosi partiti conservatori di altri Paesi membri solidarizzare con questa iniziativa.

Sul piano delle prospettive future, e qui si denota l’importanza di queste elezioni, si delineano due spinte opposte, una a cedere sovranità a favore dell’UE e l’altra, per contro, a limitarne le competenze e gli effetti sulle politiche nazionali. In sostanza ci troviamo di fronte a due posizioni nettamente contrastanti: più Europa da una parte meno Europa dall’altra. 

Uno dei punti di maggiore scontro ultimamente è stato il Green Deal Europeo, il piano strategico della Commissione Europea volto a rendere l’Europa il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050. Questo piano prevede una serie di misure e iniziative per ridurre le emissioni di gas serra, promuovere l’energia pulita, migliorare l’efficienza energetica, e stimolare l’economia circolare. Le differenze tra le posizioni politiche di destra e sinistra rispetto al Green Deal Europeo si manifestano in vari aspetti, sia rispetto all’approccio generale, sia per quello che concerne le priorità economiche e le modalità di implementazione. 

La sinistra tende a supportare fortemente il Green Deal, promuovendo obiettivi ambiziosi per la riduzione delle emissioni e l’adozione di energie rinnovabili. Spesso, la sinistra vede il Green Deal non solo come una necessità ambientale, ma anche come un’opportunità per una trasformazione socio-economica, puntando a una maggiore equità sociale ed è generalmente favorevole a un forte intervento dello Stato nell’economia per raggiungere gli obiettivi climatici, inclusi investimenti pubblici significativi e regolamentazioni stringenti.

Sull’altro campo la destra tende ad essere più cauta riguardo al Green Deal, preoccupata per l’impatto economico delle misure ambientali, specialmente per le industrie tradizionali e i settori ad alta intensità energetica preferendo soluzioni basate sul mercato e incentivi per l’innovazione tecnologica, piuttosto che regolamentazioni stringenti. Spesso viene sottolineata, in relazione a questi cambiamenti, l’importanza della competitività economica specialmente in relazione a competitor stranieri e il rischio di sacrificare alle politiche verdi posti di lavoro.

Le elezioni si svolgeranno con il sistema proporzionale con sbarramento al 4 per cento. Questo significa che non ci sono coalizioni ma singole liste che dovranno superare il 4% dei voti per ottenere almeno un membro del parlamento. Questo sistema elettorale ha accentuato la concorrenza anche all’interno di coalizioni nazionali come si vede chiaramente dalla situazione italiana. Più che cercare voti nel campo avverso, specialmente a destra sembra ormai una battaglia intestina tra Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Uniti nel governo stanno facendo una campagna elettorale fratricida che sta mettendo in grande difficoltà la Presidente del Consiglio. Dopo mesi di incontri e di missioni all’estero insieme all’attuale Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si è vista costretta ad allontanarsene per assumere posizioni più radicali per contrastare gli effetti della candidatura con la Lega del generale Vannacci. A sinistra non si parla più di campo largo, PD e M5S sembrano aver preso strade diverse, ci si rivedrà dopo le elezioni per riprendere l’eterno balletto tra un partito che non riesce ad essere egemone nell’area dell’opposizione ed un altro che riesce a stento a trovare una definitiva collocazione (vedi il recente ritorno di interesse se non di fiamma tra i due ex alleati di governo, Conte e Salvini).

Come si vede quindi le differenze tra destra e sinistra rispetto alla Comunità Europea riflettono visioni molto differenti su sovranità nazionale, integrazione, economia e diritti sociali. Mentre la destra è più incline a proteggere la sovranità nazionale e favorire un’UE meno regolamentata, la sinistra tende a vedere nell’UE uno strumento per promuovere la solidarietà, la coesione sociale e la protezione dei diritti.

Queste differenze continuano a plasmare il dibattito politico sull’Europa in tutti i Paesi membri. Si tratta di vedere se, di fronte alle sfide che abbiamo davanti, sia più logico andare in ordine sparso o cercare di creare massa critica sia da un punto di vista politico che economico e tentare di condizionare il quadro politico internazionale anche, se non soprattutto, per porre un argine a questa tragica deriva bellicista che sembra inarrestabile e che rischia di farci precipitare in un baratro senza fine. Buon voto a tutti e tutte.

Fotosintesi è una testata giornalistica finanziata da lettori come te. Ci piacerebbe essere al tuo fianco qualora volessi condividere l’informazione internazionale e le battaglie per i diritti umani.

Europee, dal Pd a Fratelli d’Italia: con chi si alleano i partiti italiani in Ue

Sabato 8 e domenica 9 giugno urne aperte anche in Italia per rinnovare, per i prossimi cinque anni, i 720 seggi del Parlamento europeo, l’unica assemblea transnazionale al mondo eletta direttamente. Il voto interesserà 359 milioni di aventi diritto – su 450 milioni di cittadini – e in vari Stati (non da noi) si andrà a votare già giovedì 6 e venerdì 7.

LE NOVITÀ DI QUESTA TORNATA ELETTORALE

Il rinnovo della legislatura 2024-2029 presenta due novità: primo, per la prima volta non partecipa al voto il Regno Unito, che nel 2020 ha abbandonato l’Unione nel quadro del processo della Brexit; secondo, in osservanza della riforma del settembre scorso, i seggi passano da 705 a 720 (secondo i Trattati, possono arrivare a un massimo di 751, così come era prima dell’uscita di Londra). La distribuzione dei seggi tiene in considerazione sia le dimensioni della popolazione degli Stati membri che la necessità di garantire un adeguato livello di rappresentanza per i cittadini europei dei Paesi più piccoli. Ad esempio, Cipro, Estonia, Lussemburgo e Malta hanno il numero minimo di seggi, pari a sei, mentre la Germania è lo Stato membro che ne ha di più: 96. L’Italia ne conta 76.

Ogni cittadino che abbia compiuto 18 anni è chiamato a scegliere tra i candidati di liste appartenenti all’arco partitico della nazione di appartenenza – anche qualora residente all’estero – e il numero di deputati eletti da un partito sarà proporzionale al numero di voti che riceve. Il sistema di voto è proporzionale e prevede una soglia di sbarramento al 4%.

LE PREFERENZE

In Italia, oltre a votare la lista, si possono indicare fino a tre preferenze. Le elezioni attuali – oltre ad essere importanti per le sfide che le nuove istituzioni Ue saranno chiamate ad affrontare, come guerra in Ucraina e in Medio Oriente, questione migratoria, lotta al cambiamento climatico e transizione verde per citarne qualcuna – sono interessanti da un punto di vista politico: oltre all’Italia, tre Stati sono guidati da governi di destra, e altri otto dal centrodestra, mentre uno, la Slovacchia, è guidato da una coalizione populista. Fatto salvo il “governo di scopo” in Bulgaria, cinque esecutivi sono trainati da forze centriste mentre in 4 Stati troviamo una maggioranza di centrosinistra e in Spagna una di sinistra.

In Italia, le europee cadono circa a metà del mandato del governo guidato da Giorgia Meloni, che affronta così una sorta di banco di prova del lavoro svolto finora. Gli elettori potranno scegliere però solo tra dieci formazioni politiche nazionali – all’interno delle quali può capitare che ne siano confluite delle altre – tenendo presente che ognuna di esse, in base a orientamento e programmi, aderisce e quindi porta voti a una delle grandi famiglie europee, che sono sette.

I POPOLARI EUROPEI

Si parte dai Popolari europei, gruppo storico dell’Eurocamera che raduna le forze del centrodestra conservatrici, moderate e liberali. Nella precedente legislatura è stato il gruppo di maggioranza con 176 seggi su 705. In Italia ottiene l’adesione di Forza Italia (Fi) con candidato il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, e il nome del fondatore Silvio Berlusconi nel simbolo. Chi lo scriverà sulla scheda, ha precisato Tajani, vedrà il proprio voto riconosciuto. Fratelli d’Italia, ossia il partito di Giorgia Meloni, ha scelto la famiglia un po’ più a destra dei Conservatori e riformisti Europei (Ecr), di cui fanno parte anche i movimenti di destra Reconquête! del politico francese Éric Zemmour, lo spagnolo Vox e il polacco Diritto e giustizia (Pis). Nel quinquennio appena concluso il gruppo ha contato su 64 seggi.

IDENTITÀ E DEMOCRAZIA

Così come Identità e democrazia (Id), gruppo più a destra dei precedenti, a cui aderisce la Lega di Matteo Salvini – che ha candidato il generale Roberto Vannacci e il senatore Claudio Borghi – e il francese Rassemblement National di Marine Le Pen. Id comprendeva anche i tedeschi di Alternative für Deutschland, espulsi però a fine maggio per alcune dichiarazioni che sembrano strizzare l’occhio ai movimenti neonazisti in Germania. Quanto all’ungherese Fidesz del primo ministro Viktor Orban, è stato espulso nel 2021 dal Ppe ed è rimasto nei non iscritti. Negli ultimi giorni ha però proposto – una volta concluse le elezioni – un’alleanza con le “due donne che hanno in mano il futuro del campo sovranista”, ossia Meloni di Ecr e Le Pen di Id. L’obiettivo dichiarato? “Soppiantare il Partito popolare”.

SOCIALISTI & DEMOCRATICI

Il secondo gruppo europeo della precedente legislatura è stato però quello di centrosinistra dei Socialisti e democratici (S&D) con 144 seggi. A correre con loro è il Partito democratico (Pd) di Elly Schlein, mentre Azione! di Carlo Calenda e Stati Uniti d’Europa – che riunisce +Europa di Emma Bonino e Italia Viva di Matteo Renzi – fanno riferimento a Renew Europe, gruppo centrista e liberale che ha ottenuto 102 seggi nella legislatura scorsa. Alleanza verdi e sinistra guidato da Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, che vede tra i candidati gli ex sindaci di Roma e Riace Ignazio Marino e Mimmo Lucano, si colloca invece nel gruppo dei Green/Alleanza libera europea (Verdi/Ale).

I ‘NON AFFILIATI’

Infine, ci sono Libertà di Cateno De Luca e Pace terra e dignità di Michele Santoro, che risultano “non affiliati”, mentre il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte conferma la decisione di restare non iscritto ai gruppi europei. Tra i candidati italiani figurano dunque vari politici che rivestono incarichi parlamentari, a partire dalla premier Meloni e dal vicepremier Tajani.

Attenzione dunque a come si vota: se gli incarichi istituzionali diventano troppi, la direzione dei partiti potrebbe valutare di far andare a Bruxelles i secondi degli eletti, come ha evidenziato per Dataroom la giornalista Milena Gabanelli. Eletto il nuovo Parlamento europeo, si distribuiscono i seggi ai diversi gruppi. Dopodiché i deputati scelgono il presidente dell’assemblea e, nella sessione successiva, la presidenza della Commissione europea. Solo in seguito si esamina il collegio dei commissari proposto dai singoli governi, votando per l’approvazione nel suo complesso. Informazioni sulle elezioni europee sono disponibili anche qui .

Condividi